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3 eventi storici tutti italiani che hanno cambiato (e continuano a cambiare) le sorti del paese

Esiste un concetto chiamato entropia, il naturale evolversi delle cose fino ad uno stato assoluto di caos, che comporta una rottura finale dopo la quale nulla sarà mai più come prima.

Detta così, utilizzando questi paroloni, non sembrerebbe un principio così facilmente applicabile alla vita di tutti i giorni.
Eppure, basterebbe semplicemente guardare al passato, ad alcuni momenti topici che, anche se avvenuti secoli prima, hanno provocato una serie di cause i cui effetti ancora oggi si fanno sentire.

L’entropia è irreversibile, così come ogni mutamento storico, che può essere sì cambiato, ma solo da un altro grande boom, un’inevitabile conseguenza.
Ma i lasciti dovuti alle idee nate grazie a quelle rotture sono ferrei e duri a morire.
E le idee, si sa, sono a prova di proiettile.

Forse però abbiamo bisogno di trovare un esempio pragmatico che possa spiegare la questione.
E cosa c’è di più pratico che guardare a casa propria, nel nostro bel paese, l’Italia?
Ecco spiegati qui sotto tre eventi, tre rotture, come le abbiamo chiamate pocanzi, che, opinione del tutto personale, hanno creato unione e scompiglio insieme, una vera e propria aggregazione e disgregazione molecolare storica.

Il 17 marzo del 1861, grazie a nomi celebri quali quello di Giuseppe Garibaldi e del monarca Vittorio Emanuele II di Savoia, l’Italia viene unificata.
Si studia sin da piccoli, festa nazionale, felicità in piazza. Non per tutti, però.
Che si parli di annessione, di conquista, che dir si voglia, una cosa è certa: nasce un nuovo stato, diviso in un Nord ed un Sud.
E, come si chiedeva Giobbe Covatta nel suo spettacolo Melanina e Varichina, “vuoi vedere che il problema del sud del mondo è il nord del mondo?”
Anche se la questione meridionale, ammettiamolo, è sempre stata palesata ancora prima dell’intervento, con l’unità e la caduta dei Borbone la disparità geografica che si è creata nel corso dei secoli risulta ovvia e trasparente.
Ad oggi, la fuga di cervelli verso una realizzazione economica e personale è talmente scontata da fare tristezza.


Di chi sarebbe la colpa? A chi darla?

Quest’argomento è talmente spinoso da non poter essere analizzato così, in soldoni.
Ma usiamolo questo spunto, per riflettere. Nel bene e nel male.


Nel 1984 vennero riesaminati i Patti Lateranensi, sanciti nel 1929, che regolavano, e continuano a regolare, i rapporti fra Stato e Vaticano.
Dalla firma del presidente del Consiglio Bettino Craxi e del cardinale Agostino Casaroli, i patti vennero riconosciuti a livello costituzionale e citati nell’articolo 7.
La modifica avvenne però solo per la parte del Concordato, dove vennero stilati nuovi punti, come il finanziamento alla chiesa da parte dello Stato (conosciuto come otto per mille), la clausola secondo la quale il matrimonio cattolico potesse avere anche valenza giuridica, e l’esenzione (più una leggenda metropolitana che altro) all’ora di religione scolastica.
Fin qui, tutto liscio come l’olio, cambiamenti necessari per continuare a convivere in equilibrio.  

Nonostante ciò, il potere che la Chiesa esercita oggettivamente sulle questioni statali, grazie a questi accordi, è disarmante.
Basti guardare anche alle questioni arcobaleno della comunità LGBTQ+, che da anni si batte per ottenere una parità che la religione cattolica, per dottrina, non riconosce.
Di nuovo, non siamo qui per fare polemica, stiamo solo fornendo qualche spunto di riflessione.


Facciamo un passo indietro.
Il 2 giugno del 1946 venne chiesto alla Stato italiano di scegliere fra Monarchia e Repubblica.
Sappiamo bene come andò a finire. E sappiamo anche che, per la prima volta nella storia italiana, al voto vennero ammesse anche le donne, che fino a quel momento avevano interpretato l’unico ruolo che era stato imposto ed insegnato loro, quello di madre e donna del focolaio domestico.

Quest’evento, che per molti potrà sembrare insignificante, ha però scosso qualcosa che giaceva latente da sempre, e che stava risvegliandosi già qualche secolo prima.
Il sogno di una parità di genere, di avere gli stessi diritti, non sembrava più così lontano.
E questo ha fomentato nuove scie di pensiero, nuove consapevolezze del proprio corpo e dei propri desideri.
Non a caso, la legge sull’aborto del 1978 è solo una delle tante manifestazioni di questa rivoluzione che è nata silenziosa ed è esplosa all’improvviso, di questa volontà di riappropriazione di una dignità mai riconosciuta.
La scelta di abortire può essere condannata da molti, ma dal 1978 resta una scelta, che solo chi deve compiere può realmente giudicare.

È estremamente interessante notare come da un singolo episodio possano scaturire molteplici scenari che riescono a concatenarsi gli uni agli altri, come in un rompicapo.
Questi, infatti, sono solo alcuni esempi di quanto affascinante e complessa sia la nostra storia, che continuerà ad arrivare ad un punto di non ritorno, ad un’esplosione di colore, ed al mutamento irreversibile dei fatti. Così, fino a quando ci sarà concesso.


Tutta colpa dell’entropia.

Ilaria Aversa

Ilaria Aversa

Classe 1996, Ilaria Aversa nasce a Sorrento in un lunedì di giugno. Fortemente convinta che la pasta sia il suo unico credo, si è laureata in Storia dell'Arte, dimostrando di sapersi concentrare ed impegnare seriamente, ogni tanto. Ama prendersi poco sul serio, infatti la sua massima più ricorrente è "Almeno sono simpatica". O, almeno, lo spera.

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