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“L’infelicità va imparata, è un atto creativo”: “Spaccanapoli Times” di Ruggero Cappuccio

Lo spettacolo “Spaccanapoli Times” del drammaturgo, regista e attore Ruggero Cappuccio ha aperto la stagione 2019/2020 dello splendido Teatro Sannazaro di Napoli, restando in scena dall’11 al 13 ottobre.

Ogni cinquant’anni circa – rischio di essere approssimativa – nasce un autore, un drammaturgo la cui sensibilità cambia il linguaggio dell’arte teatrale, trovando nuovi mezzi di comunicazione con il pubblico e con il teatro – luogo stesso. Il modo di percepire gli spazi, gli attori all’interno di questi stessi spazi, la funzione del testo, il movimento assume dinamiche impensate, impreviste.

Ruggero Cappuccio è il drammaturgo di questo cinquantennio (o giù di lì). La carica innovativa, vitale e riflessiva del suo teatro ha scosso e incantato il pubblico  dal 1994, quando con Delirio marginale e Shakespea Re di Napoli ha soffiato nuova vita nella lingua napoletana e teatrale in egual misura. Un atto creativo, nel senso letterale del termine: la creazione ex novo della musicalità, della terminologia, della variazione di registro. Mi sono sempre chiesta cosa ci fosse dietro, dentro, quei drammi che erano commedie e commedie che diventavano drammi. Ridere e piangere, riflettere e sorridere, annuire e stupirsi, non capire precisamente come, né perché, eppure emozionarsi. Me lo sono chiesto tutta la vita, finché, poi, ho deciso di risolvere i miei dubbi nell’unico modo che mi riconosco funzionale: scrivendone. Ho reso il teatro di Cappuccio il mio argomento di studio, l’oggetto della mia ispirazione ma anche della mia analisi: ho deciso, in poche parole, di rendere le sue opere il mio argomento di tesi magistrale. Tuttavia, non è questo il personalissimo e dolente tasto che toccherò.

Parlerò, invece, di Spaccanapoli Times e di quanto l’iter teatrale di questo autore continui a stimolare, maturando seppur mantendo viva quella scintilla, quella forza rivoluzionaria ed esplosiva degli inizi. Lo spaccato di vita dei fratelli Giuseppe, Gennara, Gabriella e Romualdo Acquaviva (magistralmente interpretati da un esilarante Giovanni Esposito, una carismatica Gea Martire, una intensa e divertente Marina Sorrenti ed infine dallo stesso Cappuccio, grande tanto sul palco quanto sulla carta scritta), i “pazzi veri” riunitisi dopo anni nella loro casa di famiglia in Spaccanapoli, appunto, per dimostrare ad un funzionario pubblico dell’INPS (interpretato dal sempre gigantesco Ciro Damiano) – garante della loro pensione d’invalidità – quanto siano realmente pazzi, è restituito attraverso una messa in scena impeccabile, un’illuminazione perfetta, un linguaggio del sud ricco di inglesismi ironici, precisi. L’intervento di Giulio Cancelli, nei panni del fidanzato non- fidanzato di Gennara, porta lo spettacolo sul piano del paradosso, dell’assurdo. La coreografia inscenata con Esposito e Cappuccio è un piccolo numero di danza, sperimentale, spiritoso.  La riflessione sulla modernità, sul lavoro, sullo spazio occupabile dall’arte nel mondo moderno è diluita in tutta l’opera, ma la forza, la sorpresa è rappresentata dagli  intermezzi comici, pezzi a se stanti ma mai completamente slegati dalla narrazione. La comicità che piega in due il pubblico, in preda a risate incontrollabili, è pur sempre un risvolto di quella ossessività folle che piaga  e rende estranei  i quattro fratelli alla  veloce, impaziente, tecnologica contemporaneità. Non amo, nelle mie recensioni, dilungarmi troppo sulla trama, raccontare la storia: l’effetto sorpresa è importante. Lo spettatore deve tenersi aperto, lasciarsi gettare in un luogo a lui sconosciuto e smarrirsi: dal buio, a tentoni, muoversi per  trovare l’interruttore, la miccia della comprensione che accende l’intelletto. Ogni spettacolo è un viaggio, un’esperienza, parte dal niente ed illumina un qualcosa, un qualcosa che riprecipita eventualmente nel buio iniziale e della quale resta un’eco, un’eco dell’animo.

Non tutte le opere sono in grado di farsi esperienza, di farsi eco nella mente di un altro, ma Spaccanapoli Times induce al riso, al pianto, al ballo, al canto, sprona al sapere e all’inconscio, al razionale e all’irrazionale. Il viaggio è senso e non-senso, un’altalena costante, così deve essere per formarsi ed esistere. L’arte è un fare. Ruggero Cappuccio lo sa bene e adesso, grazie al suo fare, lo sappiamo anche noi.

Spaccanapoli Times sarà ancora in scena a Milano, dal 15 al 20 ottobre, al Teatro Elfo Puccini. Se siete a Milano, vi consiglio vivamente di regalarvi queste due ore di divertimento, riflessione, esperienza.

Sveva Di Palma

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La Redazione

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