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Il corpo è bello perché è vario!

Se soffri di curve e t’impressiona la buccia d’arancia, abbiamo un problema.

Se ti senti costretta a mostrarti perfetta, ne abbiamo un altro.

Se la tua routine alimentare va avanti a insalatine, pancake proteici e acqua senza magnesio, senza potassio, senza nitrati e senza acqua, è il caso di fare un bel respiro, sedersi e stappare un tubo di Pringles.

Fin dall’Ottocento, quando Paul Poiret inventò le sfilate e diede vita alla moda e al concetto di modella, tutto quello che bisognava fare era mostrarsi aggraziate, eleganti e in forma per poter debuttare in società.

Dagli anni 2000 la moda diffonde un modello di donna esile, sottile – probabilmente con la necessità di far risaltare il vestito e non il corpo – e sempre più anonima: vera e propria “gruccia”, messa lì solo per indossare.

In un caso o nell’altro, il corpo della donna diventa lo strumento per affermare la propria identità e oggi, un’adolescente se sfoglia una rivista di moda si imbatte in dieci, venti, trenta modelle che cercherà di imitare a tutti i costi, prendendo quel prototipo la norma a cui adeguarsi.

È ovvio che basterebbe un istante di riflessione per capire che non è così!

Che non bisogna essere necessariamente belle, toniche e vincenti, che tutta l’inferiorità che ci si porta dentro è causa di continue immagini stereotipate che in ogni secondo ci capita di vedere in TV, sulle riviste, sui social, per strada e che purtroppo ci manipolano inconsciamente, fin quando si arriva ad essere inglobati e completamente accecati da pensieri tipo:

“Lei sì che è fortunata. Guarda che gambe!”

“Oggi una mela e poi 1 ora e 45 di work out”

“Non posso indossarli, mi si vedono i fianchi”

“Quest’estate niente mare, sono inguardabile”

Ebbene, proviamo a guardare le cose da un altro punto di vista.

Proviamo a posare le armi e a capire che troppa autocritica non fa mai bene.

Fortunatamente negli ultimi anni il mondo della moda sta cambiando.

Molte sono le modelle che cercano di sovvertire le regole e farsi notare non solo per la loro bellezza: il loro obiettivo è scardinare lo stereotipo che le accompagna sin dalla professionalizzazione del loro mestiere. Poiché queste ragazze lavorano principalmente col corpo si è sempre più diffusa l’idea che fossero vuote e di poca intelligenza o personalità. Anche durante interviste o shooting le domande che venivano fatte erano sempre riferite alla loro carriera e mai alla loro vita sociale, ai loro pensieri.

Oggi non è più così, – e direi per fortuna! – che noia sarebbe parlare sempre di lustrini e di tacco 12?

Le modelle che hanno qualcosa da dire sono veramente tante. I loro pensieri partono dai social media fino ad arrivare alle proteste per strada.

Per esempio, la modella metà ghanese e metà inglese, pelle color caramello, Adwoa Aboah non ha avuto un passato facile. Anzi proprio stando a contatto con quest’universo ne sperimenta i lati oscuri. Cade nell’alcolismo e in una forte depressione, fino a tentare il suicidio. Poco dopo fonda la piattaforma Gurls Talks, una comunità online che incoraggia le ragazze a parlare di temi come la sessualità, la salute mentale e il rapporto con il proprio corpo, coinvolgendole in prima persona. Il progetto diventa così un movimento che si batte per e con le donne al fine di creare spazi di confronto e condivisione.

Forse è l’inclusività quella di cui abbiamo bisogno.

Quella che ogni giorno, a gran voce chiede che le modelle non siano più quelle magre da far paura ma più simili a quello che le donne sono nella realtà.

Ma dal mondo del fashion arrivano segnali positivi e incoraggianti, in cui i protagonisti sono donne normali e l’accettazione del proprio corpo con pregi e difetti. Nessun effetto snellimento o strumento cerotto da Photoshop, ma donne reali con un corpo non perfetto ma bello.

Parliamo delle modelle curvy quelle che per troppo tempo sono rimaste nell’ombra e che adesso – diciamolo – stanno avendo la loro rivincita!

Un cambiamento che ha origine in America, dove finalmente ogni donna ha la possibilità di sentirsi a proprio agio acquistando capi alla moda e finalmente della propria taglia.

In questo modo il movimento curvy si espande sui social per permettere a tutte le donne plus size di non sentirsi mai più escluse e di mostrare le proprie curve con fierezza.

Ne ha tratto il suo successo Ashley Graham, la modella curvy che fa impazzire il web – e se non la segui, fallo subito! – per la naturalezza e la spontaneità con cui si mostra, alternando post in cui si sgranocchia patatine e video in cui si tiene in forma sol suo personal trainer: suo marito. Non ha timore di mostrare le tracce della sua gravidanza, quelle che alle donne fanno più paura: le smagliature.

Lotta contro il body shaming, ed è ad oggi la modella curvy più richiesta e pagata:

«Sei brillante, sei bella, sei forte: io me lo ripeto ogni mattina, e alla fine ci credo. Per questo mi mostro al naturale, fa parte del mio percorso»

Il tema body positive è preso a cuore da molti brand, come H&M che lancia una collezione di costumi da bagno, o Zalando con quella di intimo o anche la Nike con una linea di abbigliamento sportivo.

Sono molte, anche nel campo della moda, le lotte per l’uguaglianza tra i generi e contro le discriminazioni sessuali

Rain Dove, ventisettenne americana, dai tratti somatici androgini, ha deciso di sfidare gli stereotipi di genere e sfilare sia per collezioni femminili che maschili.

Fiera attivista per i diritti umani e di quelli della galassia LGBT, la Dove si è sempre definita una “brutta ragazza” e additata come quella da cui a scuola era giusto prendere le distanze a causa di un aspetto ambiguo. Ha cominciato la carriera da modella quasi per caso, presentandosi per la prima volta ad un provino di intimo maschile firmato Calvin Klein e indovinate?

Lo passa eccome.

Senza sapere che ben presto quell’occasione sarebbe diventata il suo asso nella manica.

Ancora protagonista Calvin Klein, alle porte del mese che promuove l’amore in tutte le sue sfaccettature, ha lanciato la campagna PROUD IN MY CALVINS prendendo come riferimento alcuni personaggi di spicco appartenenti alla comunità LGBTQIA+, tra cui la brasiliana Pabllo Vittar, la prima drag queen al mondo testimonial per una campagna di un’etichetta internazionale.

La campagna si pone l’obiettivo di celebrare le bellezze non binarie e raccogliere fondi per il sostegno della comunità LGBTQIA+ colpita da Coronavirus.

Ecco, forse dovremmo cominciare a parlarne perché parlarne aiuta a normalizzare le cose e renderle reali.

Non è una curva che definisce, né la pelle a buccia d’arancia.

Né una parrucca o il taglio corto di capelli.

C’è troppa bellezza nascosta, e dimmi… come fai a non vederla?

Serena Palmese

Vedi anche: Eliza Bennett tra ago e filo: cucirsi le ferite non è mai stato facile

Serena Palmese

Mi piacciono le persone, ma proprio tutte. Anche quelle cattive, anche quelle che non condividono le patatine. Cammino, cammino tanto, e osservo, osservo molto di più. Il mio nome è Serena, ho 24 anni e ho studiato all’Accademia di belle Arti di Napoli. Beati voi che sapete sempre chi siete. Beati voi che sapete sempre chi siete.

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