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Aleksandra Michajlovna Kollontaj: amore, rivoluzione e libertà

Aleksandra Michajlovna Kollontaj, originariamente Domontovič, fu una rivoluzionaria marxista che seppe coniugare l’impegno politico a favore del movimento rivoluzionario russo alla lotta di emancipazione femminile che le portò il titolo di ministro per l’assistenza sociale. Fu la prima donna ad ottenere una simile onorificenza, tuttavia, come è facile immaginare, la sua vita non fu per niente semplice.

Nacque a San Pietroburgo il 31 marzo del 1872 da una famiglia benestante, il padre era un generale maggiore zarista, ricco proprietario terriero di antica e nobile famiglia, mentre la madre era figlia di un facoltoso commerciante di legname. La sua infanzia e la sua adolescenza trascorsero felici, tra gli agi e i diletti di una qualsiasi altra ragazza dell’alta società. Sura, come solevano chiamarla in famiglia, ottenne lezioni private dall’istitutrice Marija Strachova, la quale frequentava, segretamente e in maniera abbastanza assidua, circoli rivoluzionari. Si diplomò con ottimi voti a soli sedici anni, parlava fluentemente diverse lingue straniere.

Nel suo diario scrisse: “La vita comoda mi piacque fin dall’infanzia, ma sapere che altri soffrivano la fame mentre io stavo bene mi addolorava terribilmente”. Contrariamente a molte altre donne rivoluzionarie, infatti, non si avvicinò al movimento da giovane ma solo in seguito ad un evento molto traumatico che segnò la sua vita: la morte del suo servo Igor, il quale aveva trascorso l’intera giornata a lavorare nei campi con l’unica camicia che aveva nel gelido inverno russo. Questa tragedia la spinse a riflettere sui privilegi della classe agiata che esistevano solo a causa dello sfruttamento delle persone povere, le quali erano destinate, talvolta, addirittura alla morte a causa della loro condizione di inferiorità. Da quel momento decise che avrebbe impiegato la sua vita a combattere le ingiustizie.

Nel 1893 sposò l’ingegnere Vladimir Kollontaj rifiutando un matrimonio di convenienza, organizzato dalla sua famiglia, con un alto ufficiale attendente dello zar. Dall’uomo ebbe un figlio ma, ciò nonostante, vi si separò solo tre anni dopo poiché lui non comprendeva il fervente impegno politico di Aleksandra e lei riteneva soffocante una vita interamente dedicata ad essere moglie e madre. Subito dopo il matrimonio, ella cominciò infatti a lavorare nelle associazioni clandestine che operavano per la liberazione del popolo russo.

Nell’agosto del 1898 si trasferì a Zurigo per seguire all’università le lezioni di economia politica del marxista Heinrich Herkner. Successivamente si trasferì in Inghilterra per studiare il movimento operaio, qui incontrò i coniugi Sidney e Beatrice Weeb esponenti di spicco del partito laburista. I suoi orientamenti giovanili per il populismo rivoluzionario virarono, con la maturazione, verso un marxismo più ortodosso, il che la portò ad avvicinarsi agli ideali di Rose Luxemburg e Lenin. Nel 1899 entrò aderì al partito operaio socialdemocratico, che si ispirava appunto alle idee economico-politiche di Marx.

Ritornata in Russia nel 1903 si separò definitivamente dal marito e iniziò a fare politica nella socialdemocrazia pietroburghese. Il 9 gennaio 1905 la Kollontaj partecipò con gli altri operai alla marcia verso Palazzo d’Inverno prendendo parte alle giornate che seguirono e distinguendosi come brillante oratrice. Fu in quella occasione che conobbe Lenin. Anche negli anni successivi, caratterizzati da intensa attività repressiva da parte del potere zarista, combatté schierata al fianco delle operaie di Pietroburgo. In un primo momento nel 1906 si schierò dalla parte dei menscevichi, criticando l’opposizione dei bolscevichi alla Prima Duma, considerata da quest’ultimi solo uno specchio per le allodole che lo zar aveva utilizzato al solo scopo di placare momentaneamente le acque. Successivamente si trasse fuori dalla divisione del partito socialdemocratico e scrisse così: “Insieme con i menscevichi sostenevo l’idea che anche un parlamento formale poteva e doveva essere sfruttato come tribuna per il nostro partito e le elezioni della Duma dovevano essere usate come strumento di coagulazione della classe operaia: tuttavia dissentivo dai menscevichi per quanto riguardava il coordinamento delle forze operaie con i liberali che, secondo i menscevichi avrebbe potuto accelerare la caduta dell’assolutismo. Su questo punto infatti mi trovavo su posizioni di estrema sinistra, tanto che mi fu affibbiata l’etichetta di sindacalista dai miei stessi compagni di partito”.

Nello stesso periodo approfondisce il suo impegno per la questione dell’emancipazione femminile; pubblicò Gli elementi sociali della questione femminile. Nel 1905, a Mannheim, partecipò alla IV Conferenza femminile della Socialdemocrazia tedesca e due anni dopo partecipò alla Conferenza femminile dell’Internazionale socialista che si tenne a Stoccarda; lei e l’amica Clara Zetkin fecero sentire la loro voce per affermare il diritto di voto per le donne. Nel 1908 partecipò al Primo congresso femminile pan-russo e in questa sede si organizzò in un gruppo con un programma ben preciso con altre lavoratrici che sposavano la sua idea di essere paradossalmente delle “antifemministe”: il loro movimento si distingueva e prendeva le distanze dal gruppo femminista europeo di cui non appoggiava la maggior parte delle idee e di cui detestava la matrice di stampo borghese che lo contraddistingueva.

Nel 1908 venne processata per ben due volte con le accuse di aver svolto attività antigovernativa e di aver inneggiato alla rivolta nel suo opuscolo La Finlandia e il socialismo. Fu, dunque, costretta a scappare dalla Russia. Giunta in Germania milita nel Partito Socialdemocratico e scrive sulla Pravda di Trotsky e lavora intensamente per il giornale La voce delle operaie. Nel 1912 partecipa Congresso internazionale Socialista di Basilea durante il quale stila un piano di assistenza alla maternità che fu in parte adottato anche in Russia ma solo nel 1918. Allo scoppio della guerra mondiale sposa la politica antimperialista di Lenin e si schiera con i bolscevichi. Nel febbraio del 1917 il regime zarista venne abolito e la Kollontaj poté fare ritorno dall’esilio. Con la presa di potere da parte dei bolscevichi, venne eletta, prima fra le donne, al Comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado, diventando punto di riferimento per lo stesso Lenin. Nell’ottobre dello stesso anno, invece, entrò a far parte del governo rivoluzionario, il Consiglio dei Commissari del Popolo, e venne nominata commissario del popolo per l’Assistenza sociale, diventando la prima donna al mondo ad essere ministro di governo e distinguendosi per le sue idee rivoluzionarie, decisamente innovative e sempre fermamente orientate verso i più deboli.

Pur concordando su molti punti con la politica leninista, Aleksandra non divenne mai succube della personalità dello statista russo e affermò sempre con vigore le proprie idee: fu contraria all’introduzione della “nuova politica economica” (NEP) dopo il fallimento del “comunismo di guerra”.  Inoltre, ella era strenua sostenitrice dell’amore libero, il che poteva realizzarsi solo tra individui liberi e contrastava con una società vetusta e repressiva come quella della Russia del tempo in cui il vincolo del matrimonio era solo l’affermazione e la realizzazione contrattualizzata della prigionia e dello sfruttamento della donna. Nel 1923 una rivista pubblicò la sua lettera Largo all’Eros alato, un discorso ai giovani in cui parlava appunto del poter praticare in modo libero e puro l’amore e gettava le basi per una società diversa, libera, appassionata e rivoluzionaria. Grazie all’impegno di questa donna, le donne ottennero il diritto di voto e quello di essere elette, l’accesso all’istruzione, all’assistenza durante la maternità e la parità salariale; successivamente, nel 1920 anche il divorzio e il diritto all’aborto.

La Kollontaj era convinta che con la rivoluzione del ’17 le cose fossero definitivamente cambiate per le donne e per il mondo intero. Purtroppo con l’ascesa di Stalin al potere l’Unione Sovietica subì una decisa svolta autoritaria che abolì molti dei diritti acquisiti dalle donne nel precedente periodo. Aleksandra si ritirò di fatto dalla politica attiva e decise di intraprendere la carriera diplomatica, diventando una tra le prime ambasciatrici al mondo. Venne inviata prima in Messico, poi in Norvegia e quindi in Svezia, probabilmente perché al dittatore conveniva tenerla lontana dal paese. Trascorse l’ultimo periodo della sua vita in completa solitudine ma senza mai smettere di lavorare; tra il 1923 e il 1927 si cimentò nella letteratura scrivendo novelle e romanzi raccolti poi in tre volumi. Nel 1926 un editore tedesco le propose di scrivere la sua autobiografia; dovette abbondantemente autocensurarsi per timore di ritorsione da parte di Stalin. Solo nel 1970 venne pubblicata, infatti, la versione integrale del manoscritto Autobiografia di una comunista sessualmente emancipata. Si ritirò dal lavoro solo nel 1945; morì a Mosca il 9 marzo del 1952.

Luisa Ruggiero

La Redazione

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