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La crisi indiana dell’acqua 

L’ONU nella conferenza generale del luglio 2010 ha dichiarato: “l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari sono un diritto umano essenziale per migliorare la qualità della vita e la salute”.

La mancanza di acqua è un problema che affligge molti paesi.

In India negli ultimi anni questa problematica si è acuita fortemente lasciando senza risorse idriche milioni di persone.

Causa principale è l’uomo che con le sue attività ha praticato un’economia di rapina del territorio distruggendo quello che è un bene primario e di tutti.

National Geographic in un suo reportage ha indagato le condizioni di molti agricoltori costretti a combattere con la costante penuria di acqua. La siccità ha portato gli agricoltori a scavare pozzi sempre più profondi a causa dell’abbassamento inverosimile del livello dei fiumi, causato non solo dai mutamenti climatici che hanno influito sulle piogge ma anche a causa del loro inquinamento. Si ricorre alla raccolta dell’acqua piovana ma questo non è sufficiente e spesso si verifica l’abbandono di questi terreni. Molti contadini si trasferiscono in città dove le condizioni di vita non sono certo migliori e sono stati registrati anche casi di suicidio. Si calcola che quasi la metà della popolazione indiana soffra della carenza di acqua.

Non solo l’agricoltura ne risulta danneggiata, ma anche la pesca d’acqua dolce praticata in particolare nelle zone rurali del paese, l’inquinamento infatti ha portato all’estinzione di svariate specie che vivevano in quei fiumi.

Secondo la FAO l’incremento demografico porterà nel 2050 all’aumento di circa il 60% del fabbisogno di cibo e del 100% nei paesi in via di sviluppo come l’India.

Conseguenza dei mutamenti climatici saranno una maggiore siccità e variabilità nelle piogge con aumento delle temperature, ciò significa che l’agricoltura non irrigua che rappresenta l’80% delle terre coltivate e copre il 60% del cibo prodotto sarà gravemente in pericolo privando numerose persone del sostentamento necessario per vivere.

Altra grave causa di questa carenza di risorse idriche è l’onnipresente inquinamento.

Ma perché questi fiumi sono così inquinanti?

Da molti anni ormai l’India è diventata un paese appetibile per le grandi industrie che sfruttano la manodopera a basso costo per la produzione, con il loro notevole guadagno economico.

Le multinazionali farmaceutiche producono buona parte dei loro farmaci in questo paese, scatenando l’ira della popolazione che vive intorno a questi stabilimenti. Non solo le condizioni igieniche dei lavoratori non sono consone, ma vi è anche un problema ambientale, dato che molte di queste sversano i prodotti di scarto chimici frutto della lavorazione industriale nei fiumi provocando il loro inquinamento e la contaminazione delle falde acquifere.

Non sono solo le industrie farmaceutiche le responsabili ma anche quelle di note bevande gassate, che hanno pensato di arricchirsi spostando i loro stabilimenti in questi paesi in via di sviluppo, e soprattutto l’industria tessile. Numerose sono le industrie di questo settore che producono i loro capi qui e anche in questo caso è comune la barbara pratica di sversare i coloranti usati per tingere i tessuti e altri scarti di produzione nei martoriati fiumi.

Il risultato di tutto questo si abbatte sulla popolazione, in particolare quella più povera con danni sulla salute brutali con un aumento esponenziale di infezioni al sangue, resistenza ai farmaci e malformazioni nei bambini.

Il governo indiano rassicura su interventi che possano consentire alla popolazione di usufruire dell’acqua, fantastica su mirabolanti progetti per deviare il corso dei fiumi e intanto un anno fa stipulava un accordo per potenziare il settore petrolifero, possiamo immaginare bene quali danni all’ambiente questo comporti.

Purtroppo gli interessi economici soppiantano la morale, vendendo l’anima al dio denaro non ci rendiamo conto che alla fine della fiera a pagare il prezzo di queste folli scelte è la nostra salute e il nostro pianeta, che è uno solo e che va preservato perché non ne abbiamo uno di riserva.

Beatrice Gargiulo

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La Redazione

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