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Gli studenti non sono vasi da riempire, ma fuochi da accendere 

Lettera aperta di una professoressa ai ragazzi che odiano la scuola, non ne comprendono il valore e la vivono con strafottenza.

Tra i tanti lettori, spero che ci sia anche tu, ragazzo giovane adolescente, che hai odiato e odi la scuola. Spero che ci sia anche tu perché sono una professoressa, e il tuo fallimento scolastico è anche il mio

La vostra generazione è difficile e a volte fa male sentire le vostre storie, così lontane dalla mia spensierata adolescenza. 

Non sei solo, siete in tanti, tantissimi, a pensare con rancore ai banchi scheggiati, alle verifiche, agli intervalli troppo corti, ai bagni sporchi, all’imbarazzo dell’ora di educazione fisica… 

Ma io faccio parte di quella schiera di docenti d’istruzione superiore – per la maggior parte precari – che si destreggiano tra mille difficoltà, classi sovraffollate, strafottenza e insulti come pane quotidiano. 

Una domanda mi ha sempre fatto male al cuore, e sono sicura che anche tu o i tuoi amici l’avete fatta: «Prof, ma a me cosa me ne frega di sapere questa cosa? Nella vita vera, fuori da scuola, non mi serve a niente!».

Beh, forse conoscere gli assiomi della comunicazione, la letteratura italiana, le più belle poesie del ‘900, i grandi personaggi storici o le teorie delle scienze umane non ti servirà per compilare un 730, ma farà di te un adulto consapevole. Ti darà una serie di strumenti mentali, cognitivi, culturali e umani che solo la scuola può dare. Ti permetterà di capire il mondo oltre la superficie, la crosta del superfluo, e ti permetterà di scavare a fondo nelle questioni umane. 

La cultura è speciale, almeno per me lo è stata. 

Ho un ricordo molto vivo delle lezioni dei miei professori del liceo, soprattutto del professore di storia: io rimanevo a bocca aperta. Per ogni domanda, aveva una risposta. Non c’erano LIM o internet in classe, c’era solo lui, il professore e la sua conoscenza. Mi ricordo quando un giorno andai a trovare un mio docente a casa, mi voleva prestare un libro: non potevo credere ai miei occhi: tutte le stanze di casa sua erano letteralmente tappezzate di libri, stipati anche nella vasca da bagno da quanti erano! E ho subito pensato: “Lui sa tutto… Deve sapere tutto, se ha sfogliato così tante pagine, deve sapere tutto!”. 

Ed ecco la risposta alla domanda “a cosa serve la cultura”: a conoscere noi, gli altri e il mondo, ma anche a vedere l’ammirazione riflessa negli occhi di chi ci guarda.

A dirla tutta, anch’io a volte mi annoiavo a scuola, anch’io guardavo il sole, la pioggia, lo scorrere del tempo fuori dalla finestra della classe, ma non ho mai pensato di sbadigliare in faccia a un docente, di tirare un banco addosso a un bidello, di picchiare un compagno di classe. Non perché io sia speciale, ma perché era impensabile per me ferire qualcuno, figuriamoci qualcuno che ammiravo! E sì, anche i bidelli erano degni di ammirazione: ci ascoltavano, ridevano con noi, ci raccontavano le loro storie di vita… e ci mettevano in riga quando l’intervallo era finito! 

Ma per voi è diverso, voi non ci ammirate: ci vedete come dittatori che tiranneggiano tra le aule, che dispensano nozionismo non richiesto e contate i minuti al trillo dell’ultima campanella. 

Io mi rifiuto però, caro ragazzo, di pensare che la scuola sia morta, anche se il 51% degli studenti italiani sui 15 anni (cioè dopo almeno 8 anni di scuola dell’obbligo, sic!) non è in grado di comprendere il significato di un testo scritto. Mi rifiuto di pensare che la “dispersione scolastica implicita” (dove, a differenza di quella tout court, i ragazzi vanno a scuola ma non capiscono cosa fanno) sia la morte della scuola.

La scuola oggi è come una mosca che sbatte la testa contro un vetro, non sa come fare con voi. 

Non è solo colpa vostra, ma nemmeno solo colpa nostra

Se i risultati non arrivano, non è sempre colpa della scuola: la scuola non è un mostro, la scuola non è un Leviatano, forse è più simile a Frankenstein. La scuola non è nemmeno un supermercato dove si comprano beni e servizi, e gli studenti non sono degli utenti o dei compratori. 

La scuola ha il compito di educare, ed educare vuol dire costruire, formare, un essere umano dopo l’altro, e quindi la società del futuro. Il compito del docente – figura sempre più sottovalutata – è quello di plasmare nuovi cittadini consapevoli

La scuola non è il mercato in cui contattare un voto in cambio di attenzione, un compito a casa in meno in cambio di un saluto educato, la scuola non è nemmeno il posto in cui studenti e genitori prendono a cazzotti i professori per un’insufficienza o una nota. 

Una cosa te la prometto però: la scuola adesso non ti piace, ma i benefici dello studio li vedrai da adulto. Non diventare anche tu parte di quei 4milioni di ragazzi che rinunciano al titolo di studio per ingrossare le fila dello sfruttamento lavorativo perché senza istruzione. 

La scuola apre nuovi orizzonti, aumenta la curiosità e la rete sociale. 

La scuola è l’arma più potente che hai, è l’unico mezzo per migliorarti come persona. Se riuscirai a valorizzarla, si spalancheranno le porte del tuo futuro.

Elisabetta Carbone

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Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
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