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Anonymous for the voiceless: una questione di coerenza?

Al mondo esiste una categoria di persone definite “attivisti”.

L’attivismo è un’attività finalizzata a produrre un cambiamento sociale o politico, sinonimo di protesta o dissenso.

L’attivista è colui il quale maturando dentro di sé una legge morale che diviene consapevolezza, dal latino cum e scire “sapere, conoscere”, si impegna socialmente a diffondere conoscenza. È un sapere che supera il piano della logica e si manifesta sul piano della coscienza.

Quella che a volte viene percepita come una prospettiva estrema in realtà se consapevolizzata apre la mente e ti concede il beneficio del dubbio rispetto all’apparente realtà. Quello che accade è un processo di metamorfosi interna, una morte necessaria per una rinascita più consapevole.

Chi preferisce manifestare pacificamente dissenso sociale la domenica pomeriggio, invece di andare a fare aperitivo, merita di essere ascoltato nel bene o nel male.

Vi sarà capitato di incontrare almeno una volta, nelle grandi città, un gruppo di persone vestite di nero con addosso la maschera di Guy Fawkes, disposte a croce e con dei televisori appesi al collo i quali proiettano immagini crude sullo sfruttamento animale, un fenomeno che tutti conosciamo, ma di cui non tutti siamo consapevoli. La nostra mente di fronte al piacere culinario chiude un occhio e non pensa al processo che ha subito quel “pezzo di cibo” che con la bava alla bocca attendiamo di ingurgitare ferocemente.

Ciò che entra nel nostro organismo è il prodotto di una sacra religione del cibo, che veste forme differenti che dipendono dal nostro modo di vedere il mondo. Ciò che scegli di mangiare dice molto della tua persona, per cui state ben attenti.

Dietro alla maschera di Guy Fawkes vi è una persona consapevole, che quindi sa, conosce, dunque un attributo intellegibile e spirituale che ti consente di scegliere.

Dietro quelle maschere ci sono Luca Maiello, Cristina Licheri e Alberto Romano, due chimici e un biologo le cui consapevolezze ti mostrano un punto dolente della nostra società. Tre menti scientifiche che attraverso un atto di scelta, frutto del dolore della loro conoscenza, combattono quotidianamente i paraocchi di un sistema malato che forgia menti inconsapevoli.

Mi sono soffermata ad intervistarli e quello che è emerso dal confronto va ben oltre il semplice dissenso. Questo tipo di dissenso nasce da un dolore profondo, frutto della presa di coscienza della propria posizione nel cosmo.

Luca, Cristina e Alberto sono i responsabili del capitolo (sezione) di Perugia di un movimento mondiale nato a Melbourne, in Australia nel 2016 da Paul Bashir e Asal Alamdari. Il movimento in questione è conosciuto con il nome di Anonymous for the voiceless, composto da 2000 seguaci che si riuniscono nelle piazze intorno al Cubo della Verità, una rappresentazione artistica in cui gli attivisti indossando delle maschere, quella appunto di Guy Fawkes, aprendo una finestra sulla realtà dello sfruttamento animale negli allevamenti intensivi. La scelta stilistica della manifestazione data dal distacco tra attivista e ascoltatore è incentrata sulla necessità di far parlare esclusivamente le immagini, nude e crude, di per sé molto forti e impattanti, con lo scopo di sensibilizzare la nostra mente e il nostro spirito.

Il movimento nasce da una spinta ambientalista, salutista e animalista, per poi definirsi e focalizzarsi esclusivamente sullo sfruttamento animale.

Il massaggio di AV è quello di proporre una scelta alternativa rispetto ad uno dei più grossi mali della nostra società, attraverso una politica abolizionista accompagnata dalla scelta del veganesimo.

Perché parliamo di tutto questo? Concretamente che cos’è lo sfruttamento animale? Il fenomeno tocca contemporaneamente molti aspetti sul piano consumistico, una malattia degradante per il sistema.

Gli allevamenti intensivi si occupano fondamentale di vacche da latte, bovini, pollame e carne da macello. Attualmente esistono circa cinque specie di vacche da latte. Ad ogni vacca vengono estratti giornalmente 70 litri di latte, sostanza che produce la femmina mammifera come nutrimento per la sua prole. Il primo passaggio è dato dal precoce e violento svezzamento dei vitelli, il secondo dalla costante inseminazione artificiale. Naturalmente una vacca ha un’aspettativa di vita pari a 20 anni, abbassata “grazie” all’industria del latte a 5 anni.

Per quanto riguarda invece il pollame, in particolare modo quello “ovaiolo”, la gallina naturalmente riesce a covare 15 uova l’anno. Sempre “grazie” agli allevamenti intensivi, attualmente si arriva a cifre come 300 uova all’anno, in cui l’aspettativa di vita della gallina si abbassa da 7 a 2 anni. Per non parlare del pollame da macello in cui i pulcini a soli 6 settimane di vita arrivano a pesare 2 kg, questo per soddisfare il consumo di petti di pollo.

L’atrocità più aberrante avviene quando si passa alla violenza sugli animali: le galline vengono sbeccate attraverso una lama incandescente che taglia in maniera netta il becco dal resto del corpo, in quanto le condizioni di vita degli animali li inducono a violenze reciproche. Ai maiali vengono tagliati la coda, i denti e i testicoli, per gli stessi motivi. Il tutto affinché il prodotto finale, inteso come cibo da consumare, arrivi integro e perfetto sulle nostre tavole.

Sono questi i motivi per cui Cristina, Luca e Alberto si battono ogni giorno. Allora alla domanda “che cos’è il veganesimo?” Cristina e Luca mettono sotto i riflettori quelli che sono tre concetti fondamentali: coerenza, giustizia ed etica. L’etica è il contenitore all’interno del quale troviamo la coerenza di riconoscere tutte le specie viventi con pari dignità e il sentimento giustizia che emerge attraverso questo riconoscimento.

La coerenza nasce dal bisogno di riconoscersi parte di un tutto eliminando la pretesa di dominio nei confronti degli altri. Il dominio, dal latino dominium, domĭnus «signore, padrone», è la posizione privilegiata autonomamente attribuita da un soggetto rispetto all’altro. È il dominio dell’essere umano rispetto all’essere animale che acceca il vero punto della questione. La questione si articola sul piano dell’etica perché solo l’essere umano può parlare di etica, ed è in questo che siamo superiori rispetto agli animali, in quanto dotati di ragione. È sul piano della ragione che si gioca la prima partita della consapevolezza. L’essere umano ha sempre la possibilità di scegliere, è una sua facoltà. Ma la scelta non può esaurirsi solo sul piano logico, deve completarsi su quello dello spirito, per cui occorre un passaggio ulteriore. La consapevolezza di far parte di tutto indistintamente si affianca alla connessione spirituale con il tutto, da cui emerge la consapevolezza finita. Conoscere non è solo un’attività intellegibile, è anche un’attività spirituale. L’una senza l’altra rimane incompleta. È questa la coerenza che abbandona il dominio.

In quanto essere dotati di ragione possiamo lottare affinché la giustizia entri in gioco. Io riconosco un male e lotto affinché l’armonia universale riacquisti il suo equilibrio.

I tre attivisti sottolineano un altro aspetto fondamentale, il welferismo, ovvero la maschera del capitalismo. Attualmente vengono prodotti molti più alimenti “veg” rispetto all’1% di popolazione che si dichiara effettivamente vegana. Dunque, cosa succede? Il sistema usa, strumentalizza una filosofia di vita, una consapevolezza, sempre per lo stesso motivo: consumo uguale ricavo. Per questo ci tengono a sottolineare che non esiste una dieta vegana, non è salutismo ma una presa di posizione di fronte ad un problema grave.

Inoltre, si sono impegnati a firmare una lettera alla Ministra della Pubblica istruzione Lucia Azzolina e al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa in cui si chiede di abolire il piano di introduzione della caccia all’interno delle scuole come forma educativa:

“Autorizzare i cacciatori in quanto tali ad interventi pedagogici e formativi equivale a richiedere ai ragazzi di accettare l’idea che l’amore si estrinsechi nell’uccisione, che il rispetto sia compatibile con la sopraffazione di chi è indifeso: i cacciatori sostengono, infatti, che proprio amore e rispetto per la natura siano i sentimenti che li inducono a violentarla e ad ucciderne gli abitanti. Per meglio intenderci: se a parlare di pacifismo fossero designati soldati per vocazione, se ad argomentare di rispetto per le donne fossero invitati autori di femminicidi, a tutti sarebbe evidente il collasso della logica e del buon senso, che sarebbero definitivamente oscurati dal sonno della ragione. Quello, vale la pena ricordare, che genera mostri”.

Per questi tre giovani e brillanti attivisti è una questione urgente. Sì, perché tutto quello che comporta il consumo di carne e l’effetto dell’allevamento intensivo riguarda non solo il riconoscimento del fatto che l’animale ha una dignità e che quindi non va sfruttato, ma è anche una questione ambientale (date le emissioni costanti di CO2) e salutista perché purtroppo quello che mangi non è poi così di qualità.

È un problema generale che va affrontato nella sua complessità, non singolarmente. Ma il primo passo è riconoscere la dignità e il valore delle altre specie, con le quali condividiamo la stessa casa, il pianeta terra, attraverso un atto di consapevolezza e di scelta.

Marika Micoli

Vedi anche: Fatti di apparenze o essere reali: chi vogliamo essere davvero?

La Redazione

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