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Suicidio assistito: in Toscana il primo

Il 17 maggio scorso lo scrittore e musicista 64enne Daniele Pieroni, affetto da Parkinson in stadio avanzato, ha scelto di porre fine alla sua vita a Chiusi, avvalendosi della normativa regionale approvata l’11 febbraio in Toscana sul suicidio assistito.

È il primo caso concreto dall’entrata in vigore della legge – ancora oggetto di impugnazione da parte del Governo -.

Ho scritto e riscritto quest’ articolo non so quante volte, ma alla fine ho deciso di raccontarmi; forse è questo l’unico modo davvero giusto per me di fare le cose, di scrivere, di mettere nero su bianco i miei pensieri, le mie paure, le mie speranze. Avevo 9 anni la prima volta che ho parlato e scritto sul suicidio assistito. Il mio tema era lungo 9 colonne: 9 colonne in cui difendevo a spada tratta il sacrosanto diritto di scegliere come morire o semplicemente di scegliere se vivere. Lo scorso 17 marzo, alle ore 3:00, un medico del pronto soccorso dell’ospedale di Nocera Inferiore (SA) comunicava a me, a mia madre e a mio fratello che mio padre era morto.

Con le lacrime agli occhi ci ha detto “non ce l’ha fatta; abbiamo provato di tutto ma alla fine il suo cuore non ha più retto”. Ho pensato stessi sognando, non poteva essere reale. A distanza di qualche ora ero distesa sul mio letto e fissavo il soffitto. Mio padre era morto davvero, mio padre aveva smesso di vivere a pochi metri da me, dopo che a pochi metri da me avevano provato a rianimardo, a tenerlo in vita. Mio padre era morto, non respirava più, eppure l’ ultima volta che gli ho stretto la mano ancora era vivo, ancora aveva il suo odore, ancora mi sembrava di sentire la sua voce. Mio padre è morto, ma se non fosse morto “sarebbe stato un vegetale” così ci ha detto il medico.

Quel corpo inerme aveva lo sguardo perso… Quello non era il mio papà. Mio padre non avrebbe mai accettato di “non essere”. E lo capisco… Capisco ora quanto dolore c’è dietro una persona che vorrebbe correre, sorridere, fare l’amore, bere una birra fresca in riva al mare. Il mio papà non potrà più farlo, perché lui è morto; ma ancora peggio di lui c’è chi vorrebbe fare tutto questo, ma non può. Ho impiegato qualche giorno a realizzare ciò che nel mondo, nel mio e nel vostro, sta capitando. Chi vorrebbe vivere, muore sotto un bombardamento, chi vorrebbe morire, rimane attaccato a una spina perché “lo stato così ha deciso, la democrazia così ha deciso, la maggioranza così ha deciso, la minoranza così ha deciso”. A 9 anni ho chiuso il mio tema scrivendo: “Io voglio essere libera di vivere, ma anche libera di morire se di vivere non ne ho più la forza”.

Un suicidio assistito, una eutanasia – credo che delle parole non si dovrebbe mai aver paura – quella di Daniele Pieroni, 64enne di Chiusi. Dal 2008 affetto da morbo di Parkinson in stadio avanzato, e costretto per 21 ore al giorno a vivere tramite una PEG (sonda per alimentazione) a causa di gravi difficoltà nella deglutizione, il 31 agosto scorso ha inviato formale richiesta all’ ASL Toscana Sud Est per sottoporsi alla somministrazione del “farmaco letale”. Il 17 maggio, a casa sua, alle 16:47 ha attivato il dispositivo, ed è deceduto tre minuti dopo. Daniele è il primo caso in Toscana e tra i primi in Italia a realizzare secondo quanto previsto da procedure della legge regionale 16/2025. Il mondo – la società , i politicanti, la chiesa – si sono indignati, così come per l’aborto, ma per gli uomini e le donne uccise in guerra non una parola. Daniele Pieroni ha scelto con consapevolezza e rispetto: ha scelto di essere, ha scelto di non essere più.

“Porre fine all’agonia: Daniele Pieroni non chiedeva niente di più. Ce l’ha fatta. Il suo è il primo caso di suicidio medicalmente assistito, in Toscana. In questi giorni in cui si dibatte tanto della partecipazione civica, voglio sottolineare, e mi rivolgo in particolare ai tanti e tante che si stanno disilludendo, che Daniele ha potuto ottenere ciò che voleva proprio grazie alla mobilitazione della società civile. Perché senza il protagonismo delle associazioni, a partire dalla Luca Coscioni, non saremmo mai arrivati nemmeno a una legge regionale. Purtroppo, invece di dare seguito alle richieste dei cittadini, il governo non ci ha pensato due volte a impugnare quella stessa legge davanti alla Corte costituzionale, a creare un altro limbo di sofferenze che spero arrivi al termine il prima possibile. Si tratta di una scelta assurda, come tante di questa destra insofferente ai diritti; una scelta contro ogni principio di dignità e civiltà. Quello che, con la sua scelta lucida e serena, Daniele nella giornata di ieri ha potuto finalmente far valere”.

Ilaria Cucchi, Senatrice della Repubblica Italiana, ma ancora prima figlia, sorella, donna e madre, con la leggerezza di una piuma plano sul dibattito non più regionale, ma nazionale, internazionale

Una società può dirsi veramente democratica solo se prevede uguali diritti per la vita e la morte. È fondamentale e necessario che in una società libera e rispettosa venga data importanza e valore all’autodeterminazione dell’ individuo: “Non est vivere, sed valere vita est”. 

Antonietta Della Femina 

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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