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“Delirium tremens”: Marcello Giannini presenta il suo nuovo disco

Non amo presentare gli artisti – attori, scrittori, musicisti – che amo con parole troppo personali, edulcorate da un gusto individuale e soggettivo, da un’emozione troppo intima. Ho deciso, dunque, di lasciare che questo meraviglioso chitarrista napoletano, Marcello Giannini, si introducesse da sé, svelando della sua musica ciò che era disposto a condividere, conducendoci attraverso la sua ventennale carriera e parlandoci del suo ultimo disco: Delirium tremens, in uscita venerdì 22 novembre.

 

Due bicchieri di vino bianco, un’atmosfera informale, chitarre ovunque – la mia intervista a Marcello Giannini è iniziata più o meno così…

Perdonami, non sono una grande intervistatrice. Parlami un po’ di te, della tua carriera di chitarrista a Napoli…

“Sono stato uno dei fondatori del gruppo Slivovitz, con cui ho inciso 2,3,4,5 dischi…sono stato uno dei fondatori del collettivo di musica improvvisata Crossroads Improring. Ho suonato con moltissimi gruppi napoletani, storici, come Daniele Sepe, 99 posse, Flo, La Famiglia, ho lavorato 4 o 5 anni con Enrico Rava. Volevo introdurmi un po’, raccontare la mia carriera, non volevo che i lettori si chiedessero: “Ma chist chi è?”.”

Certo.

Dimmi invece dei tuoi lavori, i primi dischi…

“Questo è il mio terzo disco. Il mio primo disco si chiama Frammenti, il secondo Digital Desert, mentre questo, l’ultimo, si chiama Delirium tremens. È una sintesi tra i miei primi due lavori: nel primo c’erano dei frammenti suonati, molto elaborati dal punto di vista della postproduzione, in modo da renderli quasi elettronici. Ed invece il secondo disco è quasi totalmente elettronico. In questo ultimo ho voluto riprendere tutti i mondi che mi hanno attraversato”.

Quali sono i mondi che ti hanno attraversato?

Sicuramente il mio passato con gli Slivovitz, poi Arduo, un rock duo che avevo con il batterista Andrea De Fazio. Dimenticavo – ride- che attualmente stiamo lavorando… insomma, siamo la sezione ritmica dei Nu Guinea. Minchia, quante cose ho fatto nella vita, eh? Tornando al disco, ho cercato di riprendere gli echi slivovitziani, ma anche rock, ho scritto dei pezzi con gli archi, cosa che ho cominciato a fare ultimamente. Molto divertente”.

Quali sono le tue influenze musicali?

(Dopo varie dissertazioni riguardo la scarsa quantità di vino rimasta nei rispettivi bicchieri)

“Veramente moltissime. Dai grandi gruppi degli anni Sessanta, Settanta, Beatles, Pink Floyd, Led Zeppelin, King Crimson per il prog, al jazz con Miles Davis, Coltrane, Mingus. Sono onnivoro, nella musica bisogna tenersi aperti, adesso ad esempio seguo molto Aphex Twin, Clark, Jon Hopkins. I Radiohead sono il gruppo migliore in assoluto, quello che fa commistione perfetta tra elettronica e rock. Anche la roba anni Novanta, i Pearl Jam, i Soundgarden, i Nirvana”.

Qual è l’emozione dietro il tuo ultimo disco, Delirium tremens, la sua origine emotiva?

L’origine emotiva è stata la morte del mio amico Nando, che è stata la prima esperienza di morte veramente violenta, ha segnato sicuramente la mia esistenza. Questa cosa si è sentita nel concept dell’album”.

Però non si limita a questo, non è un album sulla morte.

No, è un album sull’esistenza”.

Perché si chiama Delirium tremens?

“Innanzitutto perché è il nome del singolo, un pezzo che mi piace molto, ma anche per la sensazione di irrequietezza, di quasi morte di questa sofferenza che si prova per l’astinenza da alcool. Mi piaceva l’idea che il disco fosse talmente disconnesso. È un disco emotivo, c’è tutto ciò che mi piace dentro”.

Dove possiamo ascoltare questo disco, in uscita, dicevamo, venerdì 22 novembre?

Dimenticavo di dire che in questo disco ci sono tanti musicisti napoletani bravissimi, con alcuni dei quali ho condiviso parte del mio percorso, alcuni musicisti degli Slivovitz, jazzisti campani, come Gino Giovannelli, Davide Costagliola. Il disco si troverà su tutte le piattaforme digitali, Spotify, Applemusic, non so se si farà un pre-order in cd, perché credo che il cd sia un formato potenzialmente obsoleto, ma c’è anche questa possibilità”.

Il vino è finito, chiacchierando di musica, esperienza, viaggi, l’intervista si conclude con un consiglio di Marcello Giannini ai giovani che sperano di vivere della loro arte, della loro musica: “Continuate a suonare, non perdete l’idea della musica suonata, anche se adesso è tutto fatto in casa, tutto homemade”.

Il disco, con mio grande onore, l’ho ascoltato in anteprima ed ha veramente molta, toccante bellezza da offrire. Ve ne consiglio vivamente l’ascolto.

 

Sveva Di Palma

Foto di Sabrina Cirillo

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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