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Più della vita

Mugliè,

è così che ti chiamavo, ricordi?

È un anno che sono qui ad andare avanti senza di te e senza i tuoi occhi marroni che, per me, erano più trasparenti e rassicuranti del cielo più celeste.

Perdonami se ti scrivo solo ora, mugliè.

Solo ora ho potuto.

Ma non sai quante volte ti ho cercato,

ti ho parlato,

ti ho toccato.

Non sai quanto mi fa male sapere che tu non conosca di cosa sono fatte le mie carezze, ma ti posso assicurare che io sento ancora la tua pelle, quando ti sfioro.

Qui è tutto bellissimo, ma non così tanto come lo era lì giù, con te.

Sapessi che belle le albe e i tramonti che vedo da qui, sono esattamente come ti sarebbero piaciute: senza nessun confine.

Posso perfino rincorrere le nuvole, posso illuminare le stelle, posso soffiare il vento nella direzione dei tuoi capelli quando sei triste, così da ricordarti quando te li mettevo dietro l’orecchio, quando eravamo giovani.

Ti ricordi la nostra giovinezza, ciuciù?

Quanto tempo è passato… ma io ricordo ancora perfettamente la prima volta che ti ho vista.

Erano le sette di sera di un lunedì come altri.

Stavo dal mio amico Vincenzo e mi ero affacciato al balcone di casa sua per guardare il tramonto.

Mi è sempre piaciuto farlo e tu o saje buon mugliè, perché da quel giorno i tramonti per me hanno assunto un viso e un nome preciso: il tuo.

Quel giorno, ciuciù, tu eri lì, nella terrazza dell’appartamento affianco a quello di Viciè.

Stavi spazzando con cura ogni singola mattonella ed eri talmente magra che mi sembravi “na scop che tenev nman nata scop“.

Te lo ricordi, mugliè, quando te lo dicevo?

Te lo ricordi come abbiamo riso?

Poi ti sei voltata e mi hai guardato di sfuggita, con la luce del tramonto che rifletteva sul tuo viso e ti costringeva a stringere gli occhi.

Eri bella ciuciù.

Eccome se eri bella.

Mai avrei potuto desiderare un volto migliore per i miei tramonti.

Eri vestita di bianco, sembravi un angelo.

Un angelo imbronciato, però.

È sempre così che sei stata: immusonita.

Hai vissuto la guerra, sei dovuta scappare con la tua famiglia dall’Istria, hai imparato in fretta ad inspessirti la pelle, a stare sempre “sull’attenti”.

Ed è così che sei stata per me, come un soldato sempre pronto a sacrificare l’ultimo pezzo di cuore.

Ti ho amato tanto soprattutto per questo.

Perché hai costantemente lottato per me, con me.

Non hai mai lasciato la mia mano da quando te l’ho tesa.

Sono sempre rimaste cucite strette strette, l’una nell’altra.

Quante volte ho preso in giro quel tuo broncio, mugliè.

E quante volte tu ti arrabbiavi, diventando ancora più bella.

Mi piaceva farti gli scherzi.

Volevo tenerti viva, come tu hai sempre tenuto vivo me.

Ancora ora, che sono al di là del cielo, mi basta guardarti per sentirmi più vivo che mai.

Sei stato il primo battito che mi ha acceso il cuore e l’ultimo a cui l’ho dedicato prima che si spegnesse.

Tu sei sempre stata più di quanto io abbia potuto immaginare.

Mi dispiace ciuciù.

Mi dispiace di non averti dato quello di cui avevi bisogno come meritavi,

ma ti ringrazio per avermi amato lo stesso.

Per aver voluto condividere ugualmente con me tutta la tua vita.

Sappi che ti ho amato da sempre.

Ti ho amato da quel lunedì sera e ti ho amato fino a quel martedì pomeriggio del 26 di aprile, quando sono andato via.

Ma io sono ancora lì con te.

Nei bigliettini che ti ho lasciato.

Nelle poesie che ti ho scritto.

Nelle storie che ti ho raccontato.

Ricordi quando quella sera d’estate scrissi su un foglio di carta i nostri nomi sottosopra?

Quel giorno, quando mi chiedesti perché l’avevo fatto, non ti diedi una risposta.

Non sapevo come dirtelo.

Pensavo che avrei avuto modo di farlo più in là, ma la malattia ha deciso di mettersi in mezzo, impedendomi di adempiere alla promessa che avevo fatto a me stesso.

Ma ora non è ancora tardi abbastanza.

Quella sera scrissi i nomi sottosopra perché era il mio modo per dirti che mi hai capovolto la vita.

Ij so rinat ccu te mugliè, e tu sai quanto mi è costato rinascere da quella vita che non volevo più.

Sei arrivata nel momento in cui non avevo nessuna certezza.

E sei stata la mia.

Scusa se ti ho coinvolto nei miei guai.

Se ti ho reso difficile stare con me.

Scusa se non sono stato alla tua altezza.

Io ho sempre creduto di saper correre bene nella vita.

Di poter scavalcare ogni ostacolo ed essere di riferimento per tutti, anche per te.

Ma la verità è che tra i due, chi correva più veloce eri tu.

Sono io che non sono mai riuscito a stare al tuo passo.

Anche adesso che tiri avanti la tua vita senza di me con una forza immensa, quand’invece io al tuo posto mi sarei crogiolato in un baratro di tristezza perenne, stai dimostrando di essere sempre un passo avanti.

Ed io ti amo.

Ti amo ancora più immensamente, ora che sono qui.

In un immenso che supera di gran lunga quel “per sempre” che ci siamo promessi 50 anni fa.

Però ora non piangere più, mugliè.

Che qui le lacrime sono fatte di aria e non posso nemmeno piangerle io al posto tuo.

Se piangi, il cuore che mi hai guarito, si spezza ancora più.

Più di quanto si sia già rotto nel momento in cui mi sono accorto di averti costretto a restare senza di me in un mondo in cui la mia assenza ti avrebbe spaventato più della mia morte.

Ma io sono qui, ciuciù.

Io sono qui, oltre quella maledetta morte che ci ha tirato un brutto colpo. E sto bene.

E se lo sono è perché guardo te, sempre.

Sono la pioggia che si scatena forte sul vetro quando sei arrabbiata.

Sono il vento che soffia sul tuo viso quando sei triste.

Sono il raggio di sole che ti bacia tutte le parti del viso come vorrei fare io, ma non posso.

Sono la sensazione di tepore che senti alla pancia quando ridi forte, perché io sono lì a ridere con te.

Anche quando non mi senti.

Non ci hanno diviso gli ostacoli che si sono intromessi nei nostri lunghi anni d’amore e non ci dividerà nemmeno questa distanza.

Non avere paura. Non averne ciuciù.

Le cose cambiano, lo so, ma quelle belle restano.

E tu sei rimasta.

Sei rimasta anche per me.

E il nostro amore farà altrettanto.

Noi siamo più forti.

Noi duriamo oltre la morte, noi duriamo più della vita.

Più della vita, mugliè.

Ricordalo.

Più della vita.

di Alessia Miranda

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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