Campi estivi: i villaggi turistici delle scuole

Affrontiamo un’altra categoria del tema scuola: i campi estivi, prolungamento dell’anno scolastico, allestiti durante il mese di luglio per dare agio alle famiglie di affidare i propri figli alle stesse strutture dei mesi invernali
Cosa sono i “campi estivi”?
I campi estivi sono attività organizzate durante il periodo estivo per bambini e ragazzi, che si svolgono generalmente nelle settimane successive alla fine della scuola. Si tratta di iniziative che offrono occasioni di svago, apprendimento e socializzazione, in un contesto più rilassato rispetto alla normale attività scolastica. I bambini partecipano a giochi, laboratori creativi, escursioni, attività sportive e altre esperienze formative, il tutto in un ambiente protetto e supervisionato da educatori e professionisti del settore.
In quali scuole vengono allestiti?
I campi estivi vengono generalmente allestiti in scuole pubbliche e private, ma anche in centri sportivi, associazioni culturali e strutture private che si occupano dell’infanzia e della gioventù. Nelle scuole, il campo estivo può essere organizzato all’interno degli spazi scolastici, come cortili e palestre, ma in alcuni casi vengono affittate anche altre strutture esterne. In molte città italiane, questi campi sono un’opportunità per le famiglie che non possono permettersi vacanze estive fuori casa, e che cercano un posto sicuro e stimolante dove lasciare i propri figli durante il periodo di ferie.
Perché le maestre sono le figure deputate a fare il campo estivo?
Le maestre sono tradizionalmente le figure deputate a gestire i campi estivi principalmente per continuità educativa. Essendo già figure professionali nel settore dell’educazione e avendo una formazione specifica nel trattare con i bambini, sono considerate le persone più preparate per garantire la sicurezza e la qualità delle attività. In particolare, il loro ruolo educativo, che comprende l’insegnamento di competenze sociali, cognitive ed emotive, è fondamentale per la buona riuscita del campo estivo.
Tuttavia, non tutte le maestre sono disposte a svolgere questo ruolo, poiché i campi estivi sono considerati un’attività che esula dalla normale programmazione scolastica. Questo porta al fatto che non sempre le maestre sono entusiaste di partecipare.
La figura della maestra durante il campo estivo viene, in molti casi, percepita come svilita per diversi motivi legati alla natura stessa di queste attività e alle aspettative che la società ha nei confronti del ruolo delle educatrici. Qui ci sono alcuni fattori principali che spiegano questa dinamica:
1. L’insegnamento formale vs. il gioco informale
In ambito scolastico, la maestra è associata a un ruolo formale di educatrice: insegnare materie, valutare, formare i bambini su contenuti strutturati. Quando si passa al campo estivo, questo tipo di educazione formale viene messo in secondo piano. La maestra è chiamata a organizzare attività ludiche, giochi, laboratori creativi e momenti di svago, compiti che non sempre sono considerati “seri” o che non esprimono appieno il suo potenziale educativo. Si tratta di un contesto che, pur essendo educativo, è spesso associato più a una funzione di intrattenimento che a quella di vera e propria educazione. La sua figura viene quindi ridotta alla dimensione del “supervisore”, piuttosto che quella dell’educatore che costruisce un percorso di apprendimento più strutturato.
2. Eccessiva “informalità” e percezione di un lavoro “leggero”
Il fatto che il campo estivo si svolga in un ambiente esterno alla scuola, con una maggiore libertà nelle attività e nei tempi, tende a far percepire le maestre in un contesto che manca di autorità. I bambini, liberi da orari rigidi e da valutazioni scolastiche, sono più portati a considerare il campo estivo come un luogo di “divertimento puro”. Questo riduce il rispetto verso la maestra, che invece, nella tradizione scolastica, è un’autorità riconosciuta. Inoltre, la mancanza di una vera “lezione” scolastica tende a sminuire l’importanza del suo ruolo, riducendo la sua immagine da figura rispettata a quella di “animatrice” del gioco.
3. Ruolo percepito come meno “professionale”
In un campo estivo, la maestra non è più vista esclusivamente come una professionista della didattica. La sua professionalità è messa in discussione poiché le attività sono percepite come più ludiche e informali, e quindi meno serio o qualificato. In questi contesti, il suo ruolo può sembrare meno influente rispetto a quello che riveste durante l’anno scolastico. Questo avviene anche perché i genitori e la società sono abituati a vedere la figura della maestra come un’insegnante, un’educatrice che lavora su obiettivi concreti e misurabili, e non come una persona che si occupa di attività ludiche o extra-scolastiche.
4. Sovrapposizione con il ruolo dell’animatrice
Il termine “animatrice” evoca una figura più leggera e meno impegnata rispetto a quella di una maestra. Le animatrici, pur essendo educatrici, sono generalmente associate a contesti di intrattenimento e svago, come quelli dei campeggi o dei villaggi turistici. Quando le maestre si ritrovano a fare attività di campo estivo, spesso vengono viste come animatrici, piuttosto che come professioniste della didattica, creando una sorta di confusione di ruoli che svilisce la loro figura professionale. Questo può essere frustrante per le maestre, che si sentono declassate rispetto al valore educativo che sanno di poter portare.
5. L’aspetto economico: lavoro sottopagato e precario
Le maestre, che nella scuola ricevono un compenso stabile per il loro lavoro, spesso percepiscono il lavoro nei campi estivi come una forma di sfruttamento. Spesso, infatti, questi lavori estivi sono mal retribuiti rispetto al loro livello di formazione e competenza. Le maestre si trovano a dover lavorare per lunghi orari, in un contesto più informale e senza la riconoscenza economica e professionale che ricevono durante l’anno scolastico. Questo porta a una frustrazione personale, perché la qualità del loro lavoro viene ridotta a un ruolo che non corrisponde pienamente alle loro capacità e al loro percorso di formazione.
6. Mancanza di riconoscimento e valorizzazione
Infine, spesso il campo estivo non viene visto come un vero momento di crescita professionale. La sua natura è più legata al sostegno delle famiglie e alla socializzazione dei bambini, che a una riflessione pedagogica profonda. Di conseguenza, la maestra che partecipa al campo estivo può sentirsi poco riconosciuta per il valore educativo che porta, e il suo lavoro viene facilmente confuso con quello di un’animatrice, che viene percepito come meno qualificato. La valorizzazione della professione docente viene quindi ridotta.
Il lavoro educativo che la maestra svolge nei campi estivi è in molti casi percepito come meno autorevole e specializzato rispetto a quello che esercita durante l’anno scolastico. Questo può contribuire a un senso di svalutazione del suo ruolo, che viene relegato all’ambito del “gioco” e dell’ “intrattenimento” piuttosto che al compito educativo. Inoltre, le difficoltà legate alla retribuzione e alla precarietà di questi lavori estivi fanno sì che molte maestre si sentano sfruttate, mentre le aspettative della società spesso non corrispondono al loro valore professionale.
Perché invece si dovrebbero chiamare le animatrici?
Animatrici (o animatori) sono figure professionali che, pur avendo una formazione nel campo dell’educazione e del divertimento, non hanno necessariamente un background pedagogico formale come le maestre. In molti casi, gli animatori sono giovani con esperienze nelle attività di intrattenimento o nei campeggi, e sono formati per creare ambienti stimolanti e divertenti. Loro sono in grado di organizzare giochi, laboratori e attività che si concentrano più sull’aspetto ludico e di socializzazione, piuttosto che su una formazione educativa in senso stretto.
In alcuni casi, gli animatori possono essere preferiti dalle famiglie e dalle scuole proprio perché rappresentano un’alternativa più dinamica e meno “rigida” rispetto alle maestre. Inoltre, gli animatori sono più spesso percepiti come figure più versatili e meno gravate dalla struttura formale del sistema scolastico.
Quale ricatto devono subire le maestre per lavorare anche a luglio?
Le maestre, pur avendo la possibilità di non partecipare ai campi estivi, possono sentirsi sotto pressione a farlo per motivi economici o di carriera. In molti casi, l’offerta di lavoro estivo è vista come una possibilità per integrare il reddito durante i mesi estivi, dato che il contratto scolastico è di norma limitato ai mesi da settembre a giugno. Se non accettano di partecipare al campo estivo, rischiano di perdere un’opportunità economica o di essere considerate meno disponibili o impegnate nel contesto scolastico.
Inoltre, esiste una sorta di pressione sociale: le maestre possono essere viste negativamente se non si mettono a disposizione per iniziative che, pur non rientrando nelle loro mansioni di insegnamento, vengono percepite come parte del loro impegno professionale più ampio. Di fatto, queste attività sono spesso presentate come un’estensione naturale del loro lavoro, creando una dinamica di dovere professionale che può trasformarsi in un obbligo morale o psicologico.
In sintesi, mentre le maestre sono professionalmente formate per gestire i campi estivi, molte di loro si trovano a dover fare i conti con una pressione esterna che le obbliga, a volte, a lavorare anche durante l’estate, mentre altre figure come gli animatori potrebbero essere una valida alternativa per attività più ludiche e meno formalmente educative.
Lucia Russo