Porco Rosso compie 30 anni: il film dello Studio Ghibli che sa di libertà e resistenza

Un ticchettio di una macchina da scrivere, poche frasi in lingue diverse tra loro aprono uno dei film d’animazione più amati dello Studio Ghibli.
Era il 18 luglio del 1992 quando Porco Rosso (in giapponese Kurenai no buta) uscì per la prima volta nelle sale giapponesi. Ambientato durante il ventennio fascista, il film di Hayao Miyazaki tocca temi di libertà e redenzione in un modo straordinario. Nel giorno del suo trentesimo compleanno lo celebriamo come si deve: a parole.
La trama di Porco Rosso
Durante l’era degli idrovolanti, Porco Rosso racconta la storia di Marco Pagot, un ex ufficiale della marina che colpito da una misteriosa maledizione ha assunto le sembianze di un maiale antropomorfo. Marco è un anarchico che, all’indomani della Prima Guerra Mondiale, ha deciso di ritirarsi su un’isola nell’Adriatico e diventare un cacciatore di taglie, combattendo i pirati del cielo. Le sue peripezie iniziano con l’arrivo dell’americano Donald Curtis che costringe Marco a uno scontro in cui il suo amato idrovolante color cremisi ne esce fortemente danneggiato e lo costringe a virare verso Milano per farlo riparare.
È così che ha inizio la storia surreale ma affascinante del nostro amato protagonista che comprende l’infatuazione con la bellissima Gina – moglie del suo caro amico Berlini morto in guerra – e le avventure con Fio, la nipote del meccanico milanese.
La metamorfosi in maiale di Porco Rosso
In che modo Marco Pagot diventa un maiale non è del tutto chiaro. Una sera Porco racconta a Fio i momenti prima della metamorfosi. C’era la Grande Guerra, il suo amico Berlini si era appena sposato con l’affascinante Gina e lui aveva fatto loro da testimone. Purtroppo, nemmeno due giorni dopo vengono richiamati al fronte e, durante uno scontro, perdono la vita tutti, tranne Marco. Da un lato la trasformazione sembra quasi volontaria, come a volersi allontanare da quella parte di umanità che distrugge anziché creare, che semina terrore e distruzione in ogni dove. D’altra parte il protagonista ci lascia intendere che le sue fattezze animalesche potrebbero essere legate a un senso di vergogna per essere l’unico superstite di una guerra in cui hanno perso la vita tutti i suoi compagni. Con la frase “quelli bravi erano quelli che sono morti” ci fa comprendere non solo il dramma vissuto dai reduci di guerra ma soprattutto il senso di colpa che Marco prova quotidianamente per una vita che gli sembra rubata al suo caro Berlini.
La rappresentazione dell’Italia
È da tempo risaputo quanto Hayao Miyazaki ami il Belpaese ma mai come in Porco Rosso esso è presente. In Porco Rosso, il maestro Miyazaki accantona temporaneamente le ambientazioni fantastiche per immergersi nello scenario europeo degli anni venti. Con il suo stile unico, Miyazaki ci offre uno spaccato sul ventennio fascista. Nonostante il tempo trascorso, lo spettatore non può fare a meno di cogliere delle assonanze talvolta inquietanti. Con la frase “piuttosto che fascista, meglio essere un maiale”, Porco diventa un emblema di resistenza agli occhi di noi europei. Inoltre,
Il film ci regala una ventata d’aria fresca, un elogio alla libertà e all’autodeterminazione. Il rifiuto di Porco per la guerra e l’antimilitarismo è quasi rinvigorente a distanza di trent’anni.
La rappresentazione femminile
L’incontro con Fio, la nipote del costruttore di aerei di Milano, ci introduce il tema dell’inclusione femminile. Nell’officina milanese sono solo le donne a portare avanti gli affari mentre i mariti sono in cerca di fortuna in America. Dei tornado di pura energia come solo le donne dell’autore sanno essere.
Fio, appena diciassettenne, è un’abile costruttrice e nonostante la diffidenza di Porco Rosso non solo riesce a riportare in vita il suo amato idrovolante color vermiglio ma lo migliora addirittura. Fio si unirà a lui volontariamente come ostaggio per evitare che l’azienda e la sua famiglia vengano accusati di tradimento. In un’epoca in cui le donne sono relegate ai margini della società, Fio rompe questo schema imponendosi nel mondo dell’aviazione con competenza tecnica e determinazione. Nel corso della narrazione si delimitano due universi contrapposti ma simili: Gina rappresenta la memoria di un passato che non può essere dimenticato mentre Fio rappresenta la rivoluzione della modernità, l’energia trasformativa di cui è capace solo la giovinezza e la speranza.
A unire queste due figure è la loro capacità di andare oltre l’apparenza. Loro sono le uniche a riuscire a vedere l’umanità ferita di Porco e solo grazie a loro egli riesce, anche se di rado, a “togliersi la maschera”.
Conclusioni
Porco Rosso è diventato il simbolo di liberazione del nostro paese, non a caso è ritornato nelle sale lo scorso 25 aprile. Un film intimamente nostro, che parla di guerra senza mai mostrarla, che dona un lieto fine sognante. Miyazaki non spiega mai troppo: la maledizione rimane un mistero, il trascorso di Porco emerge a frammenti e il finale rimane ambiguo. È proprio questo che apre la possibilità a infinite letture dell’opera. Sullo sfondo continua a brillare il mar Adriatico, gli idrovolanti danzano in cielo e Marco continua a volare diventando un simbolo di vera e propria resistenza. Le parole della piccola Fio sintetizzano la sensazione che ci accompagna alla fine del film: “sia il cielo che il mare lavano gli animi di tutti noi”.
Che sia la prima o la centesima volta, questa è l’occasione perfetta per guardare uno dei capolavori dello Studio Ghibli. E tu cosa aspetti?
Ilenia Carratù
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