Francesca Albanese e l’instancabile lotta per la Palestina

Francesca Albanese ha di recente ricevuto delle ingiuste sanzioni da parte di Marco Rubio, il segretario di stato americano, dopo che già da Washington erano arrivate delle pressioni al segretario generale dell’Onu António Guterres per la rimozione di Albanese, accusata di “incessante pregiudizio anti-israeliano” e “virulento antisemitismo”.
Ma facciamo un passo indietro. Chi è Francesca Albanese? Perché le sanzioni degli Stati Uniti sono scorrette e le accuse immeritate?
Chi è Francesca Albanese: la politica della difesa dei diritti umani
Francesca Albanese è una funzionaria italiana, specializzata in diritto internazionale e difesa dei diritti umani. Dopo la laurea in giurisprudenza conseguita a Pisa, Albanese ha proseguito i suoi studi con un Master sui diritti umani presso la School of Oriental and African Studies dell’Università di Londra e dal 2020 sta svolgendo un dottorato di ricerca in diritto internazionale dei rifugiati presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Amsterdam. Inoltre, nel suo bagaglio accademico vi è anche una borsa di studio presso l’Istituto per lo studio delle migrazioni internazionali dell’Università di Georgetown (Washington), che le ha permesso di diventare consulente senior sulla migrazione e gli sfollamenti forzati presso la ONG Arab Renaissance for Democracy and Development (ARDD) e successivamente ricercatrice presso l’Istituto Internazionale di Studi Sociali dell’Università Erasmus di Rotterdam.
È intorno al 2020 che Albanese ha deciso definitivamente di specializzarsi sulla questione palestinese; presso l’ARDD è stata cofondatrice della “Rete globale sulla questione palestinese” e sempre nel 2020 lei e Lex Takkenberg hanno pubblicato una seconda edizione del manuale Palestine Refugees in International Law presso la Oxford University Press.
È da allora che Francesca Albanese studia, lavora e lotta incessantemente per la Palestina, i suoi territori ed i diritti umani del popolo palestinese: ha lavorato per un decennio come esperta di diritti umani per le Nazioni Unite, tra cui l’Alto Commissariato per i Diritti Umani e l’Agenzia di Soccorso per i Rifugiati Palestinesi in Medio Oriente; ha fornito consulenza ai governi nazionali e ai protagonisti della società civile in Medio Oriente, Nordafrica e Pacifico sui diritti umani, sulla loro attuazione e sulle norme, in particolare per quanto riguarda i gruppi vulnerabili come rifugiati e migranti; ha lavorato come docente a contratto di diritto internazionale presso università europee e arabe (ad esempio presso l’Issam Fares Institute dell’Università americana di Beirut) e da anni partecipa a conferenze come esperta del conflitto israelo-palestinese, tramutatosi in un vero e proprio genocidio del popolo palestinese nel 2023.
Solo un anno prima, il 1º maggio 2022, Albanese era stata nominata Relatrice Speciale sulla Situazione dei Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967 per un mandato di tre anni, succedendo al canadese Michael Lynk. Si tratta della la seconda persona italiana dopo Giorgio Giacomelli, nonché della prima donna, a ricoprire questo incarico.
Già il 18 ottobre 2022, nel suo primo rapporto, Albanese ha chiesto agli Stati membri delle Nazioni Unite di sviluppare un piano “per porre fine a ulteriori occupazioni di terre da parte del movimento degli insediamenti israeliani e del regime di apartheid”.
Purtroppo, a distanza di tre anni, a causa del violento genocidio perpetrato da Israele, Albanese si è trovata costretta a pubblicare un altro rapporto, forse quello più incisivo e coraggioso, intitolato “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”, nel quale cita moltissime aziende ed enti di ricerca coinvolti nell’economia israeliana, che quindi finanziano direttamente e/o indirettamente il genocidio. Così comincia il rapporto:
“Mentre la vita a Gaza viene cancellata e la Cisgiordania è sottoposta a un assalto crescente, questo rapporto mostra perché il genocidio di Israele continua: perché è redditizio per molti”.
Il rapporto analizza in modo sistematico otto settori dell’economia dell’occupazione e del genocidio: il settore militare, sorveglianza e cybersecurity, veicoli industriali civili, il settore industriale, l’agrobusiness, banche e fondi di investimento, e infine scuole, università e fondi europei per la ricerca. La relatrice conclude il rapporto esortando le aziende citate a “cessare i rapporti con Israele fino alla fine dell’occupazione e dell’apartheid e fino al risarcimento” e la Corte penale internazionale e le magistrature nazionali “a indagare e perseguire i dirigenti e/o le entità aziendali per il loro ruolo nella commissione di crimini internazionali e nel riciclaggio dei proventi di tali crimini”. Inoltre, esorta anche gli Stati a “imporre sanzioni e un embargo totale sulle armi, sui prodotti a doppio uso come la tecnologia e i macchinari civili pesanti”; segue infine un appello anche ai sindacati, agli avvocati, alla società civile e ai cittadini comuni, per portare avanti il boicottaggio, disinvestire, imporre sanzioni: “Il futuro dipende da tutti noi”.
Perché Albanese è stata vittima delle sanzioni degli Stati Uniti?
Francesca Albanese è stata vittima di sanzioni e minacce da parte degli Stati Uniti perché essi hanno seguito la tendenza sionista di etichettare come antisemita chiunque condanni l’occupazione della Palestina e il genocidio del suo popolo. Tendenza che ritroviamo anche qui in Italia, se pensiamo all’episodio della ristoratrice napoletana Nives Monda, insultata da un gruppo di turisti israeliani ed etichettata come antisemita solo per il supporto mostrato alla causa palestinese. Di esempi simili purtroppo ce ne sono tantissimi, in ogni paese, e si verificano ogni giorno.
Israele nel tempo è divenuto uno stato terrorista e illegittimo, che misura il proprio potere attraverso ciò che la stessa Albanese ha definito un “regime deliberatamente possessivo, segregazionista e repressivo progettato per impedire la realizzazione del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione”.
Se il genocidio continua, è anche e soprattutto grazie all’appoggio che Israele riceve dagli altri stati, tra cui Stati Uniti e, ahimè, anche l’Italia (difatti l’industria Leonardo viene citata nel rapporto della relatrice).
Non mi resta che invitarvi nel fare i complimenti a Francesca Albanese, persona e funzionaria straordinaria, capace e coraggiosa.
Anche noi, da semplici cittadini, abbiamo il potere nel nostro piccolo di continuare a sensibilizzare e parlare di Palestina, di boicottare, di manifestare e protestare.
Per una Palestina libera dal fiume al mare.
Per leggere il rapporto completo di Francesca Albanese clicca qui: A/HRC/59/23
Marcella Cacciapuoti
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