Sfilate o spettacoli per privilegiati? La moda divisa tra urla di protesta e lusso distopico

Quando ti arriva l’invito per un evento importante, la prima cosa che ti chiedi è sempre:
“Cosa mi metto?”
Perché il vestito non è mai solo un vestito, è la nostra armatura sociale.
Ci protegge, ci rappresenta, è la nostra identità a occhi aperti.
Peccato però che l’abito spesso non faccia più il monaco, ma spesso solo il buffone.
Come diciamo a Napoli: “Cammisa ca nun vò sta cu te, pìglia e stràcciala.”
Se un capo non ti appartiene più, se non ti rappresenta, allora straccialo senza rimpianti.
Ecco il quadro delle ultime settimane. Una moda che si divide tra chi urla per un cambiamento vero e chi si aggrappa disperatamente al suo circoletto dorato, tra chi è in piazza e chi sfilata dopo sfilata si ostina a credere solo la propria realtà.
Prada fa il Zen e Domenico Formichetti (PDF) evade dalle sue gabbie da solo
Il 16 giugno a Milano, Prada ci regala “A Change of Tone”, un canto al minimalismo e alla gentilezza, alla calma.
Calma surreale, fuga dalla realtà, un invito a riflettere con dolcezza.
Bello, bellissimo, se non fosse che fuori dalle prime file c’è chi viene ammanettato per una protesta pacifica, chi vive nel caos e non può certo permettersi di stare calmo.
È come quella zia ricca che ti dice “Calmati, non è successo niente” mentre tu stai sudando sette camicie e lei magari è appena tornata dalle vacanze, zen ovviamente per rilassarsi.
Domenico Formichetti, invece, con PDF, ci regala una risposta urgente, violenta nella sua gentilezza: parla di salute mentale, di gabbie invisibili, di chi non può più tacere. Non ci gira intorno: apre la porta e butta fuori i fantasmi della salute mentale con PDF, una collezione che urla “liberazione” senza filtri.
La calma? Un lusso per pochi a quanto pare.
Pigiama boys & Crocs rebels quand la ribellione si fa casa (e sotto casa)
Il 21 giugno Dolce & Gabbana portano in passerella i loro “Pyjama Boys”, i vestono il boy borghese con pigiami di seta e vecchi pantaloni da servitù indiana.
Una rivolta che è più una carezza al proprio ego, un “sono anticonformista, ma mica tanto”.
Che poi Boys, eddai.
Il giorno dopo Simon Cracker scende in campo con le Crocs — non solo pantofole, ma simbolo di chi vive davvero la realtà, di chi non deve apparire, ma essere.
Distrugge il guardaroba del rampollo perfetto con sarcasmo punk e una denuncia feroce contro consumismo, crisi climatica e apatia mentale.
Da una parte il boy comodo nel suo pigiama di seta, dall’altra chi con le Crocs urla verità e irriverenza.
Tu puoi permetterti di restare a casa col pigiama o sei costretto a scendere di casa con le pantofole?
Dior e Chavarria Mentre un lusso che si specchia, la moda che si inginocchia
Il 27 giugno a Parigi, Jonathan Anderson porta Dior a rispolverare l’archivio, a ripercorrere la bellezza classica senza macchie né conflitti.
Un lusso elitario e senza tempo, per pochi eletti, che preferisce rimanere a distanza dalla realtà che fa troppo rumore, “Cara chiudi la finestra c’è troppo caos” – e bam con le finestre chiuse e i vetri oscurati si resta quasi al buio.
Nelle stesse ore Whilly Chavarria trasforma la passerella in un campo di battaglia e empatia.
La sua sfilata HURON è una performance politica, una chiamata alle armi inclusiva e autentica, reale. Lo fa con rispetto, si inginocchia davanti alla realtà che conta, non solo davanti agli specchi.
Restare a poter guardare il proprio riflesso è un privilegio, c’è poco da fare.
Resoconto ? Non è più una semplice crepa, ma una frattura netta.
Come a Venezia, al matrimonio di Jeff Bezos, dove da una parte si scendeva dalle gondole in smoking e abiti da sera, dall’altra si protestava per diritti negati con fermi di 12 ore.
La moda non è più neutrale, non può più permetterselo deve prendere una posizione e decidere da quale parte stare e a chi rivolgersi.
Cosa siamo?
I curiosi col telefono in mano, spiaccicati contro i vetri del lusso, sperando che qualcuno ci inviti al buffet?
O siamo quelli che, mentre gli altri brindano in gondola, urlano fuori per un futuro che ci riguardi davvero?
La scelta inizia a lampeggiare, prima o poi dovrà fermarsi.
Serena Parascandolo
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