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Blade Runner – ma gli androidi sognano pecore elettriche?

di Francesca Caianiello

Blade Runner nasce dall’adattamento del romanzo di Philip K. Dick, Do Androids Dream of Electric Sheep?, letteralmente Possono gli androidi sognare pecore elettriche? ma reso in italiano come Il cacciatore di androidi.
Prodotto nel 1982, è un film cult da vedere almeno una volta nella vita.

2019, Los Angeles. In una città distopica e assolutamente futuristica avviene il miracolo della scienza. I replicanti sono stati generati e sono tutti di gran lunga superiori agli umani. Assimilabili a delle divinità per bellezza, dotati di grande forza fisica, assolutamente intelligenti, molto più acuti di qualunque essere umano.
Il loro difetto di fabbrica? Avere una vita limitata alla durata di quattro anni.
I replicanti sono stati creati affinché lavorino come schiavi nelle colonie extramondo e una volta arrivati lì non possono assolutamente tornare sulla terra.

Sei dei più evoluti replicanti decidono di fare ritorno in città, ovviamente senza farsi scoprire, per cercare un modo per poter prolungare la propria vita. Il loro intento è quello di penetrare furtivamente nell’azienda dove sono stati prodotti, scoprire il segreto della propria creazione e riuscire a ottenere una durata di vita maggiore.

Dei sei geniali replicanti, tre uomini e tre donne, due escono subito di scena, restando folgorati in un campo elettrico. La vita dei restanti quattro compagni non sarà semplice però, perché Rick Decart – interpretato da un grande Harrison Ford –, cacciatore di taglie e agente dell’unità speciale Blade Runner, è alla loro ricerca per distruggerli.

I replicanti, avendo ottime capacità di adattamento, non dovrebbero trovare difficoltà nel sopravvivere. Le loro tensioni sono legate solo al tic-tac di un orologio biologico capace di registrare un tempo vitale troppo breve.
La popolazione di Los Angeles a causa dell’eccessivo aumento demografico ha deciso di trasferirsi nelle colonie extramondo, dove avrebbe potuto condurre una vita migliore. In città sono rimasti solo coloro i quali non sono fisicamente adeguati a compiere un viaggio nello spazio o coloro che non hanno abbastanza denaro per spostarsi. La città è buia, triste, il sole è coperto da un alone scuro.
In questa città-cimitero, affollata solo da “popolazione di scarto” e animali sintetici, si svolgono le indagini di Decart.

Ma come distinguere un replicante da un essere umano?
Le fattezze sono pressoché identiche. I replicanti vengono generati già adulti, hanno ricordi dell’infanzia, ma questi sono stati solo innestati nella loro mente.
I presunti replicanti sono quindi sottoposti a un test per la valutazione degli stati emotivi. In base alla dilatazione o restringimento della pupilla si può scoprire se le esperienze che vengono citate siano effettivamente state vissute o solo innestate nella memoria.

Decart, tra innamoramenti e peripezie, prova a portare a compimento la propria missione, raccogliendo da Roy, uno dei replicanti, freddo, ariano e senza difetti, una delle più belle confessioni e uno dei più bei monologhi che la storia del cinema abbia mai conosciuto:

«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.»

Dimostrazione di come una vita con ricordi “falsi” e dalla durata infinitamente breve possa aver conosciuto e visto cose che chiunque altro non avrebbe potuto neanche immaginare.
Dopo tutto si sa, l’immaginazione è limitata. Ciò che i replicanti hanno avuto modo di conoscere è qualcosa completamente al di fuori di ogni schema umano, inimmaginabile.

Perché però dopo tutti questi anni Blade Runner resta un cult?

La critica e i fan hanno dibattuto a lungo su quello che poteva essere l’epilogo della storia.

Decart, così scrupoloso e sagace, non potrebbe lui stesso essere un replicante?
Di ipotesi ne sono state fatte tante, ma la risposta è arrivata solo nel 2000 grazie alla dichiarazione di Ridley Scott, regista dell’opera. Ebbene sì, colpo di scena, lo stesso Decart è un replicante. Non vi svelerò il motivo ma vi lascio un indizio: durante il film fate attenzione… agli unicorni!

Buona visione!

disegno di Sonia Giampaolo 

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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