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Il quartierismo: un fenomeno sempre attuale

Il quartierismo: cos’è?

Valorizzare le radici senza rinunciare al futuro, è possibile? A quale territorio sentiamo di appartenere? Siamo cosmopoliti o provinciali?

In un’epoca dominata dalla globalizzazione e dalla connettività digitale, il “quartierismo” — cioè il forte senso di appartenenza e attaccamento al proprio quartiere o zona cittadina — continua a sopravvivere, soprattutto nei contesti urbani italiani. Questo fenomeno, spesso percepito come folkloristico o nostalgico, in realtà ha radici profonde e complesse implicazioni sociali, territoriali e psicologiche. Ma cosa significa oggi, soprattutto per i giovani, sentirsi “di un quartiere”?

Una mappa mentale prima che geografica

Il quartierismo nasce come una risposta identitaria. In molte città italiane, da Napoli a Palermo, da Torino a Roma, i quartieri non sono solo luoghi fisici, ma vere e proprie “tribù” con simboli, codici, rivalità e orgoglio locale. Questo legame può fornire un senso di appartenenza fondamentale, soprattutto in un’epoca dove molti giovani si sentono spaesati o frammentati tra mille stimoli.

Tuttavia, il quartiere non è solo un luogo. È anche una mappa mentale, fatta di relazioni, memoria, linguaggi comuni. Per alcuni, rappresenta protezione e stabilità; per altri, un limite, una gabbia invisibile che ostacola il cambiamento.

Territorio e radici: tra orgoglio e chiusura

Sul piano territoriale, il quartierismo si manifesta con l’attaccamento a luoghi simbolici, riti locali, feste patronali, squadre di calcio rionali. Questa dimensione territoriale rafforza il legame con la storia e la cultura del luogo, ma può sfociare anche in chiusura, conflitto con altri quartieri, o resistenze verso l’esterno.

Per i giovani, ciò può essere ambivalente: da un lato il quartiere diventa uno spazio di socializzazione e crescita; dall’altro può inibire il desiderio di esplorare nuove realtà, generando un’identità troppo legata a un’idea “ereditaria” del territorio.

L’eredità delle generazioni precedenti

Il quartierismo spesso si tramanda come una forma di eredità culturale. Genitori e nonni raccontano con orgoglio il passato del quartiere, le rivalità storiche, le tradizioni. Ma quanto di tutto ciò appartiene ancora alla realtà attuale? E quanto, invece, è una nostalgia che rischia di imprigionare le nuove generazioni in una visione statica dell’identità?

Molti giovani oggi vivono in contesti ibridi, frequentano scuole in altri quartieri, si muovono tra città, viaggiano. Eppure, il legame con il proprio quartiere resta spesso forte. Non tanto per ciò che il quartiere “è”, quanto per ciò che rappresenta: un punto di partenza, un’identità locale in un mondo globale.

Un’identità da ripensare

Il quartierismo, quindi, può essere una risorsa se inteso come radice e memoria, ma rischia di diventare un ostacolo se si cristallizza in un’identità chiusa e conflittuale. I giovani di oggi sono chiamati a un compito difficile ma entusiasmante: ripensare l’appartenenza, costruire ponti tra tradizione e mobilità, tra locale e globale.

Forse, non si tratta di cancellare il quartierismo, ma di trasformarlo in qualcosa di nuovo: un senso di comunità aperta, capace di valorizzare le radici senza rinunciare al futuro.

Lucia Russo

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Lucia Russo

Lucia. Amante della luce per destino: nomen omen. Tuttavia crede che per arrivare a quella luce ci sia bisogno del caos e della contraddizione, scrutarsi dentro, accettarsi e avere una profonda fiducia in sé stessi. Il rimedio a tutto il resto: una buona porzione di parmigiana di melanzane.
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