Primo PianoSociale

Temptation Island, e il sistema tossico che chiamiamo intrattenimento

Si è conclusa da poco l’edizione 2025 di Temptation Island.

Abbiamo assistito a proposte di matrimonio, coppie che — dopo essersi lasciate — hanno deciso di tornare insieme e darsi una seconda possibilità, e ad alcuni, diciamo, “colpi di scena”.
Ma c’è qualcosa che accade sempre, in ogni edizione di Temptation Island: la scena iconica. Uno dei fidanzati viene messo di fronte a un video del partner che, tra sorrisi, balli e confidenze con il “tentatore”, sembra dimenticare ogni promessa di fedeltà.

La reazione non tarda ad arrivare. Tavoli lanciati in aria, sedie che volano, chi piange, e quest’anno anche chi si lascia andare a frasi come:

“Lo ammazzo questo topo ratto.”

Frasi che diventano immediatamente virali, condivise sui social, trasformate in meme. Una battuta apparentemente comica, ma che nasconde un esempio lampante di violenza verbale normalizzata, confezionata con cura e venduta come puro intrattenimento.

Perché certe dinamiche fanno così tanta audience?

Perché Temptation Island non è solo “trash estivo”, ma un dispositivo narrativo tossico, costruito su ruoli predefiniti, confessioni manipolate e un’aggressività emotiva che non solo viene accettata, ma premiata.

Un reality non racconta la realtà: racconta un gioco

Temptation Island è strutturato come un gioco di ruolo relazionale, ambientato in una località esotica, con regole chiare ma non dette:

  • Se sei una fidanzata, devi difendere la tua relazione con gelosia e orgoglio.
  • Se sei un tentatore, devi provocare la rottura con fascino e discrezione.
  • Se sei uno spettatore, devi parteggiare, indignarti, giudicare.

Tutti agiscono secondo uno schema: non esprimono emozioni in libertà, ma interpretano un copione non scritto, fatto di cliché narrativi. Nel momento in cui la fidanzata dice “lo ammazzo questo topo ratto”, sta recitando la parte della donna tradita, amplificando ogni reazione perché sa che solo così otterrà attenzione. La rabbia è vera, ma la forma in cui viene espressa è appresa, legittimata, incentivata.

La confessione: dove nasce (e viene filtrata) la verità

Ogni giorno, i concorrenti di Temptation Island fanno dei confessionali, alcuni dei quali vengono poi mostrati ai rispettivi fidanzati o fidanzate. Parlano da soli, davanti a una telecamera, come se stessero liberando il cuore. Ma non è davvero così. Il filosofo Michel Foucault insegna che ogni confessione avviene all’interno di una dinamica di potere. Non ci si confessa mai davvero da soli, ma di fronte a un’autorità che ascolta e giudica. Nei reality, quell’ autorità è il programma stesso: la redazione, il montatore, e alla fine, il pubblico.

Ogni parola detta nei confessionali è registrata, tagliata, selezionata e montata per costruire una narrazione che non appartiene più al concorrente, ma al format. In questo contesto, la rabbia non esplode spontaneamente: viene indirizzata. L’odio non nasce da sé: è suggerito. La gelosia non viene contenuta: è incoraggiata e premiata. Le emozioni, pur genuine, vengono estratte, esasperate e trasformate in contenuto virale.

La manipolazione emotiva come strategia narrativa

Se avessimo ascoltato la stessa frase “lo ammazzo questo topo ratto” in un altro contesto avremmo certo detto “è aggressiva, violenta”. E invece qui non ha scandalizzato nessuno. Anzi è diventata virale. Ma perché? Perché il sistema reality normalizza la violenza verbale e la inserisce in un pacchetto narrativo apparentemente innocuo.

Le dinamiche di Temptation Island spingono i partecipanti verso l’eccesso. Domande mirate, isolamento, il giusto montaggio ed ecco che  il reality costruisce situazioni che generano inevitabilmente reazioni tossiche. La rabbia diventa show. La gelosia diventa spettacolo. L’umiliazione diventa format.

Mentre il pubblico si diverte, quel linguaggio carico di rabbia e offesa passa inosservato — o peggio, viene celebrato — quando invece, fuori dalla bolla televisiva, verrebbe immediatamente censurato.

Ma è solo intrattenimento, giusto? Perché dovremmo preoccuparci?

Diciamolo: “è solo TV, è tutto finto.” Ma è proprio qui che sta il problema. Le emozioni sono vere, ma il contesto è finto. E quando un’emozione vera, viene vissuta dentro un ambiente artificiale, non si esprime liberamente: si amplifica, si snatura e, alla fine, si logora.

I reality show come Temptation Island:

  • legittimano la gelosia come forma d’amore,
  • normalizzano la violenza verbale come reazione comprensibile,
  • insegnano che il conflitto è la forma più efficace di comunicazione.

E chi guarda, soprattutto i più giovani, assorbono tutto questo come “normale”.

Una nuova consapevolezza

Non siamo qui a demonizzare i reality show, né chi li guarda. Ma è richiesto capire cosa stiamo guardando davvero, e che tipo di cultura stiamo consumando. Temptation Island non è solo un gioco estivo: è una macchina narrativa ben oliata, che estrae emozioni reali da contesti finti e le trasforma in contenuto virale. In questo processo, la violenza verbale non è un incidente, ma un ingrediente previsto

Dietro le immagini belle e il montaggio curato, c’è un sistema che ci insegna in modo implicito come dobbiamo amare, litigare o soffrire — non sempre in modo sano o positivo. Infine, spetta a noi decidere se accettare che siano i creatori del reality a influenzare come sentiamo e come esprimiamo le nostre emozioni, oppure se mantenerci consapevoli e critici rispetto a ciò che ci viene mostrato.

Arianna D’Angelo

Leggi anche: I Gladiatori, la serie tv arriva su Canale 5

Arianna D’Angelo

Arianna, classe ‘98. Mi piacciono le arti visive e musicali. Per me scrivere è esternare il mio mondo interno raccontando ciò che mi appassiona. L’Arianna del mito greco liberò Minosse con il suo filo e io con la mia scrittura libero il mio mondo e ve lo racconto.
Back to top button
Panoramica privacy

Questa Applicazione utilizza Strumenti di Tracciamento per consentire semplici interazioni e attivare funzionalità che permettono agli Utenti di accedere a determinate risorse del Servizio e semplificano la comunicazione con il Titolare del sito Web.