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Nitsch: quando buttare il sangue è un’arte 

Nitsch, non Nietzsche, quindi state tranquilli: nessuna lezione di filosofia oggi.

Parliamo invece di arte.

Perché Nitsch non è quello che ha ucciso Dio o che ha dato vita a quella corrente completamente travisata del “la vita fa schifo, voglio morire” chiamata anche nichilismo, ma è un artista appartenente al cosiddetto Azionismo Viennese.

Facciamo un salto indietro nel tempo, nei favolosi anni Sessanta, quando la rivoluzione culturale e sessuale muoveva i suoi primi passi per spiccare poi il volo nel ‘68 e in Italia la trinità Festa-Angelo-Schifano la faceva da padrona a Roma in quella cerchia nota come la “Scuola di Piazza del Popolo”.

Noi però lasciamo la capitale per spostarci in Austria dove Nitsch, insieme a Brus, Mühl e Schwarzkogler fonda il movimento sopracitato e che si diffonderà poi anche negli Stati Uniti.

Nitsch in realtà inizia già nel ‘61 a dare vita ai suoi Schüttbilder, opere che hanno una particolarità alquanto macabra, perché sulla tela sono mischiati colori e sangue.

Sarà proprio l’utilizzo del sangue a rendere Nitsch uno degli artisti più discussi del ventesimo secolo

Sangue, viscere di animali, corpi crocifissi sono tra gli strumenti preferiti dell’artista che col suo Teatro delle Orge e dei Misteri vuole disturbare e smuovere le coscienze degli spettatori, mostrando il legame che unisce violenza e sacro, violenza e rito.

Le opere di Nitsch disturbano, non si possono ammirare per un tempo troppo lungo ma è proprio questo l’intento dell’artista.

Quando noi ammiriamo un’opera con un tema macabro (ad esempio, la crocifissione), la nostra attenzione è attirata dalla maestria dell’artista, dall’uso dei colori, dall’effetto complessivo dell’opera che nella sua armonia tratta un qualcosa di non così tanto bello.

Nitsch, al contrario, butta in faccia allo spettatore tutta la crudezza di cui è capace: sangue, corpi dilaniati e ancora sangue.

Non c’è armonia nelle sue opere, non c’è il magistrale uso delle ombre di Caravaggio o i volti angelici e serafici di Botticelli.

Lo stesso Nitsch ha affermato: “Voglio che il mio lavoro stimoli il pubblico, i partecipanti alle mie esibizioni. Voglio suscitarli attraverso l’intensità dei sensi e portare loro una comprensione della loro esistenza”.

All’interno del suo Manifesto, oltre a fare riferimento agli autori a cui si ispira, e cioè de Sade, Nietzsche, Freud e Artaud, spiega come il disgusto e il ribrezzo provato dagli spettatori serve necessariamente per innescare una contro reazione di catarsi e purificazione.

Sicuramente l’intento di Nitsch è quello di salvarci tutti ma molti si sono dimostrati reticenti e addirittura hanno cercato di far censurare queste opere.

L’ultimo episodio si è verificato all’esposizione presso i Cantieri della Zisa a Palermo dove molti hanno protestato contro l’arte nuda e cruda di Nitsch.

Ma noi sappiamo bene che l’arte non deve essere bella, deve suscitare qualcosa.

E quella di Nitsch riesce perfettamente nel suo intento.

Maria Rosaria Corsino

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La Redazione

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