Primo PianoCinema e Streaming

L’utopia del ’68 ne L’Incredibile storia dell’Isola delle Rose

Ieri è approdato su Netflix il nuovo attesissimo progetto di Sydney Sibilia L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, una piccola utopia sessantottina dalle tinte pastello che racconta il potere risonante di un’idea.

Quella di Giorgio Rosa, ingegnere bolognese che fabbricò una piattaforma artificiale al largo della riviera romagnola e si autoproclamò Stato indipendente.

Siamo in un anno passato alla storia per le ultime due cifre, attraversato dalla chiassosa ondata di proteste giovanili in lotta per un mondo migliore e Giorgio Rosa, un Elio Germano stralunato e sognatore, ha la brillante intuizione di fabbricarsene uno nuovo di zecca piuttosto che scendere in piazza a reclamarlo.

Neo-ingegnere cocciuto e creativo, scorrazza tra gli antichi porticati bolognesi con uno strambo rottame a due ruote e senza targa, progettato dal suo genio incompreso e megalomane. Nel tempo libero semina catastrofi senza farci neanche troppo caso o pianifica piccole rivoluzioni irrealizzabili. All’improvviso l’illuminazione: costruire una piattaforma artificiale di 400 m² nel Mare Adriatico, un microcosmo sciolto da qualsiasi giurisdizione in cui esercitare fantasia e libertà.

Un’intuizione inizialmente spacciata per “ragazzata” che diventerà presto caso internazionale, attirando persino i riflettori dell’ONU e facendo il giro della stampa mondiale, incuriosita morbosamente dalle sorti del primo “governo balneare” mai esistito. “Eravamo più importanti delle rivolte studentesche. Persino della guerra in Vietnam”, dice Rosa con orgoglio.

Un miracolo galleggiante fatto di tubi, trivelle e audacia che prende il nome di “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose”. Che istituisce organi politici autonomi, offre cittadinanza a chiunque lo desideri e inventa una moneta tutta propria pur di apparire credibile agli occhi di una classe dirigente stantia e intimidatoria. Addirittura, l’idea dell’esperanto, lingua artificiale pensata per unire i popoli europei approdati su questa zolla di acqua e terra destinata a far notizia.

“L’idea nasce in un momento in cui ero a caccia di storie. Improvvisamente su Wikipedia leggo: Isola delle Rose, piccola nazione. Clicco e scopro questa storia incredibile, di quelle che ti chiedi: ma possibile che nessuno ci abbia mai fatto un film!?” confessa il regista durante la conferenza stampa nel raccontare la genesi della pellicola. L’obiettivo era dar voce al potenziale sovversivo del singolo individuo che lotta caparbiamente per invertire i sensi della sorte e per dimostrare quanto relativo sia il concetto di legalità quando si è cittadini di uno stato autonomo, seppur in miniatura.

Lì dove Gabriella Chierici – sua ligia-alle-regole fidanzata, interpretata da una credibilissima Matilda De Angelis – ci vede una trasgressione imperdonabile, questo ingegnere delle idee strambe vi scova una possibilità inesplorata, un esercizio ispirante di cambiamento positivo che raggira creativamente la legge positiva. Quella che per il Ministro dell’Interno Franco Restivo (Fabrizio Bentivoglio) è una piattaforma per disperati abitata da una gioventù bruciata, agli occhi del protagonista suona come una vittoria della diversità, quella coraggiosa e progressista che scava crepe in mode omologanti e sterili.

“Gli Americani si preoccupavano che potesse essere un avamposto dell’Urss, i Russi credevano che fosse un avamposto americano, ed il Vaticano temeva che fosse un luogo di nudità e privo di morale”, spiega Germano nel raccontare l’impatto internazionale di questa cronaca sepolta dal tempo. Un caso che ha sollevato talmente tanti allarmismi e indignazione da parte del governo italiano da incoraggiare una dichiarazione di guerra a questo pericoloso germe di disobbedienza “a due passi dai comunisti”. L’unica guerra d’invasione mai commessa dalla Repubblica.

Sydney Sibilia ci regala così una godibilissima fotografia di un’Italia disobbediente e ardita, in un’epoca storica già insidiosamente in fermento. Una battaglia ideologica spassosa e irriverente ma con un sottotesto tutt’altro che frivolo, che tocca in profondità temi scivolosi come libertà inalienabili e diritto internazionale, legalità e abuso di potere.

Una prova di resistenza giovanile che racconta uno scontro generazionale antico e mai risolto, capace di trascendere le coordinate geografiche di questa pellicola in palette anni ’60 e di incoraggiare riflessioni ben più ampie.

All’originalità del testo si aggiunge un cast super indovinato (tra gli altri già citati, una Violetta Zironi nel suo primo ruolo promossa a pieni voti, un irriconoscibile Luca Zingaretti nei panni di Presidente del Consiglio e un eccezionale Tom Wlaschiha), oltre alla splendida fotografia di Valerio Azzali e ad una colonna sonora azzeccatissima che spazia da Rita Pavone a Jimi Hendrix.

Obiettivo colpito e affondato, Sydney!

Francesca Eboli

Vedi anche: Black Films Matter e Queer Cinema: al RIFF è Love&Pride Day

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
Back to top button