Intrattenimento

K-DUE: la mia scalata verso il successo

Nonostante le difficoltà nell’incontrarci dal vivo, sono riuscita a scambiare quattro chiacchiere col giovane K-Due che ha da poco pubblicato il suo secondo singolo Scarabocchi e che mi ha raccontato qualcosa di lui.

Ciao Pino, per prima cosa volevo sapere qualcosa di te: come è nata la passione per il rap, quando hai iniziato a comporre musica e come mai hai scelto il nome dʼarte di K2?

«La passione per il rap nasce sin da piccolo, sono sempre stato attratto dal soul, dal funk, dallʼ R&B, e quando in Italia si sono sentiti i primi artisti Hip Hop, mi è venuto naturale cominciare a scrivere le prime rime, ricordo che me ne stavo incollato alla tv ad aspettare che MTV passasse Aspettando il sole di Neffa.

Da lì in poi con degli amici formammo una numerosa crew, creammo un vero e proprio movimento hip hop, il primo della mia città.

Oltre a cantare ero un writer e K-DUE è proprio l’acronimo della mia tag, che non ti svelo altrimenti qualcuno potrebbe venire a cercarmi»

Poi, come mai proprio la scelta del rap e quali sono i modelli a cui ti sei ispirato? Oltre ai modelli musicali ce ne sono anche altri?

«Come avrai capito il rap per me non è stata una scelta, forse non avrei mai fatto musica se non fosse esistito!

È stato tutto molto naturale: cominci a scrivere i primi testi perché ne senti il bisogno, perché ti diverte e ti fa stare bene, poi diventa una passione e mano a mano non ne puoi più fare a meno. Se hai un lato artistico importante, dentro te, non puoi sopprimerlo, prima o poi viene fuori.

Per quanto riguarda i modelli devo essere sincero, forse non è corretto, ma io non mi sono mai ispirato a qualcuno nella musica così come nella vita.

Ho sicuramente subito delle influenze che mi hanno fatto prendere una strada piuttosto che un’altra, ho avuto il mio artista di riferimento ma modelli no.

Credo che siamo tutti il risultato di ciò che abbiamo visto, ascoltato, respirato, vissuto, ed ognuno di noi lo ha fatto in modo diverso è questo che ci rende unici.

Se cerchiamo di somigliare anche inconsciamente a qualcuno la nostra identità potrebbe non emergere mai»

Nel tuo singolo “Scarabocchi” ad un certo punto si sente la voce di un bambino. È un riferimento alla canzone di Eminem “Like Toy soldiers” o altro?

«Fortunatamente, scazzottate a parte, non abbiamo mai avuto grosse rivalità tra crew anzi eravamo molto uniti, rispetto agli States lʼabbiamo vissuta molto più a cuor leggero.

C’è comunque un retroscena in Scarabocchi, un artista italiano, mio amico da tempo, doveva suonare a Napoli, viene a trovarmi in studio e mentre stavamo registrando lo spingo letteralmente verso il microfono, sapevo già che per motivi discografici non poteva comparire nel brano, quindi lo abbiamo reso irriconoscibile.

Ci sarà sicuramente una collaborazione in futuro, ma non c’è nemmeno bisogno di dircelo, lo stimo tanto»

 Ad un certo punto della canzone, dici “Baby fino a quando questi pezzi parleranno di noi”. Ebbene, la tua è una scrittura puramente autobiografica o attingi anche dalla realtà di ciò e di chi ti sta intorno?

«Perdonami ma di questo argomento preferirei non parlare»

Nella canzone “Marte e Venere”, invece, auguri alla persona amata di potersi innamorare di nuovo ma la metti anche in guardia del fatto che comunque ti penserà.

Credi che un amore possa non avere mai fine o che, ad un certo punto la parola, fine, inevitabilmente, compare?

«Ho amato così tanto che credevo potesse non finire mai, poi un giorno ti svegli e realizzi che è finita, e forse lo era già prima, solo che non te ne eri reso conto o non volevi accettarlo.

I miei nonni, d’altro canto, si amano incondizionatamente da più di sessant’anni, glielo leggi in faccia, anche quando si gridano contro, è una cosa che puoi toccare con mano.

L’amore è qualcosa di incredibile, ti fa volare in alto, ma l’impatto col suolo è tremendo.

Credo che sia l’unica cosa per la quale siamo a questo mondo»

E come mai la scelta di intitolare il brano come la coppia più bella e strana dell’Olimpo?

«Rispecchia molto la storia di Marte e Venere, travagliata e passionale, intensissima e senza lieto fine.

Ad ogni brano verrà sempre più fuori, già in Scarabocchi, il secondo singolo si può capire altro. Lei bella come Venere lui rude ed irruento ma comunque innamoratissimo come Marte. Per Marte faccio riferimento anche alla circostanza che hanno vissuto, ma non voglio svelarti niente, perderesti il gusto nell’ascoltare i brani che usciranno in futuro»

Quali sono i progetti futuri? Un nuovo singolo, dei live, un disco?

«Si sto preparando lo spettacolo con il supporto di Augusto Cozzolino, Amedeo Serra, Alessandro Aloi ed Antonio Originale rispettivamente synth, chitarra, basso e drum. Per i progetti futuri ho tante cose in programma, ci saranno novità a breve»

Maria Rosaria Corsino

Foto di Massimo della Volpe

Leggi anche: Leephunt: io, loro e il primo singolo (https://www.latestatamagazine.it/2020/01/21/leephunt-io-loro-e-il-primo-singolo/?fbclid=IwAR1UQuJBucY2Po9luBCwMy88eiCGlnl52ojeKI4RxcxZZFwzSO0Jx9PsNIQ )

Maria Rosaria Corsino

Maria Rosaria Corsino nasce a Napoli il 26 Dicembre 1995 sotto il segno del Capricorno. Laureata in Lettere Moderne, si accinge a diventare filologa. Forse. Redattrice per “La Testata”,capo della sezione di grafica. Amante della letteratura, della musica, dell’arte tutta e del caffè.

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