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#IoRestoACasa… In tuta!

In questi giorni sui social sta spopolando l’hashtag #IoRestoACasa, volto a spronare i cittadini a dimostrare il proprio senso civico restando nelle proprie abitazioni, in modo da non incrementare il numero dei contagi da Corona virus.

Ognuno sta trascorrendo questo periodo in modo diverso, alcuni dedicandosi ai propri hobby, altri impegnandosi nello studio o nello smart-working, ma una cosa è certa ed uguale per tutti: queste attività, a prescindere dall’età, dal sesso o dalle abitudini vengono svolte da tutti in tuta.

Ammettiamolo, chi ha voglia di indossare i jeans per trascorrere del tempo in casa?

La tuta è, sicuramente, un capo comodo e versatile, ma vi siete mai chiesti quale sia la sua origine?

Chi creò il primo modello di tuta?

Il poliedrico artista, inventore di questo capo è italiano, più precisamente fiorentino di origini anglo-svizzere, Ernesto Michahelles (in arte Thayaht).

Le idee di Thayaht si diffusero per la prima volta in Russia, nel periodo della rivoluzione.

Ebbene sì, la Russia non è famosa solo per gli imponenti edifici alla Gotham city, per le chiese maestose o per i bizzarri matrimoni, ma anche per le idee introdotte da un gruppo di artisti, i “costruttivisti”, che hanno rivoluzionato la storia del costume.

Prima della Rivoluzione russa del 1917, non esistevano abiti confezionati a livello industriale, bensì vi erano poche fabbriche che producevano perlopiù capi di abbigliamento per forniture militari.

I sistemi di lavoro erano primitivi; erano presenti  delle piccole sartorie situate nei quartieri periferici delle città che ricevevano dalla fabbrica le stoffe già tagliate.

La manodopera era formata da donne e ragazzi e il costo del lavoro era molto basso.

Subito dopo la rivoluzione, assistiamo ad un notevole cambio di rotta per quanto riguardava tutti i settori dell’economia.

Le sartorie di tipo artigianale vennero liquidate, ma in compenso vennero creati grandi stabilimenti industriali.

I lavoratori del settore ottennero, finalmente, un’istruzione tecnico-professionale con l’apertura di apposite scuole.

È proprio in questa situazione di progresso che nasce l’interesse per le nuove forme di abbigliamento.

Secondo la famosa stilista e addetta alla creazione dei primi laboratori sovietici di abbigliamento moderno, Lamanova <<L’arte deve essere presente in ogni ambito della vita quotidiana, deve sviluppare il gusto e il senso artistico del popolo. L’abbigliamento rappresenta uno dei mezzi più idonei a questo scopo […] abiti estremamente semplici ma di buon taglio adatti alle nuove esigenze della vita lavorativa>>*

Nell’argomentazione riguardo il nuovo abbigliamento occupa un posto di particolare importanza la corrente artistica che ho citato inizialmente, il “costruttivismo russo“.

Gli artisti che facevano parte di questa corrente, raccolti attorno alla rivista “Lef“, con un articolo databile 1923 resero famosa proprio la nostra amata ed intramontabile tuta, simbolo eversivo rispetto agli schemi della borghesia.

Da allora, Thayaht ha vestito tutte le “tute blu” e, con tante modifiche ed ammodernamenti nel corso dei decenni, anche noi.

* dai protocolli della prima conferenza russa sull’industria artistica, Mosca, agosto 1920.

Catia Bufano

Catia Bufano

Laureata in Lettere Moderne, studia attualmente Filologia Moderna presso l’università di Napoli Federico II. Redattrice per La Testata e capo della sezione Fotografia. Ama scrivere, compratrice compulsiva di scarpe, non vive senza caffè. Il suo spirito guida è Carrie Bradshaw, ma forse si era già capito.

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