Arte & Cultura

Quale arte dopo il Covid-19?

Non siamo qui per fare polemica.

Davvero, non vogliamo.

Almeno credo.

Probabilmente mi sbaglio.

Forse questa è una polemica, forse è una protesta, forse è informazione. Non lo so più, ormai cercare definizioni per questi tempi è stancante ed inutile.

La verità sembra più sfuggente che mai, celata sotto parole, promesse, possibilità ancora sospese.

Conviene partire dunque dalle – poche – certezze.

Una delle poche certezze che abbiamo è che la situazione Covid-19 sta penalizzando tutti, sta affossando l’economia e prendendosi vite. Un’altra certezza che abbiamo è che ci sono delle fasce della popolazione più penalizzate di altre. L’arte e gli artisti sono – senza dubbio alcuno – tra di dimenticati, tra quelli il cui futuro è incerto.

Molti credono – e affermano – che le crisi siano momenti di passaggio, necessari all’evoluzione e allo stabilirsi di un nuovo equilibrio. In quanti lo hanno sostenuto, in riferimento al Covid, alla quarantena? Ipotizzando un futuro di maestosi cambiamenti si rendeva tollerabile il distanziamento sociale, la lontananza da qualsiasi parvenza di vita normale.

Con il tempo, ci siamo resi conto che la positiva speranza era sì, una chiave di lettura, una scelta di vita, un’immersione nelle passioni personali. Ed il risvolto propositivo – per alcuni – funziona anche. Ma non è aderente alla realtà dei fatti, non si può continuare a credere che il mondo possa cambiare da sé, che le attuali condizioni debbano essere rispettate senza senso critico , senza la riorganizzazione di un tessuto sociale che vede rimpicciolirsi ogni giorno spazi d’azione e prospettive.

Il valore fondante della crisi esiste anche nel riconoscimento, nel discernimento, nello scrollarsi di dosso l’indolenza di una – seppur conquistata a fatica – indipendenza professionale ed economica, spesso precaria. “ L’artista è destinato a barcamenarsi, a oscillare sempre tra successo ed incertezza” è l’assioma che alberga – seppur dormiente – nelle menti di noi pubblico/massa e talvolta – sfortunatamente – anche in quelle degli artisti stessi.

Il loro diritto di essere protetti, riconosciuti, aiutati, sovvenzionati è sovente scavalcato se non addirittura annullato. In ogni modo, meccanismi poco oleati creano condizioni per cui gli artisti debbano essere pagati a nero, o che risultino loro meno giorni lavorativi di quanti ne abbiano concretamente fatti. È proprio il momento di crisi, di pandemia, di massima disperazione storica quello in cui non si può sopportare di essere ultimi, di essere gabbati e scoperti. È il momento giusto di pensare a tutti, alla loro sopravvivenza e alla loro dignità. La salute è importante, certo, per molti sopravvivere e l’altrui sopravvivenza è l’unico obiettivo, l’unico aspetto importante, ma siamo proprio sicuri che sia così per tutti, senza distinzione? Siamo sicuri che non sia importante anche lo spessore di questa vita alla quale ci attacchiamo così tanto, la sua qualità?

Siamo sicuri che dobbiamo curarci così poco di un’intera fascia della popolazione che è relegata in casa senza sapere se mai tornerà al proprio lavoro, quello malpagato eppur necessario dell’attore, del musicista,  del tecnico del suono, dello scenografo, del danzatore?Siamo sicuri che a questi lavoratori dello spettacolo non vada riconosciuto un reddito protettivo, garante della loro salute, della loro esistenza, della qualità della loro vita? 600 euro sono tutto quello che valgono, per noi? Coloro che producono il materiale che noi consumiamo, occupando il nostro tempo nelle difficoltà. Proprio come adesso, oggi, ora.

Parliamo in concreto, basta pontificare: i social network si sono fatti carico – una tantum – della loro funzione positiva e aggregativa per farsi tramite del disagio – economico ed emotivo – di artisti provenienti da tutti i settori. I musicisti, in particolar modo, sono privi di un albo, di un sindacato, di una qualsiasi istituzione che li protegga e si prenda cura dei loro interessi. Su Facebook, sarà facile trovare dei gruppi (qui sotto elencati) che si stanno organizzando per garantire un sussidio a tutti coloro che sono rimasti senza lavoro e ai quali sono saltati lavori futuri, che hanno perso soldi e vogliono provare a cambiare le cose unendosi. Non solo per l’immediato, ma anche per risanare e riformare il settore artistico in toto. Ecco a voi una serie di link utili, che voi vogliate partecipare o semplicemente informarvi: https://www.facebook.com/zonarossanapoli/, https://www.facebook.com/groups/1058269927876169/,

https://www.facebook.com/attriciattoriuniti/

https://www.facebook.com/LLSSR/

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Sveva Di Palma

Sveva Di Palma

Sveva. Un nome strano per una ragazza strana. 32 anni, ossessionata dalla scrittura, dal cibo e dal vino, credo fermamente che vincerò un Pulitzer. Scrivo troppo perché la scrittura mi salva dal mio eterno, improbabile sognare. È la cura. La mia, almeno.

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