Primo Maggio: la storia che ci riguarda ancora

Dal sangue di Haymarket al concerto di Roma: perché il Primo Maggio resta una giornata di lotta, memoria e futuro.
Il Primo Maggio è una data che attraversa la storia: nasce dalla protesta, si alimenta con il sacrificio, si trasforma in festa, ma non perde mai il suo significato più profondo.
Per comprenderlo, è necessario riavvolgere il nastro fino al cuore della rivoluzione industriale, quando la crescita delle fabbriche impose ritmi di lavoro massacranti, salari miseri e condizioni disumane.
Negli Stati Uniti, nel 1886, migliaia di operai alimentarono uno sciopero di massa, aspirando a un orario di lavoro più adeguato e dignitoso, pari a otto ore giornaliere. A Chicago, la protesta culminò nei drammatici eventi di Haymarket Square: una bomba esplosa durante una manifestazione provocò morti tra poliziotti e manifestanti, innescando una feroce repressione che portò alla condanna a morte di alcuni sindacalisti, poi ricordati come “i martiri di Chicago”.
Quel sangue cambiò il corso della storia: nel 1889, la Seconda Internazionale socialista istituì ufficialmente il Primo Maggio come giornata internazionale di lotta dei lavoratori, fissando un simbolo destinato a sopravvivere alle epoche, alle guerre e ai cambiamenti sociali.
Le prime celebrazioni, tra il 1890 e i primi anni del Novecento, furono segnate da un’atmosfera di tensione: in molte città si marciava in silenzio, senza cori, con le sole bandiere rosse (spesso vietate) a parlare per tutti. Era un gesto potente, nato dal coraggio e dalla prudenza, in un’epoca in cui bastava una parola per scatenare la repressione da parte di governi borghesi e conservatori, decisi a soffocare ogni aspirazione dei lavoratori. Nonostante i rischi, quelle bandiere erano il segno visibile di una rivendicazione che non poteva essere soffocata.
Col passare degli anni, il movimento operaio internazionale prese forza: sindacati, partiti socialisti e associazioni di lavoratori organizzarono scioperi sempre più massicci, le manifestazioni si fecero più partecipate e visibili, trasformando il Primo Maggio in una giornata di mobilitazione aperta e orgogliosa.
Anche in Italia, la giornata fu subito adottata dal movimento operaio e contadino come momento di unità e rivendicazione. Durante il periodo fascista, il regime abolì la festa sostituendola con una “Festa del lavoro italiano” celebrata il 21 aprile, data della fondazione mitica di Roma, nel tentativo di svuotare il significato politico e sociale del Primo Maggio.
Ma la memoria non fu cancellata: con la Liberazione, nel 1945, il Primo Maggio tornò nelle piazze italiane come simbolo di libertà riconquistata.
Gli anni del dopoguerra e del boom economico videro moltiplicarsi le manifestazioni, i cortei, le piazze gremite di lavoratori che rivendicavano i propri diritti: salari dignitosi, sicurezza sui luoghi di lavoro e il riconoscimento delle rappresentanze sindacali.
Negli anni Settanta, i cortei del Primo Maggio erano l’epicentro delle grandi battaglie sociali che cambiarono il volto del paese. Ma il modo di festeggiare cambiò con il tempo: a partire dagli anni Novanta, il Concerto di Roma in Piazza San Giovanni diventò il simbolo di un nuovo linguaggio, capace di parlare alle giovani generazioni attraverso la musica. Un grande evento gratuito, trasmesso in diretta televisiva, che ancora oggi alterna spettacolo e impegno civile, ricordando che i diritti non sono mai garantiti per sempre.
Oggi, il Primo Maggio vive in bilico tra memoria e attualità: da un lato ci ricorda le grandi conquiste del passato, dall’altro ci costringe a fare i conti con un presente pieno di nuove sfide. Morti sul lavoro, precarietà diffusa, disoccupazione giovanile, disuguaglianza sociale. Il lavoro, oggi, rischia di perdere quella dignità che la storia ha cercato faticosamente di conquistare. Per questo, ricordare Haymarket e le bandiere al vento non serve a celebrare una memoria cristallizzata, ma a raccogliere un’eredità viva, che interpella ciascuno di noi.
Oggi, come allora, il lavoro non è solo una questione economica: è libertà, dignità, possibilità di futuro. Celebrarlo significa impegnarsi a costruire un presente in cui nessuno sia costretto a scegliere tra il lavoro e la vita, tra il diritto e la necessità.
Il Primo Maggio ci ricorda che alla storia non si mette un punto: ogni conquista può essere persa, ogni diritto va difeso, ogni sogno va rinnovato. Non è una festa del passato, è una sfida del presente.
Il Primo Maggio non appartiene alla storia. Appartiene a chi ogni giorno lotta per un futuro più giusto.
Oggi non celebriamo solo ciò che è stato: costruiamo ciò che deve ancora venire.
Maddalena D’Angelo
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Illustrazione di Edoardo Iodice