Altro che sentiment color! Quì non c’è branding, c’artivismo puro

Sulla scala di Torre del Greco, finalmente una palette che parla.
Rosso, bianco, verde e nero, dipinti di notte senza firma e senza autorizzazione.
Un’enorme bandiera della Palestina è apparsa sulla scalinata della villa comunale di Torre del Greco.
Periferia di Napoli, spesso narrata come marginale, che con un gesto artistico potente diventa anche solo per un attimo centro politico, urbano, virale.
Niente dichiarazioni ufficiali, nessun comunicato stampa.
Solo un po’ di vernice, una scala, e un gesto.
È street art? È atto politico? È entrambe.
È artivismo nella sua forma più cruda e necessaria.
Quella che non non aspetta mostre, o ingoia il “ti faremo sapere” non cerca mediazioni, agisce.
Un pugno estetico nel paesaggio urbano, che dal basso urla ciò che la politica locale ha rifiutato persino di discutere: la condanna della violenza in Palestina.
Non serve una mostra d’arte, con biglietto e invito. Oggi si deve agire con ciò che si ha a disposizione.
Una scalinata? Ottima scelta.
La scalinata, simbolo di passaggio, fatica, ascesa, si trasforma in superficie narrativa. Ogni gradino è un atto e ogni colore una presa di posizione.
Un’azione notturna, senza volto e senza protagonisti. Un gesto che in poche ore è diventato internazionale: Torre del Greco ha superato il Vesuvio e non per una brutta storia di cronaca o mala gestione, ma per una proposta. Un’idea. Un racconto. Un esempio da seguire.
Quando si parla di artivism, si intende proprio questo, un’azione dal senso politico e simbolico, radicata nel momento e nel contesto. La tempistica non è casuale. Pochi giorni prima, in consiglio comunale, due ordini del giorno pro- Palestina erano saltati per mancanza del numero legale.
Nessuno ha parlato. Nessuno ha votato. Nessuno ha preso posizione.
E allora, quando la politica tace, il popolo parla.
Lo insegna la storia.
Questa bandiera dipinta è una risposta a quel silenzio. Nel vuoto istituzionale di chi fa spallucce, sono i muri a prendere posizione in questo caso, le scale.
Questo è artivismo puro. Una guerrilla semantica potente.
Perché l’arte è incensurabile.
Dove si censurano voci e post, bisogna usare un linguaggio che non può essere bloccato.
Banksy lo dice chiaramente:
“L’arte dovrebbe confortare i disturbati e disturbare i confortati.”
Ed è esattamente ciò che questa scala fa.
Nessuno avrebbe mai il coraggio di cancellare quei colori.
E mentre il silenzio continua, quelle scale urleranno sempre più forte.
Come durante lo scudetto del Napoli abbiamo dipinto tutto d’azzurro e abbiamo dimostrato di saperci attivare, di usare la città come tela, perché non replicare?
Questa scala, con la bandiera palestinese, ha dato a Torre del Greco una visibilità nuova, inaspettata, globale. È lì. Non è stata rimossa.
Un gesto del genere è colore. È voce. Va moltiplicato.
Lì dove ci chiudono microfoni, ci mettono lucchetti, ci tolgono le piazze, usiamo i cartelli alle manifestazioni, le scale, i muri, i colori.
Non ci serve un palco per parlare, né dobbiamo aspettare che qualcuno lo
faccia per noi. Un pennello, una scala e una causa è già tutto ciò che serve per dire ciò
che abbiamo dentro.
Serena Parascandolo
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