Chi sono davvero gli Oni? Tra mito, terrore e cultura pop

Creature giganti e mostruose, spesso umanoidi ma occasionalmente ritratti con caratteristiche innaturali come molti occhi o dita di mani e pieni sovrannumerarie, artigli taglienti, capelli selvaggi e lunghe corna sulla testa.
Simili ai demoni e agli orchi occidentali, la loro pelle può essere di vari colori, ma i più comuni sono rosso, blu, nero, rosa e verde.
Questi sono gli oni, creature mitologiche giapponesi dai quali è nata l’espressione “oni con la mazza ferrata”, cioè “invincibile” o “imbattibile”, espressione generata in quanto usano una mazza ferrata detta kanabo.
Oni, da creature benevoli a sadici distruttori
Inizialmente queste creature erano dipinte nelle leggende come creature benevole ritenute capaci di tenere lontani spiriti maligni, malvagi e malevoli e di punire i malfattori. Tra l’VIII e il XII secolo, il Buddhismo giapponese, che già aveva importato una parte della demonologia indiana, implementò queste creature aka-oni – “oni rosso” – e ao-oni – “oni blu” – e facendone i guardiani dell’inferno o torturatori delle anime dannate.
Col passare del tempo, gli oni iniziarono ad essere associati al male, iniziando così ad essere considerate come portatori o agenti delle calamità. I racconti popolari e teatrali iniziarono a dipingerli come bruti, stupidi e sadici, felici di distruggere. Attualmente vengono descritti come spiriti dei morti, della terra, degli antenati, della vendetta, della pestilenza o della carestia. Al di là della loro essenza, gli oni odierni sono un qualcosa da evitare e da tenere a bada.
Alcuni villaggi mettono in atto cerimonie annuali per tenere gli oni lontani, soprattutto all’inizio della primavera. Durante il Sestubun, giorno che precede il cambio delle stagioni, in particolare della primavera, le persone scagliano fagioli di soia fuori dalle case gridando “Oni fuori! Fortuna dentro!”, pratica che viene effettuata anche lanciando i fagioli contro una persona mascherata da Oni, in luoghi quali scuole, aziende od in famiglia.
È stato ipotizzato che gli oni non siano altro che una trasfigurazione degli Emishi – popolo che viveva nel nord-est dell’isola Honshu, in Giappone – e degli Ainu – gruppo etnico est asiatico indigeno del Giappone settentrionale, noti anche come Ezo. Quest’ultimi venivano considerati dai giapponesi come esseri animaleschi a causa delle caratteristiche differenti e della forte pelosità, che tutt’ora manifestano.
Infine, nelle leggende gli oni furono sconfitti, un’eco nell’iconografia popolare delle guerre di sterminio che il popolo nipponico condusse per secoli contro gli Ainu e gli Emishi.
Oni nella cultura pop
Nella cultura contemporanea gli oni sono protagonisti di filastrocche per bambini e storie folkloristiche, alla pari dell’orco occidentale che vediamo in favole come Pollicino, cioè divoratori di innocenti.
All’interno della letteratura, in particolar modo di anime e manga, hanno avuto un ruolo importante e varie opere personaggi secondari o, addirittura, come protagonisti. Uno dei personaggi di maggior successo ispirati alla figura degli oni è Lamù dell’omonimo manga di Rumiko Takahashi; oltre a lei, nella stessa opera troviamo anche altri personaggi che provengono dal suo pianeta, come i genitori, Ten e Rei.
Presenti anche in un episodio di Inuyasha, quando la sacerdotessa Tsubaki decide di utilizzare il grande frammento della sfera dei quattro spiriti per chiamare dentro di sé un Oni, del quale prenderà le sembianze.
Anche in Dragon Ball Z di Akira Toriyama vi troviamo degli oni, che tengono d’occhio i defunti risiedenti all’Inferno venendo, in un’occasione, sopraffatti dai dannati o assistendo a Re Yammer smistando le anime dirette in Paradiso e all’Inferno o portandogli i documenti.
Li possiamo trovare anche in vari videogiochi come Genshin Impact, dove uno dei personaggi giocabili, Arataki Itto, è un oni. È anche una delle entità presenti in Phasmophobia, oppure in Dead by Daylight è stato aggiunto un oni killer dal nome Kazan Yamaoka che possiede molti aspetti dell’Oni tradizionale.
Irene Ippolito
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