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Giornata mondiale contro omofobia, bifobia e transfobia: punto d’arrivo o di partenza?

Il 17 maggio celebriamo la Giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, istituita dall’Unione europea in onore della decisione presa dall’OMS nel 1990 di cancellare l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.

Molta strada ci resta, però, ancora da fare.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il 17 maggio 1990 ha deciso di depennare l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Nel 2007 un evento ideato da Louis-Georges Tin per sensibilizzare alle tematiche Lgbt+ divenne ufficialmente, grazie all’Unione europea, Giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, noto con l’acronimo IDAHOBIT (International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia).

La maggior parte dei Paesi membri delle Nazioni Unite sono in linea con i principi europei ed internazionali, ma in altri il superamento delle discriminazioni per motivi sessuali è ancora un obiettivo su cui lavorare.

Le prime teorie della comunità scientifica sull’omosessualità erano piuttosto vaghe; l’American Psychiatric Association addirittura escludeva gay e lesbiche dal percorso psicanalitico solo a causa del loro orientamento sessuale.

Di diverso avviso era Freud che, da uomo dell’epoca, dimostrava comunque una spiccata umanità riguardo al tema, evidente dalla risposta data ad una madre che chiedeva come poter cambiare l’orientamento sessuale del figlio con la psicanalisi: 

“L’omosessualità non è certo un vantaggio, ma non è nulla di vergognoso, non è un vizio, né una degradazione, e non può essere classificata come malattia: noi la consideriamo una variante della funzione sessuale causata da un certo arresto dello sviluppo sessuale”.

Il percorso per arrivare a cancellare l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali non è stato privo di ostacoli.

L’American Psychiatric Association, nel 1952, la riteneva un “disturbo sociopatico della personalità” perché presupponeva la volontà di tali soggetti di opporsi alla società e alle tradizioni morali, passando, poi, nel 1968 a paragonarla alla pedofilia e alle devianze sessuali. 

Solo nel 1974 si decise di eliminarla dal DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e conservare solo il concetto di “omosessualità egodistonica” che consisteva in una mancanza di armonia con la propria psiche.  

Quando nel 1994 l’omosessualità venne completamente abolita dal DSM, gli psicologi iniziarono a dedicarsi alle tematiche riguardanti la vita di gay e lesbiche, alla qualità delle loro relazioni, ed agli strumenti per fronteggiare al meglio il pregiudizio esterno e quello interno.

Fino ad esprimersi favorevolmente, nel 2000, sul riconoscimento delle unioni civili.

In Italia, invece, l’attrazione verso persone dello stesso sesso non veniva considerato tanto un problema di natura medica, ma piuttosto di ordine morale. 

C’è da dire però che, anche se frutto di un compromesso, il nostro è stato uno dei primi Paesi europei a decriminalizzare l’omosessualità: nel 1889 con il codice penale del ministro della Giustizia Giuseppe Zanardelli. Con il codice Rocco del 1930 si andò nella stessa direzione: il legislatore fascista propose di introdurre il reato di “relazioni omossessuali” ma alla fine si decise di escluderlo perché “non è così diffuso in Italia da richiedere l’intervento della legge penale”.

Le unioni civili sono state riconosciute dal nostro ordinamento civile solo nel 2016.

Attualmente il numero di Paesi nel mondo che riconosce valore legale ai matrimoni tra persone dello stesso sesso è salito a 26. Le unioni di fatto sono ammesse in 27 Stati, mentre l’adozione del configlio del/la partner è legale in 30 Stati, solo 28 permettono quella congiunta. 

Sono 9 i Paesi che contemplano la tutela delle persone Lgbt+ nella propria Costituzione, in 42 sono perseguiti penalmente i reati d’odio per orientamento sessuale e in 39 sono criminalizzati gli atti d’incitamento all’odio, alla discriminazione o alla violenza. Sono 73 gli Stati che vantano una legislazione specifica contro la discriminazione lavorativa per orientamento sessuale e identità di genere.

Ma se dei passi importanti sono stati fatti, la strada per cancellare ogni discriminazione è ancora lunga…

I rapporti tra persone dello stesso sesso sono legali in solo 123 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite.

Se 26 Stati impongono sanzioni per le relazioni omosessuali, che variano dai 10 anni di reclusione fino all’ergastolo, altri prevedono addirittura la pena di morte. In Arabia Saudita, Iran, Yemen, Sudan la pena di morte si applica su tutto il territorio, in Somalia e Nigeria solo in alcune province. Pakistan, Afghanistan, Emirati Arabi, Qatar e Mauritania non riconoscono proprio l’omosessualità come una possibilità.

In 32 Paesi sono in vigore leggi che limitano la libertà d’espressione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.

In 41 Stati l’istituzione o la registrazione di organizzazioni Lgbt+ è giuridicamente ostacolata.

Rosaria Vincelli

Rosaria Vincelli

Rosaria Vincelli è redattrice freelance, laureata in Giurisprudenza presso la Sapienza di Roma e abilitata alla professione di avvocato. Scrive di politiche sociali, diritti civili, ambiente, tecnologia e innovazione, in ambito nazionale ed europeo. Ad aprile 2020 è iniziata la collaborazione con un’agenzia di comunicazione specializzata in comunicazione politica e aziendale; si occupa della realizzazione dei testi e della gestione dei canali social. Per passione, collabora come addetto stampa con alcune realtà culturali della scena napoletana e romana.

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