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Mi sono sentito Amleto al Trianon Viviani

Lunedì 20 giugno ore 20:30 per cura ed eleganza di Davide Iodice, il Collettivo Scrittura Mista presenta Mi sono sentito Amleto.

In una sottilissima alchimia tra equilibri e dosaggi, cinque ragazzi, prendono e restituiscono vita a un racconto dove la precisione dell’intelaiatura drammaturgica e la sua incarnazione interpretativa si sostengono a vicenda, e costantemente insapiditi di comicità, dove l’autoironia si fonde con il paradosso. 

Il tema biografico conduttore, contestualizzato nell’Amleto di William Shakespeare, ruota intorno alla descrizione di un’identificazione diretta: i nostri fantasmi.

Radicati nella realtà si aggirano nelle nostre menti e nei nostri cuori. Proprio per questo, sono i più pericolosi. Rimandano ad un’idea di generale inadeguatezza dell’io.

Inadeguatezza. Mi sono interrogata su questo sentimento disagevole. Mi ha atteso dietro l’angolo sovente e improvviso. Dico qualcosa, faccio qualcosa, vuole dire mettermi in gioco. In un mondo continuativo e faticoso il bisogno di avere delle conferme è talmente forte che chi prova questo profondo senso di inadeguatezza arriva ad arrendersi ad esso.

Ore 08:00. Sveglia. Ore di sonno 4. Madammes et messier, padroni e servanti, si aprono finalmente le porte del teatro. Fila F posto 2. Pizzico il mio cornetto direttamente dal sacchetto. Buono non lo so. E a proposito di inadeguatezza, sì, lo so; non si mangia a teatro, con il teatro non si mangia.

Comincia la mia prova de Mi sono sentito Amleto presso le mura del Trianon Viviani in Piazza Vincenzo Calenda n 9 a Napoli. I cerchi rimasti aperti reclamano alcuni dei resti della cinta urbica di Neapolis. Alzo gli occhi: 1911. Non mi sorprende perché lo so. Qui si inaugura la sala con la commedia fortunata Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta.

Luci spente. Buio sul palco e intorno. Davide Iodice (guida del laboratorio Officina presso la Scuola Elementare del Teatro) sembra recepire quelli che sono gli umori e le debolezze. Le prende per mano e non c’è amore più grande.   

E a proposito d’amore; l’amore torna sempre. Qui possiamo capirne il perché.

Mi sono sentita Antonio. Da ascoltare e riascoltare, per trovare e ritrovare la vera verità: siamo soli e immersi nella più furiosa delle battaglie. La nostra essenza, quella forza presente in ognuno di noi, ci conduce verso quello che esiste di più naturale per noi. Lì è dove il dolore non ha ragione di essere. Lì è dove sentiamo solo la discreta compagnia di questo dolore che è solo rumore. E allora si scende in campo, ancora una volta, a combatterlo. Non importa quanto possa esserci costato. Quando riesci a ridere in faccia al tuo dolore appare del tutto chiaro che la bellezza non ha confini.

Mi sono sentita Claudia. Si può entrare in totale sicurezza all’interno di un buco nero. La vita poi fa il resto. Non lesina paure e traumi, incontri e scontri, amori e abbandoni. Tutto succede ed è intangibile. Come a lanciarsi dentro quel buco nero. La più grande delle abilità delle persone libere. E allora ti tieni la mano perché non avrai sempre la fortuna di trovare qualcuno che capisca il tuo viaggio o che ti stia accanto finché non lo fai. E così cominci a darti l’amore. Ogni cosa si riscatta. Ogni cosa si riempie di nuovo. 

Mi sono sentita Mattia. Se mio padre fosse stato ucciso, allora, deduco, anch’io sarei figlia di un padre assassinato. Punto di vista e voce è un figlio, prima bambino, poi adolescente, adulto alle prese col senno del poi. La sua identità sfugge da tutte le parti, finché – tra le pagine della giovane età – tutto ancora può succedere, e lo sguardo è rivolto a un altrove incantato, a una svolta. La svolta. Tutto sembra ristagnare. Tutto ruota intorno al senso di inadeguatezza di stare a galla comunque. 

Mi sono sentita Giuseppe. La razionalità ci dice una sola cosa, e cioè che dopo la morte non c’è nulla. Completa mancanza di consapevolezza, buio totale. Game over. Amleto prima di morire ci dice “Il resto è silenzio” come a dire che per quanto se ne possa parlare, per quanto lo si possa analizzare, la parola – e quindi il pensiero – finisce sempre nel silenzio, e quindi nel vuoto, quel “the rest” amletico. Il silenzio è il suono del vuoto. Il silenzio si trova dentro di noi. Dentro di noi facciamo silenzio. La razionalità. La mia e la tua.

Mi sono sentita Antonella. Oggi mi festeggio un anno in più. Sono tre anni che non bevo. Non un bicchiere, non un goccio, nulla. Non bevo perché ho capito di avere un problema e ho chiesto aiuto. In realtà io, di avere un problema, lo sapevo da anni, mi ci è voluto solo un po’ per fare la cosa giusta. La cosa giusta era smettere. Non bere di meno. Non diminuire o fermarmi solo per un po’. Smettere. Perché sono forte, and the best is yet to come. Happy birthday to me. Me lo merito.

Ricapitolando. Mi sono sentito Amleto di e con Antonio Basile, Antonella de Falco, Mattia Lauro, Claudia Nicolazzo e Giuseppe Tufano, con i costumi di Francesca Puglia e la collaborazione alla regia di Gianluca Di Meo.

Andate a teatro. Venite a teatro. Di lunedì. Questo lunedì. Troverete cinque belle storie e cinque sorrisi

Siamo tutti più belli quando sorridiamo.

Illustrazione e testo di Francesca Scotto di Carlo

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Francesca Scotto di Carlo

Ventinove anni, napoletana. Di sé dice di essere un «cumulonembi», testarda, indistruttibile, assertiva. Scrittrice, umanista, attivista, è una di quelle persone con la voglia di cambiare il mondo, un passo alla volta.
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