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I paria indiani: un razzismo millenario

Sin dagli albori della sua storia l’uomo ha sempre cercato di modellare la società creando disparità molto precise. Il sistema dell’Ancient regime è emblematico a tal riguardo.

Ma il sistema di caste indiano si è spinto ben oltre, perché nonostante la sua abolizione nel secolo scorso, esso perdura nel tessuto sociale ancora oggi.

E sotto le varie classi, sotto le più crudeli ghettizzazioni, una categoria è addirittura esclusa dalla classificazione stessa perché ritenuta impura.

Oggi parleremo dei paria indiani, i cosiddetti “intoccabili”.

Il sistema di Caste ha un’origine molto antica. Secondo la tradizione religiosa induista, il ruolo che si ha nella società è il riflesso dei peccati o delle virtù che hai conseguito nelle vite precedenti.

Secondo tale visione, la società indiana è suddivisa in quattro classi. La prima e più importante è quella dei sacerdoti, i Brahmana, gli unici a poter studiare i testi sacri. Poi abbiamo i Kshatriya, i guerrieri e i nobili. Seguono i Vaishya, i mercanti e artigiani e infine, nell’ultima casta vi sono i servi, gli Shudra.

Non stupisce quindi che il destino di coloro che sono esclusi da tale sistema, i Dalit (letteralmente ‘’oppressi’’) sia terribile, e che paradossalmente, più sia terribile, più sia avvertito come giusto, proprio perché essere nati in una tale condizione viene avvertita come la normale punizione per una precedente vita colma di vizi.

Ma chi sono i fuori casta? Com’è possibile vivere ai margini anche della categoria dei servi ed essere considerati addirittura inferiori a questi?

Iniziamo col dire che ai paria sono riservati i lavori cosiddetti “impuri”, ovvero quelli a contatto con la morte o la sporcizia. Si va dal macellaio, al conciatore di pelli ai più tristemente noti pulitori di latrine, che vivono in condizioni igieniche assolutamente folli.

Non è raro, infatti, che queste persone siano costrette a calarsi direttamente nelle fogne per poter adempiere al loro lavoro, ovviamente senza alcuna attrezzatura o aiuto di qualunque tipo.

Di conseguenza le morti sul lavoro sono sempre più numerose e a questo si aggiunga l’insieme di assurde proibizioni che affligge questa categoria da sempre.

Ai paria è vietato abbeverarsi alle fontane dei villaggi, è vietato essere toccati dai rappresentanti delle caste superiori, e ciò vale anche per un semplice taglio di capelli, per l’appunto vietato. Devono camminare a piedi nudi e con vestiti particolari per essere subito riconosciuti e ovviamente evitati.

Fino a prima dell’abolizione delle caste era considerato addirittura buona norma uccidere il paria che avesse osato avvicinarsi ad un tempio.

Ma appunto, le Caste sono state abolite dopo la Rivoluzione di Indipendenza Indiana del 1948, quasi un secolo fa. Allora perché ne continuiamo a parlare?

Perchè il riconoscimento dei loro diritti, per quanto sia formalmente garantito dalla Costituzione, nelle campagne e nei villaggi (che costituiscono quasi il 70% dei luoghi abitati dal popolo indiano) non ha mutato affatto la loro condizione.

Anzi, per quanto possa sembrare assurdo, in qualche modo l’ha perfino peggiorata.

Infatti venendo a conoscenza dei loro diritti e avendo anche diverse agevolazioni dal governo i Paria sono venuti alla luce, mostrandosi e di fatto attirandosi odio e discriminazioni in maniera ancora più manifesta.

Ma allora il destino dei fuori casta è segnato per sempre?

In realtà no. La situazione era e resta sicuramente drammatica ma negli ultimi anni possiamo iniziare a vedere i segni di quello che potrebbe generare addirittura un cauto ottimismo.

Difatti numerosi paria, pur con tutte le loro discriminazioni, iniziano ad attirare sempre più adepti nella campagna dei diritti umani grazie ad un sentito ed energico attivismo.

Ne è un meraviglioso esempio la storia di Lalibai, una donna che dal suo lavoro impostole di netturbina senza il minimo riconoscimento, ha guidato una marcia di diecimila donne paria fino a Delhi per poter manifestare la loro triste condizione e richiedere dei giusti diritti.

Possiamo solo aspettare per vedere cosa accadrà, ma di sicuro la storia dei paria deve continuare ad essere tramandata per rammentare a loro e a noi stessi che nessuno è invisibile.

Gabriel Santomartino

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Gabriel Santomartino

Classe 97, aspetto di laurearmi in lettere moderne e nel mentre mi nutro di romanzi, racconti e miti come ci si potrebbe nutrire solo di ambrosia. O di una pasta al forno, volete mettere? Appassionato in maniera megalomane di letteratura, fumetti e film col segreto proposito di conoscere un giorno una formula per leggere le emozioni all’interno dell’anima. E di diventare scrittore, ovviamente. Quando le idee sono troppe mi rifugio nella natura, magari con una cioccolata calda.
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