L’abbaglio: il film dedicato all’Italia

Da poco disponibile su Netflix, “L’abbaglio” è il nuovo film di Roberto Andò, che conquista il podio settimanale della piattaforma streaming raccontando una storia di ideali e dubbi.
Ambientato nel 1860, il secondo film che vede la collaborazione tra il regista Roberto Andò e gli attori Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone, è incentrato su un tema storico fortemente trascurato: l’unificazione d’Italia.
Il film non mostra soltanto le principali battaglie per la liberazione della Sicilia; al centro della scena troviamo personalità importantissime come Giuseppe Garibaldi e Vincenzo Giordano Orsini, accompagnati da figure ambigue e inventate come quella di Rosario Spitale e Domenico Tricò. Personaggi eterogenei che ci mostrano le battaglie studiate sui banchi di scuola con punti di vista estremamente controversi.
La trama
La scena si apre in modo esemplare, significativo: Garibaldi è ancora in Nord Italia ed è alla ricerca di soldati che combattano per la sua causa.
Tra i tanti volontari, non ci sono soltanto persone del meridione, interessate all’unificazione per proprio tornaconto; al contrario, tra i tantissimi volontari soltanto due risulteranno essere della Sicilia, proprio i suddetti Tricò e Spitale (Ficarra e Picone), gli stessi che durante lo sbarco a Marsala diverranno disertori. Da questi stessi protagonisti, si creerà poi un gioco di doppia trama – riguardo i due siciliani e le diverse battaglie nella loro madrepatria – che convergerà in uno stesso punto, fondendosi.
L’Italia di ieri, l’Italia di oggi
Roberto Andò offre diversi spunti di riflessione.
Primo e centrale tra tutti, quello dell’ideale. Da ciò, infatti, parte il viaggio di Garibaldi e dei Mille, guidati da un sogno e da uno scopo condiviso, uniti contro un nemico comune, ovvero la monarchia del meridione.
Lo stesso ideale che mescola insieme persone diverse, che dentro di sé celano secondi fini o, semplicemente, la voglia di cambiare il loro presente. Tra questi, quello che si dimostra essere più puro nei suoi intenti, è proprio Vincenzo Giordano Orsini (Toni Servillo).
Con questo filo conduttore perpetuo, altri punti lasciano riflettere lo spettatore. Tra questi, sicuramente si nota la chiara analisi della mentalità della Sicilia ottocentesca – secondo l’interpretazione di Andò – fino al mostrarci la presenza della mafia perfino a quei tempi.
Punti chiave che trasformano un film di base storica, in qualcosa di strettamente correlato all’attualità. Si nota, andando avanti con la storia, che “L’abbaglio” non è stato realizzato solo con intento narrativo, ma porta con sé la voglia di mostrare agli spettatori l’Italia nelle sue più numerose sfumature.
Ci mostra quanta forza può avere un’ideale, quando è condiviso da persone coraggiose pronte a mettere a rischio la loro vita per il bene collettivo, lo stesso che oggi è meno saldo che mai; nonostante siano trascorsi quasi due secoli, infatti, il divario Nord-Sud è sempre più acceso, infuocato da poteri politici che spesso dimenticano di rappresentare l’Italia intera e non solo la loro porzione di Stato.
Analogamente, è mostrato a chiare lettere quanto può danneggiare un intero territorio la mentalità di chi, invece, per timore o ignoranza, cede a poteri illeciti e si nasconde dietro a figure che di potente hanno solo le armi che utilizzano per creare terrore.
Nella mente di Orsini
Quelli che ascoltiamo in sottofondo, quasi fossero una voce narrante, sono i pensieri di Orsini, nonché probabile punto di vista degli sceneggiatori.
È lui a raccontare quanto puro sia l’ideale di ottenere un’Italia unita, dove le persone non muoiono di fame e dove tutto è ridistribuito in modo migliore; allo stesso modo, è sempre lui a rifiutare le proposte della mafia dei tempi dinanzi al suo esercito.
Tuttavia, così come si fa portavoce del bene, non stupisce affatto che sia lui a far cadere ogni maschera.
Sarà proprio Orsini, infatti, a mostrarci con ardore qual è l’abbaglio che ha ispirato il titolo di questo piccolo capolavoro di genere!
Valeria Ruggiano
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