Primo PianoSociale

Il coronavirus è un ricordo, il virus dell’odio no

Cinque anni fa la frase che appariva su ogni profilo social era “andrà tutto bene” e se questo in parte è vero e ora il coronavirus è un ricordo, non possiamo dire lo stesso del virus più potente: l’odio. 

Ne usciremo migliori, più consapevoli e attenti nei confronti degli altri.

Dopo questo periodo buio saremo più empatici e avremo capito cosa conta davvero, ossia i rapporti umani, quelli che ci mancano tanto. Pensiamo positivo. In effetti sì, abbiamo pensato positivo e in quel periodo sembrava davvero che qualcosa stesse cambiando, a partire dalle canzoni fuori al balcone e le chiacchiere con i vicini. Sono passati cinque anni da quelle parole ascoltate in tv: ‘’restate a casa per due settimane, andrà tutto bene.’’ Due settimane che si sono trasformate in due mesi, e poi anni di mascherine e massime precauzioni. I bambini che durante quel 2020 hanno iniziato la scuola media, hanno ripreso il normale svolgimento delle lezioni in prima superiore, e sì, ora il covid-19 è un ricordo e le immagini sono già nei libri di storia, ma non ne siamo usciti migliori, abbiamo sottovalutato il virus dell’odio. 

Il bullismo. Bisogna dare una definizione di questo fenomeno? Se volessimo farlo, potremmo parlare di comportamenti aggressivi, di natura fisica e verbale che restano costanti nel tempo.

Atteggiamenti cattivi e intenzionali da parte di una o più persone nei confronti di un’altra. Il bullismo non è fine a sé stesso, è qualcosa che resta nel cuore e nella mente della vittima e che logora dentro. Quelle parole dette da qualcuno che si sente in una posizione più forte, quella spinta data fuori scuola, quel messaggio scritto da dietro uno schermo, quel commento che è arrivato alle orecchie di tutti, diventano un coltello affilato e i coltelli feriscono, fuoriesce tanto sangue; puoi provare a metterci una garza o una medicazione, ma se l’arma continua ad essere girata da una parte all’altra, il sangue non si ferma. Di bullismo si muore. Di odio si muore. 

Oggi parliamo della storia di Paolo Mendico, un ragazzo di 14 anni che lo scorso 11 settembre si è tolto la vita. 

Paolo vive in provincia di Latina con i suoi genitori. Un ragazzo come tanti, come lo siamo stati tutti. Appassionato di musica e amante della pesca, soprattutto quando si trattava di praticarla con il suo papà, sensibile e pieno di sogni che però non realizzerà mai. Giovedì 11 settembre 2025, le vacanze estive sono ufficialmente finite, è tempo di tornare a scuola. Paolo però a scuola quella mattina risulterà assente per un motivo straziante: si è tolto la vita. Paolo si è tolto la vita a causa del bullismo subìto. La storia era iniziata in quinta elementare, e si sperava che con l’arrivo della scuola media la situazione sarebbe cambiata, ma non è stato così: nuova scuola, stessi mostri. Paoletta, nano, Nino D’Angelo. Questi alcuni dei nomignoli dati a Paolo, che ad un certo punto non ha più retto e così, alle cinque del mattino e l’inizio di un nuovo giorno, ha chiuso gli occhi per sempre. Paolo non è stato in silenzio, i suoi genitori sapevano e hanno denunciato la situazione a scuola, ma i suoi insegnanti non hanno fatto nulla di concreto. Possiamo definire questo, un fallimento del nostro sistema scolastico? Un ennesimo fallimento della nostra società? Sì, possiamo farlo. 

Il bullismo uccide, starsene fermi pur sapendo, anche. Quello di Paolo è il caso più recente, ma il bullismo porta via migliaia di ragazzi. Ogni anno. Ogni mese. Ogni giorno. Non so cosa spinga le persone a comportarsi in questo modo. Forse è totale mancanza di educazione affettiva, situazioni che si respirano già in famiglia, forse sono modelli di comportamento sbagliati, poca attenzione nei confronti di ragazzini che poi sono bulli. Forse, forse, forse… e intanto il bullismo è una delle piaghe di questa società. Paolo potrebbe essere nostro fratello, nostro figlio, nostro cugino, noi. E oggi è un’altra vittima di un sistema sbagliato. 

Marianna Russo 

Leggi Anche : Quando la rabbia prende il sopravvento: bullismo, rapine, sparatorie e crudeltà sugli animali. La deriva di una società che non sa più educare

Immagine generata con AI

Marianna Russo

Marianna, classe 2003. Inguaribile romantica, innamorata dei girasoli e sempre ottimista. Quando scrivo scompongo il mio cuore su carta, la scrittura mi salva sempre. “Solo se ti rende felice.”
Back to top button
Panoramica privacy

Questa Applicazione utilizza Strumenti di Tracciamento per consentire semplici interazioni e attivare funzionalità che permettono agli Utenti di accedere a determinate risorse del Servizio e semplificano la comunicazione con il Titolare del sito Web.