Laura Santi e il suicidio assistito: una scelta di dignità e libertà in Italia

Laura Santi non sarà ricordata per la sua malattia, ma per il coraggio con cui ha reclamato un diritto: quello di scegliere come e quando morire. Giornalista e attivista perugina, il 21 luglio 2025 ha deciso di porre fine alla propria vita attraverso il suicidio assistito, dopo una lunga e dolorosa convivenza con la sclerosi multipla.
Un gesto che non è una resa, ma un’affermazione di libertà. Un atto che, ancora una volta, riapre in Italia la discussione su diritti, dignità e fine vita.
Una lunga battaglia per la libertà
Da più di venticinque anni la malattia aveva costretto Laura in una condizione di immobilità, dolore e affanno. Ma la lucidità e la volontà di autodeterminazione erano rimaste intatte. Con determinazione, Laura ha portato avanti la sua richiesta di accedere al suicidio assistito, diventando la prima persona in Umbria e la nona in Italia a ottenere il via libera, grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019.
Eppure, anche con un diritto teoricamente riconosciuto, la strada non è stata facile: tra pareri medici positivi, carte ferme negli uffici, solleciti e diffide, la burocrazia ha provato a rallentare un percorso che, invece, doveva essere solo personale e intimo.
Le parole che restano
Laura Santi ha lasciato un messaggio che racconta il senso più profondo della sua scelta:
“Oggi sento una libertà che non provavo da anni. Mi porto con me i vostri sorrisi. Ricordatemi come una donna che ha amato la vita, fino in fondo.”
Non un addio, ma un ultimo atto di amore verso la vita stessa, quella che aveva scelto di non lasciare consumare oltre misura dalla sofferenza.
Fine vita in Italia: una libertà ancora a metà
Il caso di Laura riporta alla luce tutte le contraddizioni italiane sul fine vita. La legge ancora manca, e l’accesso al suicidio assistito rimane una corsa a ostacoli, variabile da regione a regione, da caso a caso.
Senza contare che l’altra metà della questione resta irrisolta: le cure palliative, ancora troppo deboli e frammentate, che dovrebbero garantire a ogni persona la possibilità di vivere fino alla fine senza dolore, senza disperazione.
L’eredità di Laura Santi
Laura ha aperto una breccia, e il suo nome resterà un punto di riferimento per chi combatte per la libertà di scelta sul proprio destino. Ma la sua storia è anche un monito: la dignità nel morire non può dipendere dalla lentezza degli uffici o dalla determinazione individuale di chi soffre.
Arianna D’Angelo