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La rivincita di Medusa a New York

Una statua di Medusa, ma questa volta è lei a reggere la testa mozzata di Perseo.

Cosa vorrà dirci Luciano Garbati con quest’opera?

Non a caso è posta di fronte al tribunale di New York, quello in cui è stata decisa la condanna di Harvey Weinstein.

Negli ultimi giorni non si parla d’altro. Una statua discussa in positivo e in negativo.

Rappresenta il movimento #metoo? Ma è giusto farlo in questo modo?

Insomma, tante domande senza risposta. Ma non è proprio questo il ruolo dell’arte? Scatenare dibattiti? Scuotere gli animi dormienti? Proporre una visione del mondo da una prospettiva nuova?

Dobbiamo riconoscere che Luciano Garbati ci è riuscito perfettamente.

La figura di Medusa è un simbolo. Infatti, nel mito greco, lei era una fanciulla del tempio di Atena. Un giorno venne stuprata da Poseidone, che alla fine fece ricadere la colpa su di lei. Atena, infuriata per il suo altare profanato, la trasformò in un mostro.

Il mostro che conosciamo, la donna che tramuta chiunque osi guardarla in pietra, la donna dalla chioma di serpi.

Ma quello che vediamo a New York è un lato inedito di Medusa, è la sua rivincita, una donna forte incolpata e punita per un crimine che lei stessa ha subito.

Finalmente possiamo assistere alla sua redenzione.

L’abbiamo sempre considerata un personaggio negativo, qualcosa da cui evadere, qualcosa da cui Perseo ci avrebbe salvato, ma ora la storia ha un nuovo punto di vista.

E Perseo diventa una figura marginale, è Medusa la protagonista della rinascita. Lei, che fermava la vita con i suoi serpenti, che rendeva gli uomini statue, ora è libera e artefice del proprio destino, non più vittima di una falsa giustizia che non permette alle donne di denunciare violenze.

Così anche la statua diventa simbolo e provocazione, di fronte al tribunale che ha giudicato Harvey Weinstein, il produttore cinematografico accusato di stupro e molestie sessuali da 105 donne.

E lei si erge, vittoriosa, riposa come l’Ercole Farnese dopo le sue fatiche. Il capo di Perseo nella mano, una spada nell’altra. Ma a differenza della statua originale, in cui Perseo teneva la testa di Medusa alta, proprio vicino alla sua, come un trofeo, qualcosa da mostrare, qui vediamo che il capo viene retto con noncuranza, posto in basso.

E allora eccola, la trasformazione.

Non è più vendetta, ma giustizia.

Le statue sono la concretizzazione delle idee, idee che cercano l’immortalità.

L’idea di Garbati era quella di aprirci gli occhi verso una nuova prospettiva, quella in cui a vincere è Medusa, a New York.

Angela Guardascione

Vedi anche Ebru Timtik: l’inesistente giustizia turca e i suoi oppositori

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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