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La dea Nut e la via Lattea

Ricordo ancora in maniera vividissima la mia “prima volta” al museo egizio di Torino (il più antico, a livello mondiale interamente dedicato alla civiltà nilotica e il più importante al mondo dopo quello de Il Cairo): avevo appena 9 anni, l’ingresso ad alcune stanze mi era vietato e ho creato ricordi nella mia memoria di quei luoghi come se avessi scattato dei fotogrammi.

I sarcofagi, le bende, i papiri, le testimonianze, gli affreschi sono stati argomento delle mie conversazioni per mesi e lo sono tuttora. 

Da allora al museo ci sono stata altre due volte ed ogni volta – come in preda alla sindrome di Stendhal – ho il batticuore: l’amore per la cultura e la storia egizia è in me viscerale. 

Oggi a voi parlerò del mito della dea Nut e della sua connessione con la via Lattea.

Gli egizi avevano una conoscenza a dir poco enciclopedica di moltissimi argomenti, ma ciò che nel corso dei secoli è rimasto vivido nella loro cultura, in continuo mutamento, è la passione, la consapevolezza in campo astronomico.

Gli egizi studiavano e rispettavano – personificando – la volta celeste: ed è grazie ad essa che vi era la determinazione del susseguirsi giorno-notte, che vi era la modulazione delle feste religiose; i sacerdoti avevano consapevolezza delle stelle, delle congiunzioni dei pianeti e del Sole, e delle fasi della Luna. Immaginavano il cielo in tanti modi diversi: come un “soffitto” sostenuto dai punti cardinali; come un mare sul quale navigava la barca del dio del sole, Ra; come una donna – con il corpo blu cosparso di stelle – la dea Nut. 

Secondo il mito, che fonda le sue radici nell’antichità, la dea Nut ingoiava ogni sera il sole, il dio Ra, e lo partoriva la mattina, dopo una notte di morte: era essa, quindi una “madre” e un simbolo di eterna rinascita; il colore rossastro dell’alba era simbolo del sangue del parto. 

Ti depongo dentro di me, ti partorisco una seconda volta, si che tu entra ed esca sotto le stelle imperiture (…)”

Ed è proprio per questo motivo che spesso l’immagine di Nut veniva posta sia sui soffitti della camera del sarcofago di alcune tombe della Valle dei Re, sia all’interno del coperchio dei sarcofagi: per rilevare l’eterno riposo, per augurare al defunto una “nuova vita” e per simboleggiare una rentrée nel grembo materno.

Jan Assman, storico ed egittologo tedesco, parla di “Spells For Entering The Womb Of Nut” e cioè di “formule che raccomandano il defunto al grembo di Nut”.

Una donna nuda, ricoperta di stelle, con le mani ed i piedi a terra, inarcata su Geb, la terra…la volta celeste e la via Lattea, “una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fra l’esistere e il non esistere.”

Carlo Rovelli

Antonietta Della Femina

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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