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Allah Loves Equality: il mondo LGBT+ in Pakistan

A circa un anno dall’ufficializzazione della legge che riconosce il “terzo genere” in Pakistan, il lavoro di Wajahat Abbas Kazmi con il suo “Allah Loves Equality” si presenta come uno dei più emblematici baluardi della voce LGBT+ islamica.


Da prima della promulgazione, e purtroppo ancora oggi, le condizioni in cui versa la comunità LGBT+ sono problematiche: tra i fanatismi religiosi (non legati solamente all’Islam) e le intricate trame socio-culturali del paese, gli omicidi e le discriminazioni di genere sono ancora all’ordine del giorno.

Wajahat Abbas Kazmi è un regista e attivista LGBT italo-pachistano ed è l’autore del meraviglioso documentario “Allah Loves Equality”, un ponte tra il mondo occidentale e quello islamico senza pregiudizi e senza stereotipi; la nuda e cruda realtà delle comunità LGBT+ pachistane.

“Dopo il mio coming out, 4 anni fa, ho deciso di andare in Pakistan  per dare voce a tutti quelli che vivono nei paesi islamici, partendo dal Pakistan che è il mio paese”

L’idea nasce, quindi, dal desiderio di dar voce a tutti quelli che ancora oggi nei paesi islamici subiscono discriminazioni e violenze solamente perché appartenenti ad un orientamento sessuale diverso da quello imposto dallo stato e demolire una volta per tutte tutti gli stereotipi legati al mondo LGBT+ in relazione all’Islam.

Wajahat è apertamente omosessuale e fedele devoto musulmano, a dimostrazione del fatto che l’Islam è una religione che permette un contatto diretto con Allah, un dio che “ama l’uguaglianza” e non discrimina. I problemi della comunità LGBT+, quindi, non sono strettamente legati alla religione e alla dottrina islamica, piuttosto alla strumentalizzazione di essa che i regimi dittatoriali hanno perpetrato dal secolo scorso, vedendo così il Pakistan e altri stati passare da un mondo liberale e laico ad un totalitarismo islamico.

Il regista ci porta con sé in un viaggio attraverso il Pakistan, intervistando alcune delle figure più emblematiche dell’attivismo LGBT+ sul territorio: da Qasim Iqbal, ex informatico della Microsoft deportato in Pakistan dopo la diagnosi di HIV, a Hannan Sidique, makeup artist di successo che non può sposare il suo amato Ali perché questo già promesso sposo ad una donna tramite matrimonio combinato.
Il grande lavoro di Wajahat Abbas Kazmi porta alla luce verità scomodissime agli occhi di tutti i media e regimi politici occidentali che propinano sempre il solito “lavaggio del cervello”, così come lo definisce lo stesso Wahajat, a proposito delle popolazioni islamiche; la transessualità, e tutte quelle identità e orientamenti che oggi non sono accettate, non solo sono sempre esistite e hanno fatto parte della società islamica, ma erano anche socialmente accettate e avevano importanti ruoli nella società , così come lo erano anche le donne ai tempi del Profeta Maometto (si noti bene che la moglie del Profeta era una donna d’affari libera e assolutamente indipendente).

Figure millenarie come le Khawjasara Sira sono sempre esistite e oggi rappresentano un esempio di come le comunità LGBT+ si siano aggregate creando famiglie di fatto in cui tutti i membri, a prescindere da orientamento e identità di genere, si sentono amati e supportati.

Ecco il promo del documentario: https://www.youtube.com/watch?v=8TFcjzVUQjA

Antonio Alaia

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