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Porto Selvaggio, Grotta del Cavallo, i resti dei Neanderthal e del Sapiens più antico d’Europa

Sapevi che in Puglia, precisamente nella località di Porto Selvaggio, a pochi metri dal mare, nel comune di Nardò, si trova una delle grotte più note a livello europeo per lo studio di testimonianze antropologiche?

Si tratta dei resti dei Neanderthal e del Sapiens più antico d’Europa.

Dove si trova questo luogo?

La Grotta del Cavallo, che prende il nome da un masso posto sull’estremità della grotta che sembra assomigliare alla testa di un cavallo, si apre sulla baia di Uluzzo, insenatura della costa neretina – così ci si riferisce al comune di Nardò – ed è inserita nel Parco regionale di Porto Selvaggio (istituito nel 1980) e la Palude del Capitano (classificata come area naturale nel 1997).

Nel 2007, l’intera zona è stata inserita dal Fondo Ambiente Italiano (FAI) nell’elenco dei “100 luoghi da salvare”. La baia, che presenta una costa rocciosa e frastagliata, è dominata dalla medievale Torre Uluzzo, e ingloba varie grotte, tra cui la più nota, per le scoperte fatte e il profondo deposito stratigrafico, è senza dubbio la Grotta del Cavallo.

Si può visitare?

Attualmente la grotta non è accessibile al pubblico, se non a esperti e studiosi in condizioni di sicurezza, trovandosi a soli 15 metri sul livello del mare. Ci è facile pensare che, nel corso dei secoli, il livello del mare sia variato più volte, determinando il cambiamento del paesaggio circostante, influenzando fauna e flora, e condizionando l’aspetto delle pareti della grotta.

Durante i periodi freddi, secondo gli studi effettuati, la grotta era il punto di accesso a un’ampia distesa piana, che avrebbe permesso il pascolo dei grandi erbivori (gli antenati degli odierni ovini ed equini) che l’Uomo di Neanderthal cacciava. Mentre, nei periodi più caldi, con l’innalzamento del livello del mare, dovuto allo scioglimento dei ghiacci, la grotta sarebbe stata spesso a rischio inondazione.

Quando è stata scoperta?

La scoperta nella grotta del Cavallo risale al 1964, quando Arturo Palma di Cesnola – esperto di Paleolitico superiore italiano – dell’Università di Siena, ed Edoardo Borzatti von Löwenstern, dell’Università di Firenze, ritrovarono due denti molari decidui in una serie stratigrafica di 7 metri.

I primi scavi effettuati nella grotta, risalenti agli anni Sessanta del secolo scorso, determinarono una prima divisione in macro fasi, e i resti rinvenuti furono battezzati come ulizziani, per il luogo del ritrovamento.

A seguito di queste analisi, le testimonianze ritrovate furono attribuite a un esemplare di uomo di Neanderthal, finché, nel 2011, un gruppo di ricercatori guidato da Stefano Benazzi – Professore Ordinario di Antropologia Fisica – stabilì, con estrema probabilità, che si trattasse di denti appartenuti a un Homo Sapiens, vissuto tra i 45mila e 43mila anni fa.

Perché è importante?

Senza scendere nel dettaglio della sequenza stratigrafica della Grotta del Cavallo, è interessante sapere che nei 7.5 metri di deposito si sedimenta buona parte della storia preistorica del Salento, dal Paleolitico (almeno dai 120.000 mila anni fa) fino al Neolitico.

Da oltre cinquant’anni, la ricerca continua, tra dubbi e approfondimenti, e la Grotta del Cavallo, con la sua forma peculiare e la sua ampia entrata arrotondata, rimane una delle più importanti testimonianze della storia salentina e pugliese.

Stefania Malerba

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Stefania Malerba

Sono Stefania e ho poche altre certezze. Mi piace l’aria che si respira al mare, il vento sulla faccia, perdermi in strade conosciute e cambiare spesso idea. Nel tempo libero imbratto fogli di carta, con parole e macchie variopinte, e guardo molto il cielo.
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