Brick (2025): il film sci-fi tedesco su Netflix che ti chiude in casa… ma senza lockdown

Cosa succederebbe se ti svegliassi una mattina e scoprissi che il tuo appartamento è stato sigillato da un muro nero, metallico e apparentemente indistruttibile? No, non è una trovata pubblicitaria per l’arredamento, è l’assurdo preambolo di Brick, nuovo thriller tedesco sulla piattaforma Netflix, regia di Philip Koch (60 minuti).
All’apparenza un episodio di Black Mirror, ma termina come un escape room con crisi di coppia inclusa nel pacchetto.
La Trama
Tim, sviluppatore di videogiochi con più tormenti che seguaci, e Olivia, la sua compagna, stanno per lasciarsi. E onestamente, a noi andava pure bene così. Però potevamo risparmiarci un’ora e mezza di ansia e inquietudine? Ovviamente no. Ed eccoci qui, proprio nel momento decisivo della storia, mentre lei sta per aprire la porta d’ingresso e andarsene via… sbam, un muro nero e magnetico. Spoiler: non è l’ultima trovata del Ministero dell’Interno.
Ma non solo loro sono bloccati, presto si scopre che tutto il palazzo è murato, e la coppia è costretta a collaborare con altri inquilini per trovare una via d’uscita. Ovvero: sfondare muri, affrontare traumi e passare da un appartamento all’altro come in un videogioco un po’ deprimente, tipo The Sims – Claustrophobia Edition.
Un videogioco in salsa sci-fi
La struttura di Brick è chiaramente ispirata al mondo dei videogiochi: ogni piano è un “livello”, con enigmi da risolvere, strumenti da trovare, e nuovi personaggi da sbloccare (letteralmente). Un po’ Zelda, un po’ Silent Hill, ma con più dialoghi passivo-aggressivi tra ex fidanzati.
Questa trovata funziona sorprendentemente bene, aggiungendo un senso di progressione alla trama e tenendo alta la curiosità dello spettatore.
Il metaforone? C’è, ma almeno è spiegato
Sì, anche qui c’è il classico “metaforone” Netflix-style: il muro che blocca i protagonisti è ovviamente un simbolo del trauma non elaborato, dell’incapacità di comunicare, della sofferenza post-relazione. Lo capiamo subito, ma tranquilli: il film ce lo spiega di nuovo a metà, giusto nel caso in cui ci fossimo distratti leggendo le notifiche.Ma a differenza di altri film simili (ciao Il buco, ti vediamo), Brick ha il merito di provare almeno a spiegare l’evento sci-fi, senza limitarsi al classico “è una metafora, accettalo e non fare domande”. C’è una logica dietro il misterioso muro, e viene scoperta – con qualche colpo di scena azzeccato e altri un po’ meno.
Cast e atmosfera: claustrofobia ben fatta
I due protagonisti Matthias Schweighöfer e Ruby O. Fee funzionano molto bene insieme, merito forse della loro relazione dietro le quinte. I due infatti sono una coppia nella vita reale e questo permette forse di reggere bene la tensione e rendere credibile il conflitto personale.
La regia di Philip Koch è solida, la fotografia è cupa al punto giusto e gli ambienti – seppur sempre gli stessi quattro appartamenti – riescono a non annoiare. Insomma, se ti piacciono i film claustrofobici dove nessuno sa davvero cosa sta succedendo, questo fa al caso tuo.
Un po’ di politica? Si ma senza fronzoli
E che fai, non lo inserisci il personaggio ossessionato dai complotti? È praticamente un preset degli ultimi film. Il vicino di casa, armato di teorie strampalate e sguardo diffidente, è il portavoce del solito “non ce la raccontano giusta!”. Una figura simbolica in una Germania contemporanea attraversata da derive paranoiche e populiste (non facciamo nomi, ma l’aria che tira è chiara).Il messaggio del film è semplice: per uscirne vivi servono collaborazione, fiducia e dialogo. Oppure un martello pneumatico, ma quello – ovviamente – si sblocca solo nei livelli avanzati.
Arianna D’Angelo