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Donne al potere e Queen Bee Syndrome: il paradosso dell’ape regina

La Queen Bee Syndrome è quel fenomeno paradossale per cui alcune donne di potere, anziché sollevare e supportare altre donne, le schiacciano sadicamente sotto il tacco delle loro Louboutin.

La cosiddetta “ape regina” è una donna che ha raggiunto il successo lavorativo o accademico in campi tradizionalmente dominati dagli uomini.

Ma l’ape regina porta con sé uno sciame di guai

La teoria è relativamente semplice e lineare: una donna raggiunge una posizione di rilievo in un ambiente prevalentemente maschile ma, anziché trasformarsi in una paladina della sorellanza, si tramuta in una creatura mitologica metà CEO e metà Cerbero. Diventa ipercritica verso le altre donne, diffida della concorrenza del gentil sesso e si assicura che nessuna minacci il suo regno. Capo indiscusso del suo alveare, diventa ben presto una figura tanto temuta quanto odiata. 

Sono sicura che, nella tua mente, hai già individuato la “queen bee del tuo alveare. 

Per capire perché accade, bisogna fare un passettino indietro. La cultura lavorativa e accademica, soprattutto ad alti livelli, non ha mai previsto molte sedie al tavolo del potere riservate alle donne e, quando ci sono solo due posti vacanti e venti aspiranti, si innesca un fenomeno tanto vecchio quanto il mondo: la guerra tra poveri

Il sistema dice alle donne che devono essere eccezionali per emergere, situazione in cui non c’è spazio per la solidarietà perché, dopotutto, solo una può essere l’eccezione alla regola. Così, invece di ribellarsi al sistema che le costringe a combattersi, le donne si fanno guerra tra loro.

Ma, mentre un uomo ambizioso è rispettato, una donna ambiziosa è percepita come minacciosa. Se poi non si adopera attivamente per promuovere le altre donne, diventa la prova vivente che le donne tra loro si odiano o che il peggior nemico delle donne sono le donne stesse – una bella scusa per non affrontare il vero problema: la scarsità strutturale di opportunità per loro.

Il vero e profondo paradosso che alimenta questa situazione è che l’ape regina spesso non nasce regina. Prima di indossare la corona, era un’operaia laboriosa che con la sola forza delle sue zampette ha scalato l’intera gerarchia a forza di notti insonni, doppi standard e battaglie per farsi ascoltare in riunioni dominate dal mansplaining. Quando, finalmente, arriva in cima, invece di abbattere il soffitto di cristallo, si convince che l’unico modo per sopravvivere sia rinforzarlo.

Ma attenzione: questa non è una difesa delle “queen bee”. Non è che il sistema politico, economico e sociale le abbia obbligate a trasformarsi in arpie competitive – c’è sempre la scelta di fare diversamente. Solo che, dopo anni di lotta per farsi accettare nel club esclusivo del potere, molte donne finiscono per adottarne le stesse regole tossiche.

In un mondo ideale, le donne in posizioni di leadership capirebbero che non è necessario difendere il proprio trono come se fosse l’ultimo posto in paradiso. Il vero potere non sta nel mantenere le altre donne a distanza, ma nel costruire un sistema in cui non serva essere uniche per avere successo.

La prossima volta che incontri un’ape regina nel tuo ambiente di lavoro, invece di vederla come un Cerbero da sconfiggere, prova a capire il perché della sua mentalità. Se invece non ti viene in mente nessuna queen bee, è perché forse l’ape regina sei tu. Allora domandati se vuoi essere un’eccezione o se vuoi cambiare le regole del sistema. 

Scegli bene, perché un’ape sola può regnare, ma uno sciame unito può cambiare tutto.

Elisabetta Carbone
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Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
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