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Elio: missione intergalattica contro la solitudine

Nel nuovo film Pixar, un viaggio nello spazio diventa un viaggio nell’animo umano, alla scoperta dell’altro e di sé stessi.

C’è una magia tutta Pixar nel riuscire a raccontare le grandi domande dell’essere umano partendo da storie semplici, colorate e stravaganti. Non è un caso se, negli anni, la casa di produzione ha saputo toccare corde profonde parlando di emozioni (Inside Out), amicizia e diversità (Luca), elaborazione del lutto (Up, Coco), solitudine e ricerca di connessione (Wall-E). 

Con Elio, diretto da Adrian Molina (già co-regista di Coco), la Pixar torna a interrogarsi su uno dei quesiti più universali e al tempo stesso più intimi: siamo soli?

La domanda echeggia in due direzioni: da un lato c’è il fascino cosmico del mistero (esistono altre forme di vita oltre la nostra?), dall’altro, un vuoto molto più terreno e personale (esiste qualcuno che possa davvero capirci?). 

A porsi questa domanda è Elio, undici anni, voce tenera e viso timido, che vive con la zia Olga dopo aver perso entrambi i genitori. Creativo, sensibile, affascinato dallo spazio e dalle parole, Elio si sente spesso un alieno nel suo stesso mondo

Quando ha la possibilità di accedere di nascosto a un canale intergalattico gestito dall’aviazione americana, Elio raggiunge il Comuniverso, un’organizzazione pangalattica che unisce le menti più evolute del cosmo. E così, per un curioso equivoco, viene scambiato per l’ambasciatore della Terra. 

Il viaggio nello spazio, che in altri film sarebbe solo un’avventura, qui diventa un momento rivelatore: un confronto con l’alterità che spaventa e affascina, in cui Elio scopre che essere diversi non è un errore, ma una ricchezza

Lì, infatti, incontra Glordon, giovane alieno appartenente a una specie lontanissima dalla nostra. Pur essendo apparentemente diverso, condivide con Elio qualcosa di fondamentale: la sensazione di essere incompreso, di non sapere come si sta al mondo, di sentirsi schiacciato dal peso delle aspettative altrui. 

La loro amicizia, tenera e autentica, nasce così: dal bisogno reciproco di essere visti davvero. Attraverso Glordon, Elio scopre che le differenze non separano, ma avvicinano; che il linguaggio dell’empatia è universale, anche se viene da galassie lontane. 

 Elio non vuole diventare un ambasciatore, ma semplicemente essere ascoltato. Non cerca gloria, ma comprensione. E nella diversità estrema (quella tra un bambino terrestre e un giovane alieno) scopre una vicinanza autentica. Forse perché, in fondo, l’essere umano ha sempre avuto bisogno di uno specchio per riconoscersi. Anche se quello specchio ha tentacoli, occhi giganti e viene da un altro pianeta. 

E proprio osservando l’evoluzione del rapporto tra Glordon e suo padre, che nascondeva amore e comprensione reciproca, Elio inizia a guardare con occhi diversi anche ciò che ha lasciato sulla Terra. Capisce che sua zia Olga, pur con le sue stranezze e la sua goffa affettuosità, è sempre stata lì. Presente, silenziosa, accogliente. Capisce che la famiglia non è solo quella che si perde, ma anche quella che si costruisce. Che non serve viaggiare tra le stelle per trovare il proprio posto nell’universo: a volte, quel posto, è proprio accanto a noi. 

Visivamente ricchissimo e narrativamente compatto, Elio è un film che vibra di emozione senza mai appesantirsi, grazie alla regia di Molina che dosa ironia e malinconia con delicatezza. È un film che non dà risposte, ma insegna a porre domande migliori, e ci ricorda che la solitudine, per quanto faccia paura, può essere attraversata e trasformata. 

Alla fine, Elio non trova solo un amico tra le stelle, ma anche una bussola dentro di sé. Scopre che la solitudine non è solo un mistero dell’universo, ma anche una condizione che abita il cuore umano

Siamo soli?” è la domanda che da sempre muove l’esplorazione dello spazio, ma anche quella che ci attraversa nel quotidiano, nei silenzi, nei vuoti affettivi, nei giorni in cui sentiamo che nessuno può capirci davvero. 

Forse là fuori non troveremo mai una risposta certa. Ma qui, sulla Terra, possiamo imparare ad accorgerci degli altri, a costruire legami, a riconoscerci. Ed è così che Elio, guardando Glordon e comprendendo finalmente l’amore silenzioso della zia, scopre che non è più solo.

La domanda resta, immensa e senza risposte definitive. Ma il solo fatto di continuare a porsela, insieme, rende il viaggio più sopportabile. E infinitamente più umano. 

Maddalena D’Angelo

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Maddalena D'Angelo

Un po' troppo timida, particolarmente sensibile, esageratamente romantica, mi definirei così. Sono Maddalena D’Angelo, classe ’99 e laureata in Filologia Moderna. Amo vivere d'arte: la cerco, la ammiro, la creo. Come? In tanti modi e tra questi con la penna in mano. Perciò fai attenzione, se leggi tra le righe scopri ciò che sono.
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