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La femminilità, una trappola: nel 1947 Simone de Beauvoir metteva in guardia le donne dal pericolo

Della critica spietata che la scrittrice francese fa al mito della presunta indole femminile, quali considerazioni restano invariate nel presente?

«I francesi non sono mai stati femministi. Naturalmente hanno sempre adorato le donne, ma alla maniera dei popoli mediterranei, così come gli orchi adorano i bambini: per il proprio consumo personale»

L’anno è il 1947. Simone de Beauvoir non ha ancora pubblicato Il secondo sesso, il saggio che la consacrerà come una delle voci più importanti del Novecento in ambito femminista. 

La scrittrice francese ha alle spalle una carriera come docente da cui è stata interdetta e sta già analizzando le tematiche che saranno materia prima per la realizzazione del libro caposaldo del femminismo.

Mentre era impegnata in una lunga serie di conferenze negli Stati Uniti, tra gennaio e maggio del ’47, scrisse un articolo per la rivista Vogue intitolato Femminility, the trap che analizzava il mito della femminilità come calappio culturale da cui affrancarsi.

L’articolo, in cui l’autrice entra in scena attaccando i propri compatrioti senza alcuna pietà, verrà pubblicato in Francia solo nei primi anni duemila ed in Italia figura in una raccolta di scritti inediti di L’Orma editore, pubblicata nel luglio 2021. 

Questo testimonia quanto la tematica sia, paradossalmente, affrontabile nel presente più che nel tempo in cui la de Beauvoir concepì le sue riflessioni.

Un drammatico, punto in comune, tra passato e presente, è la sensazione che, nell’opinione comune, la lotta femminista risulti inutile e superata in quanto l’uguaglianza dei sessi è stata già raggiunta: le donne votano e possono fare lo stesso lavoro degli uomini, dunque non resterebbe altro da aggiungere.

Il punto focale dell’analisi, è il fatto che il mondo guarda alle donne come ad esseri “speciali”, con caratteristiche dissimili dagli uomini. Femminilità suona come termine lusinghiero, ma c’è un sottotesto strisciante e insidioso che si rivela un’arma contro la donna: l’essere pensata come creatura “diversa”. 

Diversa da cosa? Dal “normale” che, naturalmente, sarebbe rappresentato dal maschile.

«Mi è capitato spesso di innervosirmi quando un uomo mi diceva: “La pensa così perché è una donna”. L’unica cosa che potevo rispondere era: “La penso così perché è vero” Si dà per scontato che essendo uomo sia sempre nel giusto e che sia io ad avere torto. È lui a rappresentare il tipo umano ideale.» scrive lapidaria la de Beauvoir, sottolineando che frequentemente le donne vengono accusate di essere poco razionali perché pilotate anche nel ragionamento dalle ovaie, come se ormoni e ghiandole non li avessero anche gli uomini!

Il progresso ha soppiantato la forza fisica come qualità fondamentale: qualsiasi potenziale disparità tra uomo e donna, in senso biologico, è stata finalmente annullata dall’arrivo delle macchine.

Viviamo nel secolo che ha visto trionfare Stephen Hawking, l’immenso genio che non è stato frenato dalle disabilità imposte della SLA, dando prova tangibile di quanto l’umanità si sia trasformata rispetto alle origini. 

«Ormai il mondo si conquista con il pensiero e non con i muscoli. Questo è il motivo per cui qualsiasi divario fisico ha perso quasi del tutto importanza». L’osservazione della scrittrice che dà voce al femminismo, va oltre il proposito e anticipa le recenti lotte che riguardano l’abilismo. 

Nonostante questa consapevolezza, le donne faticano tutt’ora a rivendicare certi propri diritti proprio a causa del mito della femminilità, nel timore di apparire meno affascianti perché più forti, autonome e meno bisognose. 

Una donna che la società ritiene particolarmente femminile, è una donna che spesso non si è liberata del proprio complesso di inferiorità e quando lo fa paga uno scotto diventando meno desiderabile. 

La trappola dunque sta nel dover scegliere se assecondare la propria personalità in libertà o se esercitare il proprio potere seduttivo sugli uomini. 

La lotta così si estende: è contro la società ma anche interiore.

Nel 1947 come nel presente, perché seppure gradualmente stiamo scardinando il luogo comune della donna come principessa che deve essere salvata da una controparte maschile, il concetto di femminilità è associato tutt’ora a qualcosa di estremamente fragile da difendere e preservare.

Sara Picardi

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Sara Picardi

Adoro la comunicazione e ho il privilegio di lavorare in questo settore, principalmente in ambito grafico. L’arte ed il gioco sono due delle mie più grandi passioni e trovo si somiglino: permettono di andare in profondità, in se stessi e negli altri in maniera leggera. Venero musica, natura e poesia come divinità pagane; pago loro i miei tributi allevando un gatto con poteri magici, scrivendo e suonando il basso in una band punk. Colleziono crepuscoli, segreti e nuvole delle forme più strane.
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