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Il congedo mestruale arriva in Italia grazie ad un’azienda veneta

A maggio la Spagna ha introdotto il congedo a lavoro per le donne che soffrono di dismenorrea. Ma in Italia ci sono stati solo dei dibattiti sui social: nessuna proposta di legge è stata avanzata sulle misure da adottare a favore delle lavoratrici.

Quest’anno la Spagna è stato il paese “apripista” dell’Unione Europea, per tutelare quelle donne che in condizione di forte disagio fisico erano costrette a prendere giorni di malattia ogni mese. Ma non è stato il primo paese nel mondo: nel continente asiatico una legge per il congedo mestruale era in vigore già da molti anni in diversi paesi.

In Giappone una legge è in vigore dal 1947. Non esiste un limite di giorni, ma l’assenza è parzialmente retribuita. Misure simili sono state adottate in Vietnam, Corea del Sud, Taiwan e Cina, dove nel 2016 diverse provincie avevano concesso alle lavoratrici due giorni di assenza al mese.

Fu in quell’anno che quattro deputate del Partito Democratico in Italia avanzarono una proposta di legge, prendendo come dati a supporto quelli riguardanti l’assenteismo di giovani studentesse e lavoratrici: «dal 60 per cento al 90 per cento delle donne soffrono durante il ciclo mestruale e questo causa tassi dal 13 per cento al 51 per cento di assenteismo a scuola e dal 5 per cento al 15 per cento di assenteismo nel lavoro».

Anche se non fu mai presa in considerazione questa proposta in Parlamento, diverse aziende, come la Nike e la multinazionale Zomato, avevano già tutelato le proprie dipendenti nel mondo. Ed è ciò che è stato fatto anche in un’azienda veneta.

Le dipendenti della Ormesani, gruppo che si occupa di spedizioni a Quarto D’Altino (in provincia di Venezia), avranno diritto ad un giorno al mese di assenza retribuito se soffrono di endometriosi dolorosa. Non sarà necessario presentare un certificato medico né ottenere un permesso dal proprio capo, rispettando così la privacy delle lavoratrici.

Prima di arrivare a questa risoluzione, l’amministratore delegato Martino Ormesani aveva effettuato un sondaggio tra 59 delle proprie dipendenti, ottenendo un riscontro positivo. Oltre a garantire il congedo di un giorno, l’azienda ha messo a disposizione delle proprie lavoratrici anche assorbenti gratuiti nei bagni.

Nonostante in Italia mestruazioni dolorose (con sintomi come crampi, mal di schiena, nausea, vomito, giramenti di testa) colpiscono circa 3 milioni di donne, non esiste ancora un quadro legislativo adeguato che regoli il congedo mestruale. Si tratta, quindi, di misure adottate dalla singola azienda a tutela delle proprie dipendenti e della produttività delle stesse.

Concedere alle donne uno o più giorni di riposo sembra essere una soluzione adatta ad evitare frustrazione nelle dipendenti e un calo del rendimento. Ma ciò avrebbe ripercussioni non di poco conto anche sul gender gap, già estremamente incisivo in Italia sia durante le assunzioni che durante il periodo lavorativo: il “privilegio” di un giorno al mese retribuito, potrebbe sfavorire una donna che concorre con un uomo per la stessa posizione, violare diritti sulla privacy a lavoro oppure far passare l’idea che un cambiamento ormonale possa compromettere le capacità lavorative di qualunque donna.

Il vero (e forse unico) problema che impedisce a leggi di questo tipo di entrare in vigore è la disinformazione, condita spesso nel nostro paese di pregiudizi, arretratezza su vari livelli e becero bigottismo.

In primo luogo, non si tratterebbe di un congedo concesso a chiunque, ma solo a quelle donne che soffrono di patologie realmente invalidanti durante il proprio ciclo mestruale. Bisognerebbe capire, inoltre, che concedere una tutela di questo tipo porterebbe vantaggi anche in termini economici: nonostante non sia ancora parte della nostra cultura, già in diversi paesi si è capito quanto sia incisivo il benessere fisico e psichico dei propri dipendenti sulle loro prestazioni.

Ben vengano, dunque, iniziative indipendenti come quella della Ormesani, che possano sensibilizzare ancor di più sui diritti che dovrebbero essere garantiti da disegni di legge adeguati. 

Elena Di Girolamo

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Elena Di Girolamo

(Madda)Elena Di Girolamo, classe ’96, si laurea troppo presto in Filologia Moderna, quando non sa ancora spiegare alla nonna a cosa servono i suoi studi. A mangiare è troppo lenta, ma è ingorda di libri, musica, fumetti, film e serie tv. Oscilla tra la convinzione di poter scrivere un best seller e la consapevolezza che mettere “leadership: 10” sul CV non le farà avere un posto da manager in Mondadori.
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