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Nawal al-Sadawi: la donna che salvò i corpi e le menti

Nawal al-Sadawi subì la mutilazione genitale in tenera età. In età adulta, iniziò presto a ribellarsi contro questa pratica, attraverso tutti i mezzi che conosceva: studiando medicina tentò di salvare i corpi, scrivendo tentò di salvare le anime di quelle donne condannate – come lei – a nascere e a vivere in un mondo che le ha sempre viste come troppo poco rispetto agli uomini.

Ecco la sua storia.

Quando qualcuno si ribella per ciò a cui tiene davvero, sprigiona una potenza capace di oltrepassare tutto, ma quando a ribellarsi è una donna che ha sofferto e che combatte per ciò che le è stato inflitto, niente, assolutamente niente, è capace di fermarla.

Nawal al-Sadawi è una scrittrice, una psichiatra, una femminista, una delle penne più ribelli del mondo. È nata a Kafr Tahla, in Egitto, il 27 ottobre del 1931 e subì, insieme a numerose altre bambine, la mutilazione dei suoi organi genitali.

Suo padre educò lei e gli altri otto figli al rispetto di se stessi e della loro personale libertà d’espressione, una libertà che Nawal ha difeso e continua a difendere attraverso l’inchiostro della sua penna: Nawal ha infatti scritto numerosi libri sulle condizione delle donne in Islam, lasciando una particolare influenza sulle giovani generazioni venute dopo di lei. Non appena divenuta adulta, iniziò subito a scrivere di quelle pratiche che avevano violato lei ed altre bambine, pratiche dalle quali alcune donne erano uscite senza vita, come la dodicenne Bedur Shaker alla quale fu praticata la clitoridectomia:

“Bedur, dovevi pagare il prezzo della tua cara vita, per insegnare a dottori e chierici che la religione non taglia gli organi dei ragazzi?”

Nawal si laureò in medicina nel 1955, iniziò presto ad operare come medico nel villaggio dove era nata, per osservare e raccontare quello che i suoi occhi vedevano e scoprivano, a raccontare delle differenze tra uomo e donna esistenti nel mondo in cui lei stessa era venuta al mondo. Tentò di proteggere le sue pazienti dai brutali comportamenti dei mariti e fu eletta Direttrice della Sanità Pubblica del Cairo, incarico dal quale venne presto sciolta per le attività politiche compiute dal marito.

Fu ricercatrice e caporedattore di alcuni giornali, mise insieme la sua penna e il suo desiderio di aiutare le donne che come lei rischiavano la vita ogni giorno: di alcune di loro salvò i corpi e le menti, i primi attraverso la medicina e i secondi attraverso la scrittura.

Maledetto destino, colpa tua è stata, colpa tua per aver fatto nascere un fiore in un luogo che lo avrebbe ritenuto sbagliato, inferiore, maledetto. Tutte cose che, nonostante tutto, quelle donne, non sarebbero mai state.

I suoi libri vennero tradotti in venti lingue ed arrivarono nelle menti e nei cuori di molti. Fu una penna ribelle, una penna femminista, una penna che ispirò moltissime altre donne, le quali iniziarono a combattere per sconfiggere un sistema che ancora oggi, purtroppo, ancora esiste.

Quando una donna si ribella contro qualcosa che l’ha ferita in prima persona, nessuno può fermarla, ma quando questa donna si ribella attraverso una penna le persone che non possono fermarla hanno ancora più paura di lei. Perché quella penna, quello che quella penna scrive, non sparirà mai, nemmeno quando sparirà la sua autrice.

Il governo egiziano iniziò ad avere paura di lei, venne infatti imprigionata nel settembre del 1981 e rimase tale fino all’assassinio del Presidente, avvenuto alla fine di quell’anno. Nawal stessa ha raccontato “il pericolo ha fatto parte della mia vita fin da quando ho impugnato una penna e ho scritto che niente è più pericoloso della verità in un mondo che mente.”

Ma Nawal non finirà mai di lottare.

Ma, tutte le donne, finché saranno legate dallo stesso desiderio di avere gli stessi diritti degli uomini, non finiranno mai di combattere.

Di combattere insieme.

Martina Casentini

 

La Redazione

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