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Rivoluzione sessuale on demand

Le serie tv, oltre ad essere diventate ormai fedeli compagne di vita, sono anche un po’ lo specchio di quello che siamo.

Sono lo specchio del nostro cambiamento, di come i nostri costumi si evolvano e della direzione in cui essi camminino.

Dunque fare un po’ di antologia delle serie tv degli ultimi decenni può essere utile a capire, ad esempio, a quale stadio della rivoluzione sessuale siamo e quanto ancora ci sia da fare in merito.

A cavallo tra gli anni ’90 e il nuovo millennio esce in America Sex and the city: una serie tv in 6 stagioni in cui 4 trentenni si aggirano, non senza difficoltà, nell’intricata giungla delle relazioni amorose. In una rocambolesca e complicata ricerca dell’amore mille imprevisti sessuali e sentimentali, cambi di rotta, ritorni di fiamma, brusche virate e fallimenti.

Da quel momento generazioni di trentenni si sono specchiate e riviste nelle 4 donne newyorchesi, ma soprattutto da quel momento diversi tabù sono caduti. Sex and the city, forse per la prima volta, ha gridato brutalmente e dritto in faccia quanto le relazioni sentimentali possano essere squallide, quanto la mancanza dell’amore a volte possa farci sentire inadeguate e quanto questo possa fare male, ma anche, al contrario, quanto si possa vivere bene quando facciamo pace con noi stessi, quando smettiamo di assecondare richieste. Ma Sex and the city ha un altro merito: quello di aver sdoganato definitivamente il sesso in ogni sua forma: la masturbazione femminile, il sesso puramente ricreativo, il sesso omosessuale, il sesso inteso come sacrosanto diritto al piacere, senza la necessità di imbellettarlo con i sentimenti.

Sex and the city crea una vera e propria rivoluzione culturale nel mondo a volte ancora oscurantista dei trentenni che si affacciano al nuovo millennio. Eppure le quattro newyorchesi non fanno altro che parlare di sesso esplicito ad una platea che il sesso dovrebbe praticarlo, conoscerlo, apprezzarlo. E gli adolescenti allora? Quegli essere ibridi e informi che si aggirano nel mondo delle relazioni interpersonali con la grazia e la sapienza di un elefante, emotivamente e sessualmente analfabeti, che hanno spesso gli orizzonti culturali e l’apertura mentale dei padri pellegrini. Chi ha spiegato loro che il sesso esiste anche da solo, che non necessariamente va giustificato con l’amore? Chi si prende l’onere di dire alle ragazze che, non diversamente da maschi, derivano dalle scimmie e non sono immagini stampate su santini? Chi, gentilmente e per piacere, avverte i ragazzi che quello in onda su porn hub non è sesso reale e che nessuna donna mai si sognerà di chiederglielo?

La mia generazione ha trascorso l’adolescenza nella piacevole compagnia delle deliranti masturbazioni mentali di Dawson’s Creek: serie creata da Kevin Williamson e trasmessa negli Stati Uniti dal 1998 al 2003. Banalissimi amori adolescenziali trattati con la stessa spensieratezza con cui si contano le vittime di una guerra civile; 6 stagioni, 128 episodi e la scena più hot la dobbiamo ad un preservativo scartato; alla veneranda età di 17/18 anni, drammi esistenziali a perdita d’occhio; sesso discusso, sviscerato, analizzato, vivisezionato, filosoficamente giustificato, ma per l’amor di Dio, mai praticato. Dawson’s creek, insomma, ci ha regalato la leggerezza di cui ogni adolescente ha bisogno.

Fortunatamente il nuovo millennio e con lui le decine di piattaforme di contenuti a pagamento sembrano aver compreso che le serie tv possono anche condizionare i tempi oltre che assecondarli e raccontarli. Allora, con l’uscita nel 2019 di Sex education, serie Netflix del 2019 che già nel titolo contiene le sue intenzioni, i millennials  hanno avuto finalmente un racconto veritiero ma al contempo avveniristico di loro stessi, un resoconto dettagliato ma leggero e mai piatto dei loro drammi che non sono mai poi così drammatici.

Sex education è una boccata d’aria nel soffocante mondo della sessualità adolescenziale, un album di fotografie dei momenti imbarazzanti, piacevoli, estasianti, deprimenti e frustranti che il sesso può regalare. Il mondo variegato e caotico di Sex education dà asilo e diritto sacrosanto di esistere ad ogni preferenza, orientamento, perversione, desiderio o esigenza che un individuo, di qualunque sesso e a qualunque età, possa sperimentare e analizza con delicata leggerezza quel naturale disagio che il sesso, quando ancora sconosciuto, porta con sé.

Forse è un peccato che debbano essere delle serie tv a dirci che non ci sono regole o aspettative quando si tratta di desiderio e di piacere, che debba essere un personaggio nato da una penna a sollevarci da imbarazzi e moralistici sensi di colpa, ma è un bene comunque che qualcuno ce lo dica e lo faccia con il giusto tatto e il giusto tempismo.

Valentina Siano

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Valentina Siano

Valentina Siano, classe ’88, professoressa per amore, filologa per caso. Amo la scrittura come si amano quelle cose che ti riescono al primo colpo, non sapresti dire bene come. Scrivo di cultura e spettacolo perché amo il cotone verde del mio divano e il velluto rosso dei sediolini dei teatri. Leggo classici, divoro serie, colleziono sottobicchieri. Sono solo all’inizio della mia scalata alla rubrica gossip di Vanity Fair.
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