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La Torre di Babele, e se vi dicessi che esiste una lettura positiva?

Nell’esegesi sia cristiana che ebraica esistono diverse interpretazioni sulla leggenda della Torre di Babele. Oggi se ne proporrà una addirittura positiva per il genere umano.

Benché preferisca quando si parla di leggende lontane nel tempo una certa tragicità – sangue, guerre, distruzione, male, poiché i fatti narrati essendo troppo lontani nel tempo non intaccano seriamente la mia emotività – ho deciso di raccontarvi un aspetto tutto sommato positivo nella vicenda della Torre di Babele, anche se marginale: la punizione inflitta agli uomini non sarebbe stata una vera e propria punizione ma un disegno divino molto più ampio.

La leggenda della prodigiosa torre è forse tra le storie della Bibbia più conosciute, si racconta che un gruppo di uomini da Oriente siano giunti nella terra del Sennaar, antico nome della Mesopotamia, e lì avessero deciso di costruire una città e una torre altissima, per diventare famosi ed evitare di disperdersi per tutta la terra.

Fu così che iniziarono i lavori. Ma Dio, venuto a conoscenza dei progetti degli uomini, per punirne l’irriverenza e una certa propensione alla grandezza e alla conoscenza (mi viene in mente la vicenda dell’Albero della Conoscenza), confuse i linguaggi cosicché tra di loro non potessero capirsi. È noto, infatti, come prima di allora gli uomini parlassero la stessa lingua.

A pensarci bene la solita minestra scaldata del “Dio condanna e ti impone di restare umile”, forse una lettura limitata a un periodo storico in cui interpretazioni allegoriche di questo tipo facevano comodo. Ma a noi tutto questo non interessa.

Intorno ai testi sacri, più che in altre opere umane, c’è una grande variazione di interpretazioni. Per cui oggi se ne proporrà una un tantino atipica: una lettura in particolare secondo cui il testo potrebbe avere addirittura un’interpretazione positiva, oltre quella punitiva conosciuta ai più. Pertanto la chiave del discorso diviene sicuramente l’uso del termine ebraico שם(Shem): che significa “nome” e può darsi si tratti di una radice associata a qualche aggettivo (es. nome glorioso).

C’è da sapere che, dopo il racconto della Torre di Babele, nella Bibbia segue quello dei discendenti di Sem, uno dei figli di Noè, che dopo il diluvio universale ebbero il compito di ripopolare la terra. Questa potrebbe essere una prova secondo cui la vicenda suggerirebbe l’inizio della diffusione del “nome” e della “gloria” degli uomini costruttori della terra, tutta un’altra storia rispetto a quella che siamo abituati a sentire.

Ovviamente restano problemi di natura critica impossibili da sviscerare in questa sede, inoltre è bene consultare professionalità molto più specifiche. Ciò che vorrei trasparisse, oltre la bellezza di quest’interpretazione, il fascino in generale di una storia, che nonostante il tempo continua a sedurre e comunicarci qualcosa.

Per questo ho ritenuto indispensabile inserire il testo e augurarvi una buona lettura.

Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole.  Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono.  Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta.  Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo.  Il Signore disse: “Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra”.

Fonte: La Sacra Bibbia CEI 2008

Raffaele Iorio

 

 

 

 

 

 

La Redazione

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