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Miracolo-Maradona: il culto del D10S del calcio firmato Kapadia

Il Premio Oscar Asif Kapadia racconta il mito-Maradona e l’uomo-Diego nell’attesissimo docu-film presentato al festival di Cannes: parte il conto alla rovescia per il pubblico partenopeo.

Lui è un mago con il pallone
Io l’ho visto alzarsi da terra
e tirare in porta
soffia il vento d’argentina
davanti agli occhi spalancati
e pieni di grande speranza
e al momento giusto
suona il tango per magia

Pino Daniele canta così in Tango della buenasuerte il D10Sdel calcio, fuoriclasse argentino  –idolatrato come un secondo patrono di Napoli – che ha segnato gioie e fortune dei partenopei, mito globaleche ha ispirato una tradizione sociologica confluita in libri, videografie e pellicole cinematografiche, tese a ripercorrere tutto l’alfabeto maradoniano di glorie, smarrimenti e rinascite.

L’entourage di appassionati del Pibe de Oro, sparsi in ogni angolo del Sud del mondo (e non solo) attende trepidante l’uscita di Diego Maradona. Rebel. Hero. Hustler. God, il docu-film del Premio Oscar Asif Kapadia, già presentato a Cannes e proiettato l’8 giugno in anteprima assoluta in Italia al Biografilm Festival, per poi arrivare nelle sale a settembre.

Attraverso lo studio di 500 ore di materiale audio-visivo inedito, il regista britannico di origini indiane ha costruito il suo lungometraggio, inabissandosi in un audace viaggio nel passato:è il 5 luglio del 1984, indimenticabile annata in cui la SSC Napoli fa il colpaccio di mercato più indovinato della storia azzurra, acquistando il campione di Buenos Aires alla modica cifra di 13,5 miliardi di lire.

Le prime immagini del teaser-trailer sono un tripudio di cori cantati a squarciagola dagli 80.000 ultras partenopei,divisi tra gioia e incredulità, accalcati sugli spalti della curvaB – mentre allungano le braccia imploranti, desiderosi di toccare quell’apparizione quasi sovrannaturale – e adoranti quel metro e sessantasette di talento prima ancora che facesse prodezze sul prato del San Paolo.

Poi la conferenza stampa, gremita di giornalisti, flash e caos, in cui Diego promette di ricambiare con l’esperienza dei suoi piedi scattanti il calore esplosivo della tifoseria. Quel giorno, che nessun napoletano potrà fare a meno di ricordare con un velo di nostalgia e di commosso orgoglio partenopeo, segnerà l’inizio di una stagione irripetibile trainata dall’argentino: due scudetti e una Coppa Uefa.

Poi il declino del Pibe, finito nei giri della tossicodipendenza e tormentato dalla sua altalenante vita privata. Sulle musiche del compositore brasiliano Antonio Pintole note di accompagnamento al film recitano:“Questa è la storia selvaggia e indimenticabile di un dio, di chi ha vissuto la gloria, la disperazione, il tradimento, la corruzione e la redenzione”.

Certo non è la prima volta che Diego viene scelto come soggetto filmico: già altri, prima dell’esperimento documentario firmato Kapadia, si sono addentrati nel campo minato Maradona. Marco Risi in Maradona – La mano de Dios, uscito nel 2006, a differenza dei biopicmovies, ci offre la versione cinematografica delle sue sequenze di vita, ripercorrendo le bravate calcistiche di un giovanissimo Diego, la turbolenta carriera in età matura e la vita familiare. Commovente è la carrellata di meravigliosi tocchi di pallone sulle note di “Je so’ pazzo” di Pino Daniele.

Emir Kusturica nel 2008,dividendo il set tra Buenos Aires, Belgrado, Napoli e L’Havana, crea un ritratto quadridimensionale dell’argentino – raccontato come campione leggendario, uomo dissipato da droghe e ricoveri, rivoluzionario mancato con i volti del Che e di Castro tatuati sul corpo e infine padre –filtrato attraverso la personalissima idea che «Maradona sarà sempre più grande dell’effetto che le droghe hanno avuto su di lui. È un artista».

Invece, nello specifico, l’intento di Kapadia– che ha vissuto a lungo a Napoli per attingere ad archivi e ricostruire in modo verace il soggiorno del campione nel golfo – era quello di analizzare, con un approccio quasi antropologico, le ricadute sociali di un individuo privilegiato dal dono dell’eccezionalità, che fa breccia in un sistema precostituito.

«Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires.» affermò Diego quel 5 luglio, in occasione della presentazione ufficiale allo stadio San Paolo. E, a distanza di anni, la sua fama planetaria racconta che ha fatto centro: la bassa estrazione sociale del calciatore non ha potuto che creare un mito sportivo “democratico”, unambasciatore dei valori del popolo, portavoce degli umili osannato dalle folle che si eleva contro lo strapotere delle squadre del ricco Nord.

In Sud America si ravvisano veri e propri fenomeni di idolatria: a Rosario, in Argentina, è stata fondata l’ Iglesia Maradoniana, una comunità di fedeli che dai 200 membri del 1998, è riuscita nel tempo ad attirare 80.000 adepti, inaugurando un calendario su misura di D10S: la conta degli anni partirebbe dalla nascita del Pibe de Oro, siglando ogni annata con l’acronimo d.D. (después de Diego – dopo Diego). Anche a Napoli è nata una religione in suo onore, Diego ha assunto le fattezze di un santone da venerare, cui implorare benedizioni.

Ne è una prova l’edicola votiva fabbricata in uno storico bar in Via San Biagio dei Librai, un altarino che incornicia una foto di Diego con la maglia azzurra accostato ad una teca, in cui è gelosamente custodito un capello di Maradona, una reliquia sacra da adorare e a cui chiedere la “grazia calcistica” prima delle partite.

Il caffè Nilo, sito ai decumani, nel cuore sanguigno della città, rappresenta ormai una tappa obbligata anche per i touroperator – oltre che per i fedelissimi adepti locali – che trascinano folle di stranieri nei luoghi-simbolo della cultura napoletana, ed è testimonianza di un culto genuino e straordinariamente sentito dal popolo.

Nel 1991 si è tenuto a Napoli un congresso interamente dedicato a lui, intitolato Te Diegum, al quale intervennero studiosi e intellettuali di spicco dell’alta società partenopea, a raccontare la fenomenologia di questo mito.

La più recente manifestazione di affetto verso questo eroe del pallone è datata al 5 luglio 2017, quando Maradona ha ricevuto la cittadinanza onoraria presso Palazzo San Giacomo, seguita da lunghi festeggiamenti a Piazza del Plebiscito, stretto nell’abbraccio del popolo napoletano, legato a questa figura mitologica da un lucchetto di carne che non potrà mai essere reciso.

Francesca Eboli

La Redazione

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