Lontani dalla società, dai social e dal traffico, scopriamo nuove parti di noi: la montagna come luogo per ritrovarsi

Disconnettersi dal mondo digitale e immergersi nel silenzio della natura per ritrovare se stessi: un bisogno sempre più sentito in un’epoca dominata dai social.
Con l’avvento dei social network, il mondo è diventato più connesso che mai.
In pochi secondi possiamo comunicare con persone dall’altra parte del pianeta, raccontare la nostra giornata, mostrare chi siamo — o chi pensiamo di dover essere. I social sono uno strumento potente, ma allo stesso tempo un’arma a doppio taglio.
L’esposizione continua agli stimoli digitali crea una pressione invisibile: il confronto costante, la necessità di approvazione, la paura di restare indietro. In un flusso senza fine di immagini, notifiche e opinioni, rischiamo di perdere ciò che davvero conta: la nostra essenza. Una ricerca commissionata dalla Presidenza del Consiglio ha mostrato come in Italia quasi 100.000 studenti tra gli 11 e i 17 anni presentino sintomi compatibili con una dipendenza dai social, con conseguenze che vanno dall’ansia sociale a bassa autostima e disturbi alimentari.
Proprio in questo contesto entra in gioco la montagna. Un luogo che, a prima vista, sembra silenzioso, ma che in realtà parla più di tante persone. Lontani dal frastuono delle città e dal rumore digitale, camminare tra i sentieri e i boschi permette di ritrovare un silenzio che non spaventa, ma calma.
Camminare in montagna non è solo un toccasana per la mente: fa bene anche al corpo. Aiuta il cuore, rafforza ossa e muscoli, riduce il rischio di diabete e favorisce la perdita di peso. Inoltre, il sole di alta quota stimola la produzione di vitamina D, fondamentale per il sistema immunitario e la salute delle ossa.
In quota, tutto rallenta. Il tempo non sembra correre, ma accompagna ogni passo, ogni respiro diventa più profondo e consapevole. È uno spazio dove non serve dimostrare nulla, dove si può semplicemente ascoltare se stessi.
Paradossalmente, in un mondo iperconnesso, è proprio quando si è soli davanti a una cima o sotto un cielo limpido che ci si sente più connessi, ma non con gli altri: con noi stessi.
Chiunque abbia provato almeno un weekend di disconnessione in montagna lo sa: non si tratta solo di natura, ma di essenzialità. Cammini, respiri, guardi — e piano piano i pensieri si fanno più chiari, le insicurezze si fanno più piccole, la mente si alleggerisce.
Non è una fuga dal mondo, ma un ritorno a ciò che conta davvero. La montagna, con la sua lentezza e autenticità, ricorda che non serve correre sempre o apparire perfetti. A volte basta esserci. Sedersi su una roccia, togliersi lo zaino, guardare il panorama e scoprire che, senza filtri e notifiche, si sta persino meglio.
Non serve essere esperti escursionisti: un sentiero breve, una giornata in un rifugio o un momento di silenzio sotto le stelle sono più che sufficienti per ritrovare un equilibrio prezioso.
Il problema non sono i social in sé, ma il modo in cui li viviamo. La montagna può insegnarci a ritrovare il silenzio, il respiro, il nostro limite. A riscoprire, nel mezzo del rumore, la voce più vera che abbiamo.
Giulia Marton
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