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Zijin Cheng: la storia dietro il cuore di Pechino

La città proibita (Zijin Cheng, letteralmente “Purpurea città”) fu residenza delle dinastie cinesi Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911). Situata nel centro di Pechino, attuale capitale della Cina, rappresenta la costruzione più importante che ci sia rimasta dell’età imperiale: una città nella città, fornita di tutti gli sfarzi di cui gli imperatori richiedessero per governare il grande impero.

Custode di un’immensa storia cittadina, Beiping non nacque affatto come capitale cinese, ma furono i Jurchen nel 1153 i primi a farne la loro residenza estiva; fu poi la volta dei Mongoli che, nel 1271 vi fondarono la loro «città del Khan». Solo nel 1420 vi entrò per la prima volta un imperatore cinese quando, sotto l’impero di Yongle, vennero completati i lavori per la costruzione della Città Proibita, iniziati nel 1407. Il nome della nuova capitale divenne così Beijing (Bei: nord, Jing: capitale, “Capitale del nord”). Infatti, il dispotico controllo del territorio da parte dei primi imperatori Ming era organizzato su un sistema di 3 capitali: Beijing, Linhai (capitale del centro di importanza marginale; fungeva da punto di riferimento) e Nanjing (Nan: sud, Jing: capitale, “Capitale del sud”; odierna Nanchino).

La città proibita è una costruzione grandiosa di 1000×800 m, con più di 9000 vani e molti luoghi volti a soddisfare i bisogni della corte: cucine, stalle, officine, sale per le udienze, giardini, ecc. Qui vi veniva data la lettura degli editti e vi venivano proclamati i nuovi imperatori. La Città Proibita è circondata da mura alte 7,9 metri. Le pareti, alla base, sono larghe circa 9 metri per poi assottigliarsi a circa 6 metri in cima. Queste mura servivano sia come difesa sia come sostegno per i palazzi. Meno conosciuta anche come “Città dei templi e dei giardini”, presentava anche lussuose residenze dei principi imperiali e palazzi. Uno di questi è il Yuanming Yuan, progettato da Giuseppe Castiglione che, recatosi in Cina, vide terminare la costruzione nel 1707. Adibito a residenza estiva degli imperatori Qing, venne quasi totalmente distrutto nel 1860, dopo la Seconda Guerra dell’oppio. Oggi è possibile visitare i pochi resti di questo gioiello della Cina imperiale. La Città Proibita cambiò nel XX secolo, quando dopo la fine dei Qing le mura difensive vennero rase al suolo e furono creati degli spazi pubblici. È la modernità: il popolo prende possesso degli spazi cittadini. Successivamente arrivano le prime orde turistiche per osservare «l’antica capitale» che poco dopo venne parzialmente devastata. A seguito dell’industrializzazione, le mura della città caddero e nel centro fu creata la famosa Piazza Tian’anmen per le sfilate e le parate militari. Questa è la stessa piazza in cui avvennero la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese da parte di Mao Zedong il 1º ottobre 1949 e le proteste di piazza Tian’anmen del 1989. La Città Proibita ci fornisce una duplice prospettiva di sé: a sud conserva la sua antica maestà e allo stesso tempo fa da specchio ai mutamenti sociali del XX secolo. Oggi, nel bene e nel male, la «Purpurea città» esprime il simbolo politico centrale della Cina.

di Lisa Scartozzi

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La Redazione

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