Sociale

Perché abbiamo (e avremo) ancora bisogno del 25 Aprile

25 aprile 1945: il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) proclama l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.

Da quel giorno – anche se diverse azioni militare erano già partite precedentemente –
fino al 3 Maggio 1945 verranno liberate tutte le città italiane, dal settentrione fino
alla Sicilia, durante una delle guerre più emblematiche della storia mondiale.

Nasce così la Festa della Liberazione.


“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.”
– Sandro Pertini, Milano 25 aprile 1945.


Nonostante siano già passati 75 anni dalle famose parole di Sandro Pertini, allora membro fondatore del CLNAI, la Festa della Liberazione è ancora un tema scottante, e purtroppo divisivo, in Parlamento, nei palinsesti televisivi e, peggio ancora, tra l’opinione pubblica.

Corsi e ricorsi storici, derive neofasciste e vecchie glorie della destra moderna. Dopo 75 anni, ancora non si è capaci di tacere nel rispetto dei 40.000 partigiani caduti in battaglia – da sommare al copioso numero di alleati e soldati dell’Esercito Cobelligerante Italiano.
Ancora non si è capaci di ricordare una delle imprese belliche più eroiche della storia. Ancora non riusciamo a celebrare l’emblema di una democrazia attiva che ha lottato per tutti, senza fare distinzioni di razza, genere, ideologia e credo religioso in nome di una libertà collettiva di cui godiamo ancora oggi.

Perché abbiamo (e avremo) ancora bisogno del 25 Aprile?
Di recente è sorta la polemica intorno ad alcune affermazioni fatte da un importante esponente della destra italiana – politico che non citeremo perché solo l’ultimo di una lunga lista di obiettori di coscienza. Si esortava il Parlamento a ridiscutere il tema centrale della Festa della Liberazione attualizzandolo e fondendolo con il recentissimo problema del COVID-19. L’obiettivo? Trasformare il giorno del ricordo della liberazione nazifascista in quello dedicato alle vittime del temuto virus.


La nobile idea di indire un giorno della memoria dedicato alle vittime del Coronavirus era legittima, non avrebbe mai alzato alcun polverone e nessuno vi si sarebbe opposto, se solo non si fosse trattato dell’ennesimo tentativo di strumentalizzare un problema per offuscarne un altro.


Tattiche come questa non sono nuove nell’ambiente politico – soprattutto per quei partiti di deriva populista. Tuttavia, rischiano ogni giorno di danneggiare quel labile confine sociale e politico che proprio la Liberazione ha istituito.


L’idea divisiva non è quella della Festa della Liberazione, evento storico affermato e celebrato unanimemente. Piuttosto, è proprio quella di indurre il popolo a dividersi in obiettori di coscienza – e non – che in teoria dovrebbero decidere se continuare a ricordare la liberazione dal nazifascismo o commemorare le vittime del virus, suddividendosi in “buoni e cattivi” entrando quindi nel mero mercato nero dei consensi.


Il 25 aprile 1945 è passato da più di 75 anni. L’eredità che ci ha lasciati non è solo quella lunga serie di lapidi marmoree incise con i nomi dei periti in battaglia. La sua eredità non è ridotta a quella lunga serie di partiti di sinistra che sono nati successivamente.
La sua eredità è la dimostrazione dell’incredibile forza del popolo nella lotta per la sua libertà, libertà che deve essere preservata come un fiore che genererà altri fiori nelle generazioni successive.


Perché anche quest’anno abbiamo bisogno del 25 Aprile?
Per fortuna, a salvarci dal doloroso fardello della suddetta scelta, è arrivata l’iniziativa del sito 25aprile2020. In collaborazione con La Repubblica.it, LaStampa.it, Radio Popolare, IlManifesto.it, Avvenire, ComuneTorino e CRPiemponte, rilanceranno lo streaming sui loro canali social/siti web.
L’iniziativa allestirà un evento interamente online che avrà come ospiti cantanti, attori, attivisti e l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia).

Le celebrità intratterranno gratuitamente tutti gli utenti in nome della solidarietà, sponsorizzando un’ambiziosa raccolta fondi dedicata proprio alle vittime del virus.
Prova che la risposta non è nella sostituzione, ma nella collaborazione.

Finché esisteranno individui che fanno della strumentalizzazione un potente alleato nella propaganda politica, a scapito dei diritti universali dell’uomo, della libertà di opinione, di parola, di stampa, di religione, di orientamento sessuale o qualsiasi espressione dell’essere umano, che la Festa della Liberazione sia sempre lì, vicina a noi.
Che ci ricordi sempre che il potere finale spetta sempre al popolo. Il popolo non può riposare tranquillo, se anche a mille chilometri di distanza c’è qualcuno, un singolo, che non ha questa possibilità.


Approfondimento: https://www.25aprile2020.it/

Antonio Alaia

Antonio Alaia, o semplicemente ALAIA, nasce contro la sua volontà intorno al 1998. Da allora si trascina tra licei, università e uffici in attesa della fine; nel frattempo scrive di cinema, sociale, politica e tutto ciò che ritiene sia interessante e che possa avere anche il minimo impatto sulla società che lo circonda.

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