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Elogio al cane

Chi mi conosce sa che mi definisco un “essere a 6 zampe”: 2 mie e 4 del mio cane, Teo. Compagno di vita, sempre fedele e mai pretenzioso, eternamente al mio fianco, unico vero confidente. 

Casualmente ho scoperto un fatto curioso, l’esistenza di un vero e proprio «Elogio al cane», un’arringa finale dell’avvocato Vest, diventata poi simbolo del riconoscimento dei diritti degli animali

Non è storia recente, ma pronunciata addirittura nel 1870 per difendere Charles Burden, il cui cane da caccia di nome Drum era stato ucciso a colpi di pistola da suo cognato. Charles voleva a tutti i costi un risarcimento di 50 dollari – il massimo consentito per legge all’epoca – a titolo di indennizzo non tanto per il danno patrimoniale, ma per quello morale, per la perdita del suo fedele cagnolino. 

Vest iniziò il suo discorso affermando che, se non avesse vinto la causa, avrebbe chiesto scusa ad ogni cane del Missouri. 

La commovente arringa recita così:

Signori della giuria, il migliore amico che un uomo abbia a questo mondo può rivoltarsi contro di lui e diventargli nemico. […] 

Il solo amico del tutto privo di egoismo che un uomo possa avere in questo mondo egoista, l’unico che non lo abbandona mai, l’unico che non si rivela mai ingrato o sleale è il suo cane.

Signori della giuria, il cane resta accanto al padrone nella prosperità e nella povertà, nella salute e nella malattia. Pur di stare al suo fianco, dorme sul terreno gelido, quando soffiano i venti invernali e cade la neve. Bacia la mano che non ha cibo da offrirgli, lecca le ferite e le piaghe causate dallo scontro con la rudezza del mondo. Veglia sul sonno di un povero come se fosse un principe.

Quando tutti gli altri amici si allontanano, lui resta.

Quando le ricchezze prendono il volo e la reputazione s’infrange, è altrettanto costante nel suo amore come il sole nel suo percorso nel cielo.

Se la sorte spinge il padrone a vagare nel mondo come un reietto, senza amici e senza una casa, il cane fedele non chiede altro privilegio che poterlo accompagnare per proteggerlo dal pericolo e lottare contro i suoi nemici, e quando arriva la scena finale e la morte stringe nel suo abbraccio il padrone e il suo corpo viene deposto nella terra fredda, non importa se tutti gli altri amici lo accompagneranno; lì, presso la tomba, ci sarà il nobile cane, con la testa fra le zampe e gli occhi mesti, ma aperti in segno di vigilanza, fedele e sincero anche nella morte.

Charles vinse la causa, ma non solo: l’«Elogio al cane» di Vest divenne una delle orazioni più famose della storia americana, manifesto di associazioni animaliste in tutto il mondo.

Elisabetta Carbone 

Illustrazione di Sonia Giampaolo 

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Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
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