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Napoli Film Festival: Dernier amour e il Casanova di Benoit Jacquot

L’Institut Français di Napoli, come ogni settembre, ospita e accoglie – assieme all’Istituto Cervantes, al Goethe Instiut e a svariati cinema della città – proiezioni ed incontri della rassegna Napoli Film Festival. Il primo film ad inagurare l’edizione 2019 è il Dernier amour del regista parigino Benoit Jacquot, accompagnato per la serata dalla nostrana Valeria Golino.

La proiezione del film è preceduta da un breve rendez-vous con il regista, il quale – assieme alla bella, intensa Valeria Golino – presenta l’ispirazione, la fiamma dietro la pellicola. Una miccia accesa, un seme piantato in gioventù, quasi cinquant’anni fa, dopo una lettura tardo adolescenziale di Casanova. Casanova è un personaggio pericoloso, controverso, facilmente associabile e trincerabile in stereotipi triti e stanchi.

Abbiamo visto un Casanova di Fellini, macchinoso e visionario, fare l’amore con le donne come se fossero robot, manichini, bambole. O il Casanova di Heath Ledger, nel film diretto da Lasse Hallstrom, dipinto come giovane anti-eroe dalla redenzione facile.

Jacquot, regista più sensibile alle sfumature dell’animo umano, ricercatore del sentimento e dell’atmosfera, focalizza la sua storia su un Casanova invecchiato – interpretato dal bravissimo Vincent Lindon – stanco, cupo. Possiamo dire che Dernier amour sia un film girato con grande attenzione nei confronti della vita, del cinema, ma che sembra aver scelto di non rappresentare alcun tipo di gioia.

In fondo, un Casanova di mezza età si trova a narrare alla giovane pupilla dell’unico grande amore della sua vita, quello mai consumato, sfuggente. Dopo il suo esilio, il famoso donnaiolo si reca a Londra, dove inizialmente procede con la sua vita di bagordi, sesso e vino, feste e frivolezze. Tuttavia, anche questi preludi sono restituiti con colori scuri, inquadrature morbose, mai ampie o gioiose. Non è una vicenda allegra, tiene a precisare e ribadire il regista. In questi sfarzosi ambienti di superficialità e orpelli, Casanova incontra la bella cortigiana Charpillon – interpretata dalla ventottenne Stacy Martin – una donna dalla brutta fama. Attraverso una serie di scelte di montaggio intelligenti e inquadrature sensuali, delicate e nette al contempo, molto vicine a dipinti dai forti chiaroscuri, Jacquot ci permette di penetrare la tensione dei corpi e la passione ingannevole che sembra nascere e crescere tra i due protagonisti. Ingannevole, infatti, come ci appare la Charpillon, spigolosa ed enigmatica, erotica di un erotismo prepubescente e algido, Lolita decadente e maliziosa.

La bellezza di Stacy Martin, dolorosa ed inecifrabile, a metà tra l’innocenza e la sessualità sfacciata, resta impressa quanto il quesito finale del film: come si sa se è amore? È amore solo se fa male? O, solo se fa male, l’amore riesce ad essere riconosciuto come tale, unico tra le emozioni?

Agli spettatori, il compito – impensabile – di trovare una risposta. Il film, come il suo finale meditabondo e aperto, non trova – e forse nemmeno cerca – risposte. L’emozione è nella domanda.

 

Sveva Di Palma

La Redazione

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