Herbie Hancock a Napoli: il jazz che resiste e reinventa

Il mito dell’avanguardia mondiale conquista l’Ex Base Nato tra sperimentazione sonora e coscienza civile
Il 21 luglio 2025, Herbie Hancock ha portato a Napoli molto più di un concerto jazz: ha consegnato al pubblico dell’Ex Base Nato di Bagnoli un manifesto sonoro, uno spazio di riflessione collettiva, una performance che ha saputo fondere estetica, memoria e urgenza politica. Protagonista assoluto del SuoNato Festival, il leggendario pianista statunitense ha suonato nell’ex Base Nato di Bagnoli, trasformando l’area industriale in un’arena di visioni sonore.
Un ensemble stellare, un concerto senza età
Sul palco con lui: Terence Blanchard (tromba), Lionel Loueke (chitarra ed effetti), James Genus (basso) e Jaylen Petinaud (batteria). Un ensemble d’élite per un set che ha attraversato decenni di ricerca jazz, miscelando improvvisazione, groove e contaminazioni elettroniche.
L’apertura è stata affidata a un medley introduttivo (Overture), cui sono seguiti brani che hanno ricevuto una cifra stilistica contemporanea senza rinunciare all’eredità del jazz canonico. La scaletta, in linea con quanto eseguito in precedenti tappe europee come l’Umbria Jazz e il North Sea Jazz Festival, ha incluso: Footprints, Actual Proof, Butterfly, Secret Sauce, Hang Up Your Hang Ups / Rockit, Chameleon.
Un mix perfetto di tracce storiche, tra cui Rockit e Chameleon, rivisitate con una freschezza disarmante: a 85 anni suonati, Hancock continua a dettare il tempo, improvvisando il domani con la libertà di chi ha ancora molto da cambiare.
Un ensemble stellare, un concerto senza età
Sul palco con lui: Terence Blanchard (tromba), Lionel Loueke (chitarra ed effetti), James Genus (basso) e Jaylen Petinaud (batteria). Un ensemble d’élite per un set che ha attraversato decenni di ricerca jazz, miscelando improvvisazione, groove e contaminazioni elettroniche.
L’apertura è stata affidata a un medley introduttivo (Overture), seguito da brani rivisitati con una cifra stilistica contemporanea, senza mai tradire l’eredità del jazz canonico. La scaletta, in linea con quanto eseguito nelle precedenti tappe europee come Umbria Jazz e North Sea Jazz Festival, ha incluso Footprints, Actual Proof, Butterfly, Secret Sauce, Hang Up Your Hang Ups… Un mix perfetto di tracce storiche, tra cui Rockit e Chameleon, rivisitate con una freschezza disarmante: a 85 anni suonati, Hancock continua a dettare il tempo, improvvisando il domani con la libertà di chi ha ancora molto da cambiare.
Intelligenza artificiale, guerra e umanità
Uno dei momenti più intensi della serata è stato quello performativo, in cui Hancock ha imbracciato la sua tastiera AX-Edge per lanciarsi in un segmento elettronico quasi teatrale, carico di ironia e riflessioni contemporanee. Parole scandite da una voce robotica – frutto di un vocoder – hanno ironizzato sull’iperconnessione, l’intelligenza artificiale, la corsa al profitto e l’assurdità della guerra.
“Artificial… but not intelligent. Why war? Why now? Think… before it’s too late.”
Un momento a metà tra satira e denuncia, che ha colpito nel vivo il pubblico: non una predica, ma una provocazione sofisticata, vestita di beat elettronici e luci stroboscopiche. Una performance che scimmiotta l’automatismo contemporaneo, ma con intelligenza critica e profonda umanità”.
Bagnoli, luogo di memoria e rinascita
Non è casuale che tutto questo sia avvenuto alla Ex Base Nato, un tempo sede militare e oggi simbolo di rigenerazione urbana e culturale. La collina di San Laise, con i suoi edifici post-industriali riadattati, ha offerto una scenografia ideale per un artista che ha sempre guardato avanti.
Napoli ha risposto con calore e entusiasmo: quasi tremila persone — appassionati, studenti di conservatorio, musicisti, turisti e amanti della musica — hanno condiviso un momento unico, dimostrando come il jazz, pur evoluto, resti un linguaggio profondamente umano.
Il jazz non è nostalgia
La lezione di Hancock è netta e profonda: il jazz non è un museo di memorie, ma un organismo vivo e pulsante. A Napoli lo ha dimostrato con classe, passione e uno sguardo rivolto al futuro, pienamente consapevole delle sfide di un mondo in crisi. Per chi ha assistito, non è stato solo un concerto, ma un richiamo urgente a immaginare e costruire un’altra realtà, dove la musica si fa strumento di denuncia, riflessione e speranza. Un invito a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie, ma a porre domande e cercare risposte con coraggio e coscienza
Roberta Aurelio
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immagine generata con AI